PULIZIE GENERALI – LO SCUDO FISCALE DI LETTANIPOTE RISCHIA DI ROVINARE A MARIO GRECO LA CESSIONE DA DUE MILIARDI DELLA BANCA DELLA SVIZZERA ITALIANA
Carlotta Scozzari per Dagospia
Non bastavano le tensioni che vanno via via accumulandosi con i soci forti delle Generali. Un altro grattacapo infastidisce parecchio le strategie dell'amministratore delegato Mario Greco. Che, fortuna sua, è un corridore, e quindi sa bene che per raggiungere un risultato bisogna sudare e fare fatica.
Per carità : fin da quando, nell'estate nel 2012, è stato chiamato a sostituire Giovanni Perissirotto, cacciato in malo modo dagli azionisti, Greco era consapevole del fatto che l'avventura triestina non sarebbe stata delle più semplici. E mentre prosegue la sua profonda pulizia ai vertici, che proprio in questi giorni sta passando per la divisione immobiliare del gruppo (dove Giancarlo Scotti e Giovanni Maria Paviera sono in uscita) e che non sempre è stata condivisa dai grandi soci (Mediobanca, De Agostini e i gruppi Del Vecchio e Caltagirone), ecco un nuovo problema, di natura prettamente industriale e finanziaria.
Si tratta del decreto legge sul rientro dei capitali dall'estero da poco approvato dal governo Letta. Il provvedimento consentirà a chi non paga le tasse in Italia di rimpatriare denaro a fronte del versamento di un'aliquota ridotta del 12 per cento. Insomma, in sostanza è in arrivo un nuovo scudo fiscale, dopo quello avviato nel 2009 dall'allora ministro dell'Economia Giulio Tremonti che aveva visto rientrare in Italia oltre 100 miliardi, con un introito per le casse dello Stato di oltre 5 miliardi.
Oggi come allora gli intermediari che si occupano del rimpatrio dei capitali si stanno fregando le mani, in vista dei lauti guadagni che, in forma di commissioni, l'operazione dovrebbe quasi certamente fruttare. E tra queste c'è anche la Banca Generali, guidata dall'ad Piermario Motta e controllata per oltre il 51% dal gruppo assicurativo triestino.
Tutto bene quindi per il Leone? Non proprio. Oggi come allora il flusso di denaro potrebbe seguire la strada che dalla Svizzera (oltre che naturalmente da altri paesi) porta all'Italia. E siccome le Generali in Svizzera possiedono il 100% di Bsi, non si può escludere che l'accidentato sentiero non si trovi a passare anche per la controllata elvetica del Leone, che rischia perciò di uscire con le casse in parte svuotate dal decreto del governo Letta.
A complicare il quadro arriva poi anche l'accordo bilaterale che da tempo la Svizzera sta cercando di raggiungere con l'Italia sulla tassazione dei capitali. Se l'intesa fosse raggiunta, le casse della Banca della Svizzera italiana potrebbero essere ancora più a rischio impoverimento.
Insomma, se, da una parte, lo scudo fiscale targato Letta arricchisce Banca Generali, dall'altra, lo stesso provvedimento, unito all'accordo in vista sulla tassazione Italia-Svizzera, rischia di mettere in ginocchio Bsi. E a portare i danni maggiori per la capogruppo triestina potrebbe essere questa seconda tendenza, tanto più se si considera che da oltre un anno ormai Greco sta tentando, senza successo, di vendere la controllata elvetica per almeno 1,8 miliardi. Un prezzo che, complice il mix di fattori fiscali che di questi tempi grava sulla Svizzera, sembra destinato a ridimensionarsi. Ammesso e non concesso, naturalmente, che Greco non decida di annullare la cessione o di rimandarla a tempi (per Bsi) migliori.
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