“È IPOTIZZABILE, ‘BLOB’ FATTO DALL’AI? L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE CONOSCE IL GUSTO DELLA DISSACRAZIONE?” – I 35 ANNI DEL PROGRAMMA CREATO DA MARCO GIUSTI ED ENRICO GHEZZI, VISTI DA ALDO GRASSO: “DOPO 35 ANNI, MOLTA TELEVISIONE È DIVENTATA ‘BLOB’, NEL SENSO CHE LE TECHE NON SONO PIÙ SOLTANTO UN DEPOSITO INDUSTRIALE MA DIVENTANO UNA RISORSA ESPRESSIVA. LE INTENZIONI DEL ‘BLOB’ DELLE ORIGINI SONO SOLO UN RICORDO. NELLO SPIRITO SITUAZIONISTA DI QUEGLI ANNI E DI CERTI AMBIENTI INTELLETTUALI, LO SCOPO PRINCIPALE ERA QUELLO DI DESTRUTTURARE IL LINGUAGGIO...” – VIDEO
Aldo Grasso per il “Corriere della Sera” - Estratto
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In questi giorni, in versione extra long, «Blob» sta celebrando i suoi primi 35 anni. L’altra sera, per esempio, c’era una puntata dedicata a Umberto Bossi: da «Roma ladrona» agli abbracci con Berlusconi, dalla raccolta dell’ampolla con le sacre acque del Po agli scontri con Berlusconi [...]
La prima impressione è che anche «Blob» stia subendo l’effetto «Techetechete’» il modello produttivo più in uso in Rai. Ma la nostalgia non si addice a «Blob», in onda per la prima volta il 17 aprile del 1989 sotto l’attenta regia di Marco Giusti ed Enrico Ghezzi (che in seguito avrebbero divorziato). Si è scritto che, insieme con «Chi l’ha visto?», «Blob» è pur sempre l’ultima sacca di resistenza guglielmina (la famosa Rai3 di Angelo Guglielmi). Ogni tanto si fa vivo anche «Un giorno in pretura», con il suo piccolo strascico di polemiche.
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Dopo 35 anni, molta televisione è diventata «Blob», nel senso che le teche non sono più soltanto un deposito industriale ma diventano una risorsa espressiva. Le intenzioni del «Blob» delle origini sono solo un ricordo. Nello spirito situazionista di quegli anni e di certi ambienti intellettuali, lo scopo principale era quello di destrutturare il linguaggio.
L’operazione era principalmente linguistica ed esprimeva come nessun altro programma uno stato d’animo: la voglia di frammentare, di sconnettere, di ritagliare; il desiderio iconoclasta di abbattere i miti delle sequenze compiute; il trionfo del regno dell’uguale, la voluttà di scontrarsi con le gerarchie sintattiche.
marco giusti enrico ghezzi credit michele foti
Nel corso degli anni, le sgrammaticature di «Blob» hanno assunto altri significati, con quei titoli (stile Manifesto) che suggerivano una connotazione più politica, con letture profonde che spesso nascevano dalla casualità, dall’incontro imprevisto di sequenze dissonanti. In fondo, «Blob» resta un generatore automatico di significati.
È ipotizzabile, a breve, un «Blob» fatto dall’AI? L’intelligenza artificiale conosce il gusto della dissacrazione?
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