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“NON LO SAPPIAMO NEANCHE NOI CHI SIAMO” - PARLANO I RAGAZZI DEL VOLO: “CI DICONO CHE SIAMO I FIGLI CHE TUTTI VORREBBERO AVERE MA IL SUCCESSO SENZA GAVETTA HA RISCHIATO DI ROVINARCI. NON TUTTO È BELLISSIMO, SPECIALMENTE SE SI COMINCIA DA PICCOLI - DAL 2009 AL 2015 IN ITALIA CI CONOSCEVANO SOLO LE MAMME E LE NONNE, POI CON LA VITTORIA A SANREMO TUTTO È CAMBIATO, ABBIAMO AVVICINATO ANCHE I GIOVANI - OGGI PIÙ CHE MAI CI VOGLIONO DISCIPLINA, RESPONSABILITÀ E DETERMINAZIONE. QUELLO CHE PURTROPPO MANCA A MOLTI NOSTRI COETANEI. GLI UOMINI POI...” - IL RITORNO A SANREMO - VIDEO

 

Paolo Di Stefano per il “Corriere della Sera” -Estratti

 

Chi è Il Volo? Singolare collettivo: trio, trinità, triplice alleanza.

IL VOLO 4

«Non lo sappiamo neanche noi chi siamo», dice Gianluca Ginoble, il baritono del gruppo noto nel mondo come interprete del «pop lirico» italiano. Ottima premessa da cui partire, anzi indispensabile visto che Il Volo, dopo quasi quindici anni di trionfi, è arrivato a una svolta, una virata dal cielo del «bel canto» a qualcosa di nuovo. E tuttavia se oggi, quasi trentenni, non sanno ancora chi sono, sanno molto bene da dove vengono.

 

Gianluca da Roseto degli Abruzzi, Piero Barone da Naro, provincia di Agrigento, Ignazio Boschetto, nato a Bologna, è siculo pure lui, figlio della città di Marsala. Siamo tra profondo Sud e profondo Centro. 

 

(...)

 

P: «Abbiamo un passato che in molte cose ci accomuna: per esempio, l’incontro con la musica per me e per Gianluca è avvenuto grazie ai nostri nonni. Per me la musica era quella di Mario Del Monaco e di Claudio Villa. Nessuno mi aveva fatto conoscere il rock. Mio nonno materno guidava il camion portando frumento tra un mulino e l’altro, ma all’età di 45 anni perde la vista e trascorre il resto dei suoi giorni su una poltrona: nel buio totale si è salvato con la musica, io oggi ho la sua stessa voce. Lui ha sentito il bisogno di farmi crescere e così ho fatto quello che lui non aveva potuto fare, ho studiato pianoforte, ho cantato nel coro del paese...».

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I ( ride ): «La voce più bella del mondo...».

P: «Tutti e tre abbiamo conosciuto la musica così, in maniera naturale, a nostra insaputa, senza conservatorio».

 

Come ve lo spiegate?

G: «Sarebbe da studiare in una facoltà di psicologia. A 14-15 anni, dopo essere stati scoperti in tv, abbiamo fatto tre mesi negli Usa, siamo stati catapultati non in un mondo nuovo, ma in un mondo assurdo, sacrificando l’adolescenza, gli amici, la famiglia».

P: «Impegno e talento. Ma senza l’impegno il talento svanisce, non basta».

G: «Viviamo in un mondo in cui si vogliono i risultati immediati con il minimo della fatica. A noi è cambiata la vita in maniera talmente repentina, senza gavetta, che nemmeno ce ne siamo accorti. Poi arrivano l’impegno e l’ambizione».

 

Come si cresce con un successo così precoce?

G. «Abbiamo passato più tempo tra noi che con le nostre famiglie. Ci siamo formati a vicenda, è come se sul palco indossassimo una maschera: ma il pericolo è di tenere la maschera anche quando non cantiamo, perché capita raramente di stare insieme per divertirci. Solo ora, maturando, il nostro rapporto è cresciuto in intimità e discussione».

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I: «Il successo è difficile da gestire, anche con le famiglie.

Non tutto è bellissimo, specialmente se si comincia da piccoli. La nostra fortuna è di non essercene accorti. Poi, a volte ti fermi e dici: cos’è successo? Siamo pazzi, io per primo. Penso che abbiamo fortuna in molti Paesi e dico: a questo punto perché dovrei limitare la mia vita e le mie esperienze?».

G: «Viviamo della nostra passione e questo supera la stanchezza e lo stress».

P: «Il divertimento c’è ancora, e rimane la priorità. Non penso di essere famoso e l’equilibrio interiore è un lavoro costante di cui devo ringraziare anche le persone che mi stanno intorno: mio fratello e mia sorella sono stati sacrificati dall’attenzione che i miei genitori dedicavano a me. Per questo, oggi quello che faccio anche sul piano economico è anche per loro».

 

Cosa fanno i vostri genitori?

G: «Mio padre distribuiva medicinali alle farmacie nel Centro Italia, ma ha lasciato per seguirmi. Mamma lavorava in fabbrica, alla Perla».

I: «I miei si sono trasferiti da Marsala a Bologna, dove mia madre ha cominciato a fare la cuoca in un ristorante, poi ha lavorato in una pizzeria per un sacco di anni. Quando siamo tornati in Sicilia, ha aperto una pizzeria sua. Papà faceva il muratore e l’artigiano del legno. È morto nel 2021».

 

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Tre ragazzi che si mettono a cantare «Nessun dorma» e «Torna a Surriento». Sembra una follia anacronistica.

P: «Spesso ci dicono: siete i figli che tutti vorrebbero. Forse il messaggio è arrivato nella forma più naturale».

G: «Essere nostalgici è stata la nostra fortuna con il pubblico adulto, ma nel tempo può essere una condanna. Infatti stiamo lavorando su canzoni inedite per andare avanti nei prossimi vent’anni... Non siamo più Il Volo dell’inizio, quando cantavamo tutti allo stesso modo. Possiamo fare tante cose: Piero è l’anima lirica del trio, Ignazio sa fare di tutto, può cantare la lirica ma anche Steve Wonder, i Queen, è genio e sregolatezza, ha la voce più elastica, è eclettico. Piero invece è l’anima lirica».

 

P: «Dal 2009 al 2015 in Italia ci conoscevano solo le mamme e le nonne, poi con l’inedito e con la vittoria a Sanremo tutto è cambiato, abbiamo avvicinato anche i giovani. Io non avrei mai ascoltato un coetaneo che cantava O’ sole mio . All’estero abbiamo trovato le persone che impazziscono per il bel canto. Non italiani all’estero: in Giappone non ce ne sono, sono giapponesi che amano l’Italia».

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 I: «Siamo riusciti a tener viva la tradizione. Ora è il momento di lavorare su una musica nuova, sempre mantenendo quel po’ di tradizione».

G: «Io Del Monaco non l’ho mai ascoltato, al virtuosismo preferivo De André o Gaber, che mi insegnano a dubitare, a essere un contenitore vuoto e a guardare il mondo».

 

 

Come vi sembra il mondo?

P: «D’istinto dicono: questi del Volo sono sempre in giro, sono ricchi, famosi… Ma non viviamo fuori dal mondo, sappiamo che oggi più che mai ci vogliono disciplina, responsabilità e determinazione. Quello che purtroppo manca a molti nostri coetanei. Gli uomini poi...».

G: «I maschi tendono a nascondere le proprie emozioni, la poca autostima sfocia in rabbia e violenza perché non gestiscono l’emotività e la fragilità, non chiedono aiuto al momento opportuno».

I: «È come se la fragilità fosse un difetto per l’uomo. Il maschio non può piangere… A me sempre più, per commuovermi, mi basta un film o una bella serata con gli amici o con la fidanzata».

 

P: «Sento dire tante cose, ma per me il discorso va rovesciato. Non è la donna che deve difendersi dall’uomo, è l’uomo che deve cambiare». G: «Prima di lavorare sull’istruzione dobbiamo lavorare su educazione e sensibilità, ma spesso i primi ad averne bisogno sono i genitori. E chi li educa gli adulti?».

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