AIUTO, IN VIALE MAZZINI SONO TUTTI DIVENTATI LECCA-LECCA RENZIANI - DALLA MAGGIONI AI DIRIGENTI, TUTTI CERCANO DI AMMALIARE IL PREMIER, CHE VUOLE RIVOLUZIONARE LA RAI E SILURARE GUBITOSI (NON DURERÀ OLTRE 3-4 MESI)

Carlo Tecce per "Il Fatto Quotidiano"

Quando non maneggiava il potere, epperò lo tampinava, non ancora segretario e sindaco semplice, Matteo Renzi raccattava senza intenzione certificati di renzismo fra i giornalisti Rai che lo seguivano per le interviste-dichiarazioni. Coprivano il microfono, e sussurravano: "Matteo, da sempre sono con te".

E Matteo, che non aveva rapporti con l'azienda, non capiva la frenesia. E lo raccontava in televisione, un po' stupito, molto vanesio. Quando è calato a Roma per cumulare un potere smisurato oltre le ambizioni smisurate, i dirigenti di viale Mazzini hanno rimosso i dubbi residui: sì, eravamo renziani da anni.

Da conservare a futura memoria il comunicato di Ernesto Magorno, segretario calabrese democratico, che elogiava (e raccomandava al caro Matteo) il caporedattore Annamaria Terremoto che aveva offerto al presidente del Consiglio in visita un bel po' di servizi celebrativi al Tgr locale: "Mi sembra doveroso portare alla sua attenzione l'efficienza e la qualità dell'informazione".

Di matrice gasparriana (Maurizio Gasparri) e scopellitiana ( Giuseppe Scopelliti), e dunque rapida a riciclare le sue appartenenze, la Terremoto avrà ringraziato. Con la stessa prontezza, in Rai hanno costruito arrischiati ponti di comunicazione per avere un contatto con Matteo, una stretta di mano con Matteo, magari una fotografia con Matteo. Nulla. Renzi non ha mai voluto incontrare neanche il direttore generale, Luigi Gubitosi.

E non ha creduto all'impeto renziano di Monica Maggioni (Rai News), che voleva (vuole) sfruttare la sbornia fiorentina per soffiare il Tg1 a Mario Orfeo. Il prelievo da 150 milioni di euro, le riduzioni di risorse e la limatura di stipendi, assieme a un'ossessiva campagna elettorale contro il servizio pubblico, rendono Renzi un estraneo per le logiche di viale Mazzini. E i renziani che ci sono - certo che ci sono - non lo mollano per automatismo più che per vicinanza politica.

Paolo Del Brocco, il capo di Rai Cinema, un uomo graduato che resiste ai cambi di Palazzo Chigi, non nasconde lo spirito di Firenze. E pure Eleonora ‘Tinny' Andreatta, che gestisce un paio di centinaia di milioni di euro per le serie tv, non è distante dai dogmi di Renzi. Andreatta, Del Brocco e un gruppo di uomini e donne di comando, anche di destra, il renziano (sono amici da anni) Luigi De Siervo li ha riuniti in Adrai, l'associazione di categoria interna.

Il movimento di viale Mazzini ha ripreso coscienza, sarà un cuscinetto di protezione fra Gubitosi e il presidente del Consiglio, ma non ha suscitato entusiasmi: il listone ha superato una squadra di concorrenti non così piena di medaglie (145 voti su 300 e rotti), sintomatico di un'opposizione di base al renzismo.

Ma che vuol dire renzismo in viale Mazzini e cosa vuol fare Renzi di viale Mazzini? A questa domanda, forse invano, cerca di rispondere Luigi Gubitosi, con il mandato in scadenza e un conto alla rovescia di un anno già avviato. L'ex sindaco non vuole colonizzare la Rai com'era tradizione in passato, e spesso i colonizzati erano molto accoglienti con il padrone di turno.

Renzi vuole stravolgere l'assetto di viale Mazzini, sminare la burocrazia, ripulire i bilanci da eccessi che sono incrostati e da sprechi che sono evidenti. Questo è il programma di Gubitosi, anche. Ma Renzi non vuole che sia Gubitosi, nominato da Mario Monti e "confermato" da Enrico Letta, a tracciare il nuovo perimetro.

La sindrome d'accerchiamento che s'avverte in viale Mazzini, e sarà esplicita con scioperi e proteste plateali, fa circolare indiscrezioni non valutabile, ma non certo inverosimili: Gubitosi non durerà oltre 3-4 mesi. Il battibecco con Giovanni Floris, che il garbato giornalista non voleva provocare, dimostra quanto Renzi non sia in sintonia con i conduttori di viale Mazzini.

E Floris non è che il primo di un elenco abbastanza lungo. Anche i telegiornali, tranne il profilo iper-istituzionale e iperrealista di Rai News, non si possono definire aderenti al renzismo. La Rai secondo Matteo deve essere più funzionale, più piccina, con meno canali (meno pubblicità): oggi suggerisce di vendere un pezzo di Rai Way e di ridurre le sedi regionali, domani ordinerà di privatizzare una o due reti?

 

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