1- MERAVIGLIE DELLA GLOBALIZZAZIONE. A METTERE LE MANI SUL CAMPIONATO DI CALCIO ITALIANO NON ERANO SOLO CAMPIONI IN DISARMO E BROCCHI SENZA SPERANZA, BAGNINI DI CERVIA E ODONTOIATRI MARCHIGIANI, A TRUCCARE LE PARTITE ITALIANE ERA UN NETWORK PLANETARIO O GIÙ DI LÌ, GUIDATO DA UN GOLDFINGER DI SINGAPORE, ENG TAN SE­ET, GESTITO DA CROATI E DA TAGLIAGOLE DI MEZZO MONDO. GENTE PRONTA A PAGARE, BENE E IN CONTANTI 2- MISTER ENG TAN SE­ET COMPRAVA CALCIATORI IN TUTTO IL MONDO (E, DETTAGLIO CURIOSO, ARBITRI UNGHERESI CHE SI VENDEVANO I MATCH INTERNAZIONALI DA LORO DIRETTI) 3- SI ERANO COMPRATI UNA SQUADRA TURCA. SI VOLEVANO COMPRARE, E LA PROCURA A LUNGO HA SOSPETTATO CHE CI FOSSERO RIUSCITI, L’ALBINOLEFFE. E ATTRAVERSO BEPPE SIGNORI- SOSPETTA LA PROCURA - STAVANO CERCANDO DI COMPRARSI ANCHE IL BOLOGNA 4- L’ONDA TRAVOLGE DEFINITIVAMENTE DONI, CHE FINISCE A FARE IL NATALE IN CARCERE 5- PARTITE “AGGIUSTATE”: BRESCIA-­BARI, BRESCIA-LECCE, NAPOLI-SAMPDORIA, LECCE-LAZIO

1 - LE MANI SPORCHE DI GOLDFINGER SUL BUSINESS DELLE SCOMMESSE
Luca Fazzo Gian Marco Chiocci per "il Giornale"

Meraviglie della globalizzazione. A mettere le mani sul campionato di calcio italiano non erano solo campioni in disarmo e brocchi senza speranza, bagnini di Cervia e odontoiatri marchigiani, insomma tutta la variopinta compagnia di giro che sei mesi fa venne portata alla luce dall'inchiesta della procura di Cremona. Ieri mattina scatta la seconda ondata dell'indagine sulle partite truccate.

L'onda travolge definitivamente Cristiano Doni, bomber dell'Atalanta, che finisce a fare il Natale in carcere. Ma soprattutto l'inchiesta-bis svela che a truccare le partite italiane era un network planetario o giù di lì, guidato da un signore di Singapore, gestito da croati e da tagliagole di mezzo mondo.

Gente cattiva e pronta ad uccidere, racconta l'ordine di cattura per 17 persone firmato dal giudice Guido Salvini. Ma- più e prima che ad uccidere- gente pronta a pagare, bene e in contanti: le carte dell'indagine pullulano di racconti di fasci di banconote sventolati sotto il naso di corrieri dell'organizzazione che sbarcavano a Malpensa con chili di biglietti di banca in valigia. Davanti alla munificità dell'Associazione - come si autodefinisce il network- tra i calciatori, allenatori e dirigenti italiani, molti non si sono fatti pregare.

C'è chi ha detto no: ed è un calciatore qualunque, uno sconosciuto al pubblico, uno che col calcio non si arricchirà mai. Si chiama Simone Farina, gioca nel Gubbio allenato da Gigi Simoni: e quando, a settembre, gli hanno offerto 200mila euro per vendersi la partita di Coppa Italia col Cesena, è andato dritto filato a raccontare tutto all'Ufficio Inchieste. Il suo racconto è andato a incrociarsi con il lavoro che le Squadre Mobili di Cremona e Bologna stavano continuando a fare insieme allo Sco e all'Interpol, dopo la retata di giugno.

E si è scoperto che, retata o non retata, gli uomini di Eng Tan Se­et- questo il nome del Goldfinger di Singapore che tira i fili del network, e che all'Hilton della Malpensa scendeva in ciabatte e pagava sempre in contanti - erano andati avanti tranquillamente per la loro strada, comprando calciatori in tutto il mondo (e, dettaglio curioso, arbitri ungheresi­che si vendevano i match internazionali da loro diretti).

Per un Simone Farina che dice no, ci sono i tanti che hanno detto di sì. Come Beppe Signori, che era stato arrestato a giugno e si è sempre proclamato innocente, e che esce assai malconcio dall'ordinanza di ieri. O come Cristiano Doni, già sospeso per tre anni dalla giustizia sportiva, e che ieri finisce in cella grazie ai nuovi sviluppi ( «gli indizi si sono enormemente concretizzati», spiega il procuratore Roberto Di Martino) e grazie soprattutto alla sua stessa dabbenaggine, a un goffo tentativo di inquinare le prove cercando di azzittire a botte di soldi il suo amico Renato Santoni, preparatore atletico del Ravenna, o di organizzare insieme a lui la maldestra manipolazione a distanza di un Iphone sequestrato dalla polizia.

E in cella finisce anche Carlo Gervasoni del Mantova, anche lui già sospeso dalla Federcalcio, che agli emissari di Eng si era venduto i piedi e l'anima: ma che poi una domenica contro il Brescia non resiste al suo istinto di difensore, e fa un salvataggio sulla linea che manda a ramengo i piani del clan, dice uno della gang nelle telefonate intercettate. Insieme a Gervasoni finiscono sotto tiro altri ignoti manovali del pallone: un difensore dello Spezia, un portiere del Grosseto, un terzino del Modena. Tutta gente che del grande calcio e dei suoi milioni ha sentito solo l'odore.

Il comunicato della Procura indica tre partite di serie A «aggiustate» dalla Associazione di Eng: Brescia­Bari, Brescia-Lecce e Napoli-Sampdoria. Ma in realtà dalla lettura delle carte ne emerge con chiarezza una quarta, ed è Lecce-Lazio del 22maggio, con gli emissari croati di Eng che(come pare facessero abbastanza spesso) vanno a prendersi una stanza nello stesso albergo del Lecce per agganciare i giocatori, e la partita finisce con un 2- 4 che, nel gergo delle scommesse, è il più classico e redditizio «Over tre e mezzo».

Ma ancora più inquietanti sono i racconti dei due «pentiti» che hanno contribuito all'inchiesta: un croato detenuto in Germania e soprattutto un tizio di Singapore detenuto in Finlandia, Wilson Ray Perumal, che tra le tante cose ha raccontato come nelle linee guida dell'Associazione ci fosse anche quella di comprare direttamente società qui e là per il mondo, metodo più comodo e sbrigativo che corrompere ogni volta i singoli giocatori.

Si erano comprati una squadra turca. Si volevano comprare, e la Procura a lungo ha sospettato che ci fossero riusciti, l'Albinoleffe. E attraverso Beppe Signori- sospetta la Procura - stavano cercando di comprarsi anche il Bologna.

2 - DA PAPRIKA A FANTOZZI ECCO LE PAROLE CHIAVE DELL'ULTIMO SCANDALO
Gian Marco Chiocci e Luca Fazzo per "il Giornale"

In origine, nel calcio scommesse primordiale, c'erano i «bolognesi» di Signori che operavano assieme ai terribili «albanesi» e agli «zingari » preposti alla distribuzione delle mazzette ai giocatori. Poi spuntarono i «milanesi», certi «napoletani », i «noti di Bari», «gli amici di Cervia». Adesso che le indagini son salite di livello ecco che dalla coda si è arrivati alla testa del Dragone col gruppo che eterodirige nel mondo le giocate milionarie: i «singaporiani»

L'INSIDER TRADING
Per la prima volta, scrive il gip nelle sue 338 pagine dell'ordinanza, è possibile parlare di reato transna­zionale collegato al pallone. «Un'associazione per delinquere finalizzata alla commissione di frodi sportive» fondata su una rete clandestina internazionale «facilitata dalla globalizzazione delle scommesse tramite internet in grado di agganciare i giocatori infedeli». Così l'organizzazione «trasforma il sistema delle partite in un meccanismo che unisce corruzione e insider trading».

IL DRAGONE A MALPENSA
A capo di tutto, per la Mobile di Cremona, c'è Eng Tan Seet, detto «Dan», che da Singapore, attraverso una rete di «membri» ed «azionisti» collegati a emissari europei (da noi gli zingari) «lavora per alterare incontri nei campionati italiani e in altri paesi utilizzando siti asiatici» ritenuti più sicuri. Talvolta per curare gli affari, «Dan» si recava a Milano soggiornando in un hotel accanto all'aeroporto di Malpensa dove riceveva i sodali e dispensava ordini e denaro. Tra gli «spalloni» di Dan c'era Beng Huat portatore di un «chilo di soldi» a Malpensa. «Dan» si era «specializzato nell'alterazione dei match dell'Albinoleffe » società che secondo un pentito avrebbe alla fine controllato finanziariamente «seppure in modo occulto».

UNA PARTITA DA 6 MILIONI
Ecco la partita«super»,com'è stata descritta dagli organi inglesi di controllo sulle scommesse: si legge che una quantità impressionante di puntate è stata registrata «sulla partita di serie B Albinoleffe-Piacenza del 20 dicembre 2010, punta­te per 6 milioni e mezzo di euro gio­cate quasi interamente sul pareggio. E la gara è terminata con l'in­consueto 3 a 3». Il pentito Perumal a verbale dirà che, di media, «ogni partita fruttava un beneficio lordo tra i 500mila e il milione di euro».

LA PASSWORD E FANTOZZI
Una delle accuse contestate a Doni riguarda anche il pericolo di inqui­namento delle prove per il tentati­vo di manomettere l'Iphone del preparatore dei portieri del Ravenna, Nicola Santoni, sequestrato dalla polizia. In una telefonata l'ex calciatore suggerisce all'amico di camuffare la voce. E dice, parafrasando la famosa gag di Paolo Villaggio: «Fantozzi, è lei?». Spiega che c'è un sistema per alterare i dati nel telefono utilizzando una password in modalità remoto: «Tramite il computerino si cambia il passwordino» scherza Santoni.

CHI TRADISCE «MUORE»
Delle ferree disposizioni dell'organizzazione parlano con terrore va­ri pentiti, da Wilson Perumal a Marj Crvatk: «In caso di tradimen­to - ha raccontato il primo - o di un membro che se ne approfittava, il traditore rischia anche la morte». Nella precedente indagine si face­va riferimento a soggetti capaci di uccidere perché «trafficanti di ar­mi ». Qui l'ex calciatore Sartor si fa portatore del clima intimidatorio: «Questi mi stanno veramente facendo paura...».

DONI PER SE' E PER LA SOCIETÀ
Il gip è feroce su Cristiano Doni, già capitano dell'Atalanta: «Interferiva o tentava di interferire» sul finale dei match della sua squadra «anche per conto » della società neraz­zurra. Avrebbe truccato le partite su mandato di «imprecisati dirigenti » appoggiandosi al «gruppo di Cervia» e «interferiva o cercava di interferire con interventi anche corruttivi, anche al fine di procurarsi illegittimamente i proventi delle scommesse, sui risultati di molteplici partite della sua squadra».

IL «FRATELLO» DI GATTUSO
Spunta un fantomatico fratello del giocatore del Milan, Rino Gattuso. Lo tira in ballo il solito Perumal: «Mantiene contatti con gli zingari Suljic e Lalic. Il fratello di Gattuso ha contatti con calciatori di diver­se squadre in Italia, ma non posso dire (non conosco) nomi». Per la cronaca, e per il gip, Rino non ha fratelli. «Probabilmente - si legge nelle carte - il Perumal ha acquisito tali dichiarazioni de relato» da gente che millantava conoscenze.

«I CINESI NAPOLETANI»
Il pentito Crvatk si ricorda dell'Italia e del singaporiano Den: «Dai miei contatti olandesi sapevo solo che a Napoli ci sono dei cinesi asiatici che fanno scommesse ». Un posto sicuro. «Quando si vinceva potevi andare a Napoli a ritirare i soldi ».

ANCHE MESSI NEL MIRINO
Arrestato a giugno in Ungheria lo scommettitore Zoltan Kenesei, referente di «Dan», compartecipe di tre incontri presumibilmente ma­nipolati, compresa l'Argentina di Messi contrapposta alla Bolivia.

GUBBIO, SIMONI E 200MILA EURO
L'indagato Alessando Zamperini prova a corrompere il vecchio amico Simone Farina, che milita nel Gubbio, e col quale iniziò nella Roma primavera. Farina, interrogato, la racconta così: «Mi disse di aver conosciuto persone con un sacco di soldi, che facevano capo a un soggetto indonesiano (...) disponibile a consegnarmi 200mila euro per perdere col Cesena. Avrei dovuto corrompere il portiere e due difensori (...). Cadevo dalle nuovole e dicevo che non ero disponibile. Voleva il telefono del capitano, ribattevo che lui e la società erano persone serie, ne parlai con l'allenatore Gigi Simoni e poi con l'avvocato Calcagno della Federa­zione, che mi disse di non dire nulla a nessuno».

LA«PAPRIKA» E MONTENERO
Sfogliando le carte dell'inchiesta escono cose curiose. Dagli sms mandati dagli zingari tra il primo e il secondo tempo ai giocatori del Grosseto in campo contro l'Empoli ai soldi chiamati in codice «la paprika » stando all'espressione usata dagli zingari per riavere indietro dal giocatore Gervasoni il denaro perso in una scommessa sbagliata. Indagando su Zamperini (quello della combine tentata a Gubbio) esce un tal Mario Sarracino, titolare della scuola calcio ASD Boys di Montenero di Bisaccia», il paese di Antonio Di Pietro.

SARTOR, CHE CONTABILE
A leggere le carte l'ex calciatore Luigi Sartor era una­pedina fondamentale nello scacchiere internazionale. Faceva la spola con Singapore, accoglieva gli ospiti asiatici, curava le relazioni con gli zingari. Lo inchioda a verbale il commercialista Manlio Bruni: «Grazie a Gigi (Sartor, ndr ), Giuseppe Signori era in grado di piazzare ingenti scommesse in Asia, specificamente su Singapore». Le sue ultime parole famose, al telefono che credeva sicuro: «Se fan indagini per sapere se mi sentivo con Beppe (Signori, ndr) sono morto lo sentivo un giorno sì e uno no».

 

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