federico fellini

“IO MITO DEL CINEMA? NO, MEGLIO FANNULLONE” – FEDERICO FELLINI E L'INSOFFERENZA VERSO CHI VOLEVA FARNE UN TOTEM: "MI HANNO DETTO CHE ERO SVOGLIATO, BUGIARDO, UN PESSIMO STUDENTE, UN CONFUSIONARIO SFATICATO... QUESTA FACCENDA DEL MITO LA TROVO INSULTANTE. MI RICONOSCO SOLO IN UNO CHE AMA IL PROPRIO LAVORO. UNO SODDISFATTO DI SÉ STESSO È IMBALSAMATO. BISOGNA ESSERE CONTINUAMENTE INSODDISFATTI E CONTINUARE A…”

Emilia Costantini per il “Corriere della Sera” - Estratti

 

federico fellini

«Io mito del cinema? Lei si rende conto dell’imbarazzo in cui mi precipita essere obbligato a darle una risposta e a parlare di me come un mito?», esordì Federico Fellini, con tono seccato, quando quasi quarant’anni fa ebbi la possibilità di fargli un’intervista. Era la metà degli anni Ottanta, Fellini stava per iniziare le riprese di Ginger e Fred e io conducevo su Radio Due il programma Festival, dove affiancavo un noto produttore cinematografico, Turi Vasile.

 

Oltre alla conduzione in studio, a via Asiago, venivo inviata a svolgere servizi in giro per l’Italia. Quella volta mi fu affidato il compito di intervistare il grande regista. E non solo lui, anche Giulietta Masina, l’importante critico cinematografico nonché suo amico Gian Luigi Rondi e lo storico amico Titta Benzi. Dovevo realizzare un ritratto a più voci.

 

teatro 5 fellini

Il grande regista, di cui l’anno scorso si è celebrato il trentennale della morte, mi accolse nel suo ufficio, nel mitico Teatro 5 a Cinecittà.

Lui seduto alla sua scrivania.

 

Io in piedi con il registratore e il microfono in mano, pronta a fargli le domande e a cogliere, con la necessaria devozione, le sue preziose risposte. La prima impressione che ebbi fu la sua scarsa disponibilità: non ne aveva proprio voglia, ero una giovane giornalista a lui completamente sconosciuta. Aveva accettato la proposta solo perché la proposta era arrivata dal produttore Vasile, che Fellini conosceva, e perché si trattava di un programma della Rai, e non per una emittente qualunque.

 

giulietta masina e federico fellini a fregene

«Ho sentito dire di me qualunque cosa — continuò la sua reprimenda sulla definizione del «mito» —. Che ero svogliato, un fannullone indeciso, un bugiardo, un pessimo studente, un confusionario sfaticato... Questa faccenda del mito mi trova impreparato totalmente. Ho accettato tutte le altre definizioni, ma questa del mito mi sembra la più insultante, faccio fatica ad accettarla e non perdo tempo a cercare di definirmi, non ne comprendo il vantaggio. Questi rendiconti si risolvono sempre sotto l’aspetto fallimentare, sono inutili, evito di guardami allo specchio metaforico. Sono troppo occupato col mio lavoro. Mi riconosco solo in uno che ama il proprio lavoro e che non posso nemmeno chiamare lavoro».

 

federico fellini i clown

Sì perché, per il regista della Dolce vita , all’idea di «lavoro» si associava qualcosa di obbligatorio, di pesante e costrittivo. Mentre invece il suo impegno professionale, pur avendo qualche volta aspetti drammatici, nevrotici, pesanti, lo definiva molto lieto, festoso. Gli sembrava di divertirsi come quando da bambino creava i burattini. «Ecco — ammise soddisfatto — mi pare di aver avuto la grande fortuna di poter continuare a giocare, come quando lo facevo sotto la scrivania di mio padre, mentre lui, sopra, scriveva i conti in quei grandi libri mastri e io lì sotto con le forbici, la colla, i colori, l’ago e il filo preparavo una nuova marionetta». Insomma, continuava a fare il suo lavoro di cineasta ancora sotto la scrivania di qualcuno.

fellini pasolini

 

 

(...)

Alla definizione di «genio», Rondi aggiunse categorico: «Fellini è sì un genio, ma non uno sregolato. Ama dire le bugie, che sono poi la fonte della sua fantasia».

Ebbene sì, Fellini amava dire bugie, un vizio riconosciuto a livello nazionale e che, pare, tutti gli rinfacciavano.

Ma era talmente bravo a dirle, creando addirittura una sceneggiatura della bugia, che era inevitabile perdonargli le sue frottole.

 

La sua più bella bugia, ricordava il critico, fu quando gli raccontò una scena del film che doveva ancora girare.

Rondi lo aveva pressato per ottenere indiscrezioni sul suo prossimo lavoro cinematografico e, quella volta, il regista ha osato inventarsi una scena di sana pianta. Infatti, quando poi il film uscì in sala, quella scena non c’era: era stata tagliata? Fellini rispose all’amico: «No, me la sono inventata nel momento in cui te l’ho raccontata». Un regista libero da schemi, senza remore: ha sempre fatto quello che voleva fare, correndo anche dei rischi.

fellini ekberg

 

Se per esempio l’appuntamento con una determinata persona corrispondeva a un suo interesse specifico, lui era presente e puntuale, altrimenti si dimenticava di tutto e di tutti: in ciò consisteva la sua prepotente «romagnolità». Altri difetti? Secondo Rondi, l’egoismo: concedeva agli altri quello che gli conveniva in un determinato momento, non in senso economico, perché era totalmente disinteressato, i soldi non lo interessavano minimamente. Tuttavia, il suo disinteresse lo portava a trascurare, a volte, anche i sentimenti delle persone più vicine. 

 

(...)

federico fellini 1

La cosa che, infatti, egli chiedeva alla vita era di avere una buona salute: temeva fortemente il non sentirsi più in possesso delle proprie forze, della propria energia e disponibilità. L’infermità gli avrebbe tolto la gioiosa dimensione di poter svolgere il suo lavoro quotidiano. «Voglio continuare a star bene — mi disse — per continuare a giocare con i miei film». Fellini è stato un interprete del mondo e della società con grande sincerità: ha raccontato la verità sulle nostre e le sue angosce, incoraggiando il suo pubblico a sopportarle.

 

EMILIA COSTANTINI 2

Ma nonostante i successi, non era soddisfatto di sé stesso. «La soddisfazione è un problema che non mi pongo: uno soddisfatto di sé stesso è imbalsamato. Bisogna essere continuamente insoddisfatti e continuare a fare... fare... fare...». Provai infine a fargli un’ultima domanda, ma lui mi guardò torvo: «Ancora non è finita ‘st’intervista?». E me ne andai con la coda tra le gambe.

federico fellini 4fellini e masina foto di mario de biasie la nave va fellinifederico fellini oriana fallaciFellini Museum 10

Ultimi Dagoreport

donald trump ursula von der leyen giorgia meloni

DAGOREPORT - UN FACCIA A FACCIA INFORMALE TRA URSULA VON DER LEYEN E DONALD TRUMP, AI FUNERALI DI PAPA FRANCESCO, AFFONDEREBBE IL SUPER SUMMIT SOGNATO DA GIORGIA MELONI - LA PREMIER IMMAGINAVA DI TRONEGGIARE COME MATRONA ROMANA, TRA MAGGIO E GIUGNO, AL TAVOLO DEI NEGOZIATI USA-UE CELEBRATA DAI MEDIA DI TUTTO IL MONDO. SE COSÌ NON FOSSE, IL SUO RUOLO INTERNAZIONALE DI “GRANDE TESSITRICE” FINIREBBE NEL CASSETTO, SVELANDO IL NULLA COSMICO DIETRO AL VIAGGIO ALLA CASA BIANCA DELLA SCORSA SETTIMANA (L'UNICO "RISULTATO" È STATA LA PROMESSA DI TRUMP DI UN VERTICE CON URSULA, SENZA DATA) - MACRON-MERZ-TUSK-SANCHEZ NON VOGLIONO ASSOLUTAMENTE LA MELONI NEL RUOLO DI MEDIATRICE, PERCHÉ NON CONSIDERANO ASSOLUTAMENTE EQUIDISTANTE "LA FANTASTICA LEADER CHE HA ASSALTATO L'EUROPA" (COPY TRUMP)...

pasquale striano dossier top secret

FLASH – COM’È STRANO IL CASO STRIANO: È AVVOLTO DA UNA GRANDE PAURA COLLETTIVA. C’È IL TIMORE, NEI PALAZZI E NELLE PROCURE, CHE IL TENENTE DELLA GUARDIA DI FINANZA, AL CENTRO DEL CASO DOSSIER ALLA DIREZIONE NAZIONALE ANTIMAFIA (MAI SOSPESO E ANCORA IN SERVIZIO), POSSA INIZIARE A “CANTARE” – LA PAURA SERPEGGIA E SEMBRA AVER "CONGELATO" LA PROCURA DI ROMA DIRETTA DA FRANCESCO LO VOI, IL COPASIR E PERSINO LE STESSE FIAMME GIALLE. L’UNICA COSA CERTA È CHE FINCHÉ STRIANO TACE, C’È SPERANZA…

andrea orcel francesco milleri giuseppe castagna gaetano caltagirone giancarlo giorgetti matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT - IL RISIKONE È IN ARRIVO: DOMANI MATTINA INIZIERÀ L’ASSALTO DI CALTA-MILLERI-GOVERNO AL FORZIERE DELLE GENERALI. MA I TRE PARTITI DI GOVERNO NON VIAGGIANO SULLO STESSO BINARIO. L’INTENTO DI SALVINI & GIORGETTI È UNO SOLO: SALVARE LA “LORO” BPM DALLE UNGHIE DI UNICREDIT. E LA VOLONTÀ DEL MEF DI MANTENERE L’11% DI MPS, È UNA SPIA DEL RAPPORTO SALDO DELLA LEGA CON IL CEO LUIGI LOVAGLIO - DIFATTI IL VIOLENTISSIMO GOLDEN POWER DEL GOVERNO SULL’OPERAZIONE DI UNICREDIT SU BPM, NON CONVENIVA CERTO AL DUO CALTA-FAZZO, BENSÌ SOLO ALLA LEGA DI GIORGETTI E SALVINI PER LEGNARE ORCEL – I DUE GRANDI VECCHI DELLA FINANZA MENEGHINA, GUZZETTI E BAZOLI, HANNO PRESO MALISSIMO L’INVASIONE DEI CALTAGIRONESI ALLA FIAMMA E HANNO SUBITO IMPARTITO UNA “MORAL SUASION” A COLUI CHE HANNO POSTO AL VERTICE DI INTESA, CARLO MESSINA: "ROMA DELENDA EST"…

bergoglio papa francesco salma

DAGOREPORT - QUANDO È MORTO DAVVERO PAPA FRANCESCO? ALL’ALBA DI LUNEDÌ, COME DA VERSIONE UFFICIALE, O NEL POMERIGGIO DI DOMENICA? - NELLA FOTO DELLA SALMA, SI NOTA SUL VOLTO UNA MACCHIA SCURA CHE POTREBBE ESSERE UNA RACCOLTA DI SANGUE IPOSTATICA, COME ACCADE NELLE PERSONE MORTE GIÀ DA ALCUNE ORE - I VERTICI DELLA CHIESA POTREBBERO AVER DECISO DI “POSTICIPARE” LA DATA DELLA MORTE DEL SANTO PADRE, PER EVITARE DI CONNOTARE LA PASQUA, CHE CELEBRA IL PASSAGGIO DA MORTE A VITA DI GESÙ, CON UN EVENTO LUTTUOSO - UN PICCOLO SLITTAMENTO TEMPORALE CHE NULLA TOGLIE ALLA FORZA DEL MAGISTERO DI FRANCESCO, TERMINATO COME LUI VOLEVA: RIABBRACCIANDO NEL GIORNO DELLA RESURREZIONE PASQUALE IL SUO GREGGE IN PIAZZA SAN PIETRO. A QUEL PUNTO, LA MISSIONE DEL “PASTORE VENUTO DALLA FINE DEL MONDO” ERA GIUNTA AL TERMINE...