"IO, VEDOVA ALLEGRA, CON TANTO DI GIARRETTIERA, DI D’ANNUNZIO" – GIORDANO BRUNO GUERRI, IN UNA BOMBASTICA INTERVISTA CON DOTTO, PARLA DEL SUO LIBRO SUL VATE – IL SESSO, LA COCA, GLI STEREOTIPI – "LA VULGATA SU D’ANNUNZIO FASCISTA È INSOPPORTABILE. LA MORTE GLI IMPEDÌ DI FARE LA SUA CAMPAGNA CONTRO L’ALLEANZA MUSSOLINI-HITLER. ANCHE QUESTO ACCREDITA L’IPOTESI DELL’AVVELENAMENTO”. LA ROVINOSA CADUTA DAL BALCONE DI CASA DEL ’22? STAVA TENTANDO UN KAMASUTRA ACROBATICO”. E POI RIVELA IL SOGGETTO CONTEMPORANEO CHE PIÙ SI AVVICINA ALLA FIGURA DI D’ANNUNZIO
Estratto dell'articolo di Giancarlo Dotto per Diva e Donna
Giordano Bruno Guerri mi parla dall’antifona soave e molto dannunziana del suo illimitato piacere, nessuno dei cinque sensi escluso. Un luogo fisico, il suo ufficio al Vittoriale, ma soprattutto mentale. La festa permanente, si capisce, di svegliarsi la mattina e chiedersi: cosa posso fare oggi perché domani sia ancora più eccitante di ieri? Per sé, per il fantasma del Vate e per chiunque si presenti qui da tutto il mondo, avendo mille quesiti e stupori da spendere.
L’Inimitabile alias D’Annunzio è ovunque nella casa museo di Gardone Riviera, più che mai nella testa e nell’agenda di Bruno Guerri, presidente a tempo pieno dal 2008 della Fondazione “Il Vittoriale degli Italiani”. “A tempo pieno”, da intendersi alla lettera. La sua biografia, D’Annunzio, la vita come opera d’arte (Ed. Rizzoli), dal 18 aprile nelle librerie, ha l’aria di quelle definitive.
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Ti definisci la sua “vedova allegra”.
giordano bruno guerri d annunzio cover
“I presidenti del Vittoriale si definiscono vedove di D’Annunzio, io preferisco vedova allegra, ma più ancora amante. Mi si addice di più”.
Ci parli tutti i giorni con il Vate senza per questo sospettarti folle.
“Il mio ruolo per statuto è valorizzare e conservare la sua memoria. Ogni cosa che faccio qua dentro, interventi anche robusti, richiede che io m’interroghi: “Piacerebbe a lui, sarebbe d’accordo?”. Ed ecco allora che glielo chiedo”.
Gli dai del lei o del tu?
“Ci diamo del tu. Da vedova allegra e amante non posso dargli del lei. Lo chiamo comandante”.
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“Vedova con tanto di giarrettiere. Niente abiti di lutto. Non ci piacciono, soprattutto non sarebbero piaciuto a lui”.
Quand’è che Gabriele D’Annunzio diventa per Giordano Bruno Guerri una felice ossessione?
“Diciamo intanto che a me, come a molti della mia generazione, ma anche di quelle precedenti e successive, D’Annunzio non ce l’hanno insegnato a scuola. Era un tabù, uno sporcaccione, un malfamato, una cosa scabrosa e pasticciata”.
Il primo impatto con il tuo futuro amante?
“Casuale e curioso. Preparavo la mia tesi di laurea su Giuseppe Bottai. Trovai nel suo archivio delle lettere di D’Annunzio. Venni al Vittoriale, non perché me ne fregasse qualcosa di D’Annunzio, cercavo solo le lettere di Bottai”.
La tua prima volta al Vittoriale.
“Il presidente dell’epoca mi fece visitare la sua casa, ancora chiusa al pubblico e tenuta intatta, com’era alla sua morte. Rimasi fulminato. Trentacinque anni dopo scrissi il mio primo libro su di lui. Nel frattempo, avevo letto tutto”.
Un amore a prima vista?
“Un amore giovanile che poi è esploso in età matura”.
A quando l’intimità?
“Quando sono arrivato qui al Vittoriale come presidente. Qui il nostro rapporto è diventato vicinanza fisica. Dal primo giorno, quando mi hanno messo in mano le chiavi del Vittoriale”.
Un fantasma molto carnale quello del poeta guerriero.
“Sono ritornato nella sua casa, non più da ospite, ma da vedova. C’era moltissimo da fare, tantissimo da recuperare. Si potevano visitare solo tre o quattro ettari su dieci. Catene e sbarramenti ovunque. L’incuria totale”.
Nel tuo libro ti batti con gli stereotipi che da sempre si accaniscono su D’Annunzio. Quale il più odioso?
“D’Annunzio fascista è veramente insopportabile. Si dice che la storia la scrivono i vincitori, in questo caso l’incidente è che l’hanno scritta i vinti. Il regime fascista non ha fatto altro per 25 anni che impossessarsi dei suoi riti, dei suoi miti, dei suoi culti. Ci sono prove infinite che D’Annunzio diceva cose tremende sul fascismo. Un superuomo non può appartenere a un’ideologia, tanto meno a un partito”.
Il tuo libro ha il merito, tra i tanti, di rievocare la sua non abbastanza nota caricatura chapliniana di Hitler.
“Era soprattutto un anti nazista. L’ha scritto e l’ha detto in ogni modo. In questi giorni, ma l’ho fatto anche nel libro, ho ventilato l’ipotesi che D’Annunzio in realtà sia stato avvelenato o aiutato a morire dalla governante, amante, badante, altoatesina”.
Personaggio misterioso. Forse, una spia nazista.
“Ipotesi che considero attendibile, l’avvelenamento. Anche perché non fu fatta l’autopsia. Si dice che potrebbe essersi suicidato. Non era uomo da suicidarsi, soprattutto in un modo così anonimo, alla scrivania”.
Avrebbe scelto una soluzione più spettacolare.
“Certamente sì… La storia del fascismo di D’Annunzio è una menzogna, gli storici lo sanno bene, ma sgomberare la vulgata è molto difficile. Io sto cercando come posso di cambiarla”.
Ci stai riuscendo?
“I risultati dicono di sì. I visitatori del Vittoriale sono più che raddoppiati. Aumentano, soprattutto, le scuole. Vuol dire che gli insegnanti si stanno liberando di certi luoghi comuni”.
Tante cose, a cominciare dalla sua carta costituzionale di Fiume, dimostrano la sua indole libertaria, il rifiuto di ogni ghettizzazione o discriminazione.
“D’Annunzio era un nazionalista libertario. Pensa solo che in un’epoca in cui si discuteva se dare il voto alle donne, lui scrisse che non solo potevano votare, ma potevano essere anche elette e fare il servizio militare. Parità assoluta” .
In anticipo di mezzo secolo sui tempi. Libertario e libertino. Il suo rapporto privato con le donne.
“Un altro dei pregiudizi. D’Annunzio, ben prima del fascismo, venne giudicato dalla borghesia provinciale e piccina dell’Italia di fine ‘800 per la sua forte inclinazione al lusso e al sesso e anche per il suo passaggio dalla destra alla sinistra in parlamento”.
L’uomo dava scandalo perché scandalosamente libero.
“Manifestava libertà sessuale, amore per il consumismo, indipendenza politica. Tre cose che noi oggi pretendiamo e pratichiamo. Lui è stato un anticipatore. Ma gli è rimasto per decenni il marchio maledetto di quella borghesia”.
Una specie di lettera scarlatta.
“Lui, in realtà, è un nostro contemporaneo”.
Molto interessante, e tu lo sottolinei nel libro, il suo modo di comunicare. Un anticipatore anche in questo.
“Fu il primo a capire l’importanza dell’immagine. Non permetteva che lo si fotografasse a caso, per strada o a tavola. Sceglieva lui l’immagine che voleva dare di sé, del guerriero, del pensatore o del dandy”.
Qualcosa ti appassiona più di altro del tuo consorte? Poeta soldato che si fa seppellire con l’uniforme, negazione vivente dello scrittore pensoso e chiuso nei suoi eremi e nei suoi postriboli mentali.
“Vero. Ma più che il D’Annunzio soldato della prima guerra mondiale, pure figura strepitosa, mi appassiona quello che conquista senza sparare un colpo una citta e la tiene per sedici mesi, in una situazione di drammatica gioia”.
Che intendi per “drammatica gioia”?
“Fiume era una citta assediata, con tutte le penurie del caso e, nonostante questo, ogni giorno era una festa. Trentamila legionari, nazionalisti, avventurieri arrivati da tutta Europa, che lui seduce e tiene insieme con l’idea di sfidare il mondo. Quello è il D’Annunzio che amo”.
“Dannunziano” ancora oggi sta spesso come appellativo denigratorio.
“…Dammi solo un secondo che mi arrotolo una sigaretta. Sai che D’Annunzio fumava le Abdulla numero 11, speciali sigarette speziate. Ne è rimasta una nella sua farmacia. Darei chissà cosa darei per fumarla, ma non lo farò mai”
Fosse sopravvisto, come avrebbe interagito con le vicende buie della guerra e l’alleanza con il nazismo?
“Si sarebbe di sicuro ribellato alle leggi anti ebraiche. Non era razzista. Tanto più si sarebbe opposto all’alleanza con i nazisti. L’ultima volta che uscì dal Vittoriale fu nel ’37 per incontrare a Verona il Duce, reduce dal viaggio in Germania. Lo ammonì a non fare l’alleanza, gli disse che sarebbero arrivate sciagure infinite”.
Mussolini non lo ascoltò.
“D’Annunzio è morto al momento giusto. Si è risparmiato cose terribili. La morte gli impedì di fare la sua campagna contro l’alleanza. Anche questo accredita l’ipotesi dell’avvelenamento”.
Misteriosa anche la sua rovinosa caduta dal balcone di casa del ‘22.
“Si fanno mille illazioni. La mia ipotesi è che stesse tentando un kamasutra acrobatico”.
Il soggetto nostro contemporaneo che più si avvicina alla figura di D’Annunzio?
“Chi si avvicina di più è il mio amico Vittorio Sgarbi. Solo che Vittorio non ha conquistato una città e non ha scritto l’Alcyone”.
Ha sorvolato, però, i cieli di Tripoli.
“Uomo troppo intelligente per pensare di emulare un personaggio come D’Annunzio. I tempi sono diversi. So per certo che Sgarbi ama molto il Vittoriale, viene spesso qua”.
Lusso e lussuria. D’Annunzio, risulta dal tuo libro, aveva una passione per le donnone stile valchiria. Lui, piccolino, superava appena il metro e sessanta.
“Le sue preferite erano le donne alte, magre, dalle spalle strettissime. Devi pensare che all’epoca andavano di moda le donne formose, mammose, tutte trine e merletti. D’Annunzio lanciò in controtendenza l’immagine della donna moderna, che fuma, guida, gode e beve”.
La sua favorita in assoluto?
dannunzio fazzoletto con il seme dello scrittore
“La contessa Mancini. Lo scrisse lui: passò con lei la notte d’amore più straordinaria della sua vita. Si prese anche la briga di misurarle le spalle, 38 centimetri. La contessa aveva un’altra attrattiva per D’Annunzio. Era molto religiosa, soffriva di sensi di colpa e questo scatenava il suo desiderio”.
Sulle fantasie erotiche di D’Annunzio si favoleggia da sempre.
In realtà, la sua sessualità era molto semplice. Da ragazzo gli piacevano le donne mature, da vecchietto aveva un debole per le giovani. Gli piacevano due donne insieme che facevano cose. Insomma, l’abc dell’immaginario del maschio medio. La differenza è che lui riusciva a metterle in pratica”.
Ha realizzato quasi tutto quello che ha fantasticato.
“Nel Piacere, che ha composto a 25 anni, scrive: vorrei diventare un principe. Oh, è diventato anche un principe”.
Quando diventa un cocainomane perso?
“Quando, per fortuna, aveva già scritto tutto, tranne Il Notturno, suo ultimo capolavoro. La cocaina durante la guerra non era proibita per legge. La davano ai piloti prima delle missioni. Dovevano essere belli lucidi. Mentre gli alpini e i fanti li stordivano con i grappini prima del massacro”.
Arriva poi la “turpe vecchiezza che rende melenso e vile anche un eroe”, D’Annunzio non la vive bene. Tu come te la batti con l’idea della turpe vecchiezza?
“Non ci penso proprio. È ancora così lontana nel caso mio. Ho due figli ragazzi, di 16 e 11 anni, Pietro e Nicola. Non mi posso permettere di pensare alla vecchiezza. Voglio diventare nonno. Ti aggiungo che non ho nessun acciacco, a parte il calo della vista. Infine, mia madre mi ha lasciato a 102 anni”.
Allora, a maggior ragione, appuntamento al Vittoriale.
“Ti farò sedere sul suo trono, quello che si vede sulla copertina del libro, ma solo se accavalli le gambe come lui”.
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