KU KLUX SETTE TEEE! DA GENNAIO IN AMERICA VA IN ONDA LA DOCU-SERIE 'GENERATION KKK', CHE SEGUE LA VITA DEI MEMBRI DEL NUOVO KU KLUX KLAN, MOVIMENTO XENOFOBO E RAZZISTA, RADDOPPIATO IN UN SOLO ANNO E CHE ORA VERRA' DEFININITIVAMENTE NORMALIZZATO - LE RIPRESE SONO INIZIATE CON LA CANDIDATURA DI TRUMP
Melanie McFarland per ‘Salon’
Sapete cosa sarebbe bello? Vedere una serie sui movimenti sociali che hanno migliorato la nostra società. O una sulle vite delle famiglie che lottano contro quella routine imposta di povertà e ingiustizie. Ma questi non sono argomenti affascinanti per la tv, quindi dal 10 gennaio si preferisce piuttosto entrare nella vita dei giovani membri del Ku Ku Klux Klan con la serie “Generation KKK”, in onda su ‘A&E’.
La produzione è iniziata un anno e mezzo fa, guarda caso quando la campagna elettorale di Trump ha cominciato a capitalizzare su razzismo e intolleranza. Il Klan rivede un pò le sue intenzioni: è solo rivendicazione dell’orgoglio bianco, dicono, niente a che fare con terrore e omicidi del passato. E’ un modo come un altro per normalizzare l’odio, infatti le comunità del genere negli Stati Uniti nel 2015 sono circa 190, nel 2014 erano 72. Attualmente parliamo di circa 8000 membri.
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Nei due episodi iniziali del documentario (in tutto sono otto), “Generation KKK” ha una missione addirittura antirazzista e segue le vicende di chi vuole uscire dalla comunità, in genere donne e bambini. E’ il caso di Maggie, figlia di Steven Howard, Mago Imperiale dei Cavalieri Bianchi del Mississippi. O di Melissa, terrorizzata dalle lezioni razziste del marito Chris Buckley, o di Cody Hutt, l’adolescente del Tennessee che resiste alle pressioni di entrare nel Klan esercitate dalla sua figura paterna. Ci sono poi tre attivisti che cercano di persuadere i patriarchi a lasciare il movimento, ma non ci riescono, perché certi pregiudizi sono stati instillati da generazioni.
Il rischio è che si dia visibilità alla bigotteria e la si faccia diventare un successo, come avvenuto per “Duck Dynasty”. Il Mago Imperiale Howard lo sa bene, e infatti ha accettato volentieri le riprese, aggiungendo: «Voglio sentirli pronunciare il nome ai dibattiti presidenziali». E’ lui che organizzò la contro-protesta durante la marcia di ‘Black Lives Matter’, dopo che la polizia aveva ucciso il disarmato Ronnie Shumpert in Mississippi. Insomma, gli intolleranti fanno sempre tv e hanno promozione gratuita.
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