L’ARTIGLIO DELLA PALOMBA - MARINO VUOLE CHIUDERE I FORI PER DARLI IN PASTO A BANCARELLE E ABUSIVI?
Barbara Palombelli per "Il Foglio"
Tutti gli italiani si sentono allenatori della Nazionale (grandissimo Buffon!), tutti i romani si sentono assessori al traffico. Non faccio eccezioni: mi sento, da una quarantina d'anni, perfetta per quel ruolo. Il nuovo sindaco aveva promesso la chiusura di un tratto di via dei Fori Imperiali in campagna elettorale e ora - puntuale - arriva la delibera "sperimentale".
Tremano gli automobilisti, protestano i residenti, il quotidiano cittadino ha iniziato una contro-campagna interrogando tutti i contrari. Il tratto di strada coinvolto è breve, ma fondamentale per stasare il fiume che arriva dalla stazione in via Cavour e convogliare i veicoli verso le quattro direzioni cittadine successive che si dipartono dal Colosseo.
Oggi quel piccolo percorso è come un bypass coronarico: collega e articola due bacini differenti. Chiudere quei metri significa creare tecnicamente un infarto al corpo già dolorante della metropoli e un sovraccarico di ingorghi nelle strade alternative, anch'esse meritevoli di attenzione archeologica e amministrativa. Al momento, non sembrano pronti percorsi alternativi, se non il definitivo soffocamento del tratto piazza Venezia-Bocca della Verità -Aventino.
Ma non c'è solo questo. C'è tantissimo altro. Prima di tutto: ci serve uno spazio senza auto? Cosa potrebbe diventare, come piazza Trilussa a Trastevere, una sede di spaccio, bottiglie, criminalità , tutte catastrofi che il normale traffico preveniva senza costi aggiuntivi? Una riflessione sulle cosiddette isole pedonali è pure ora di farla. Funzionano a Zurigo, in certi piccoli comuni, forse.
Da noi sono un disastro: diventano luoghi orrendi, abitati da ogni genere di bancarella puzzolente, centurioni romeni, artisti senza arte, molestatori di ogni risma. I tavolini, le tende, le stufe e gli ombrelloni si allargano fino a impedire la reale pedonalizzazione (fra Pantheon e Parlamento c'è una casbah di cui mi vergogno), i poveri turisti se per caso riescono a evitare lo scippo e il borseggio sono strattonati in tutte le direzioni.
Piazza Navona, quando c'erano le auto - pochissime e discrete - era un paradiso. C'era chi rinunciava al fine settimana in campagna per non perdersi un cappuccino davanti alle meraviglie del Bernini. Ci si dava appuntamento, il piazzale grande davanti consentiva perfino i giochi dei bambini - i miei figli hanno imparato lì a pedalare, quando un delizioso ciclista ci affittava a mezzore le bici - finché non è arrivata la fintamente democratica occupazione totale.
Da allora a oggi, se per caso ci si deve passare a piedi, si viene colpiti da ogni genere di bolla di sapone, dalla traiettoria di astronavi semoventi, da schizzi di gelatina putrida. Potrei continuare con via Condotti - lì per fortuna taxi e auto blu limitano l'invasione della malavita - e invece decantare la magia del Gianicolo: poche auto, tanti passeggini, coppie felici, la libera circolazione assicura anche quella quota di sicurezza che le forze dell'ordine non riescono a gestire con i loro scarsi mezzi.
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