CHIEDI CHI ERANO I SEX PISTOLS - IL CHITARRISTA STEVE JONES, DAL CUI LIBRO DANNY BOYLE HA TRATTO LA SERIE TV: "IL NOSTRO CANTANTE (JOHNNY ROTTEN) È MEZZO PAZZO, IL NOSTRO MANAGER (MALCOM MCLAREN) LO È COMPLETAMENTE: STA CERCANDO DI ABBATTERE IL GOVERNO. IL NOSTRO BASSISTA (SID VICIUS) NON SA SUONARE E DÀ INIZIO A DELLE RISSE PER DIVERTIMENTO, E IO SONO SOLO UN LADRO ILLETTERATO CHE SA SUONARE A MALAPENA" - "HO PISCIATO SULLA TOMBA DI ELVIS? SINCERAMENTE, IO NON ME LO RICORDO..." - VIDEO
Luca Valtorta per “il Venerdì – la Repubblica”
«Il nostro cantante è mezzo pazzo, il nostro manager lo è completamente: sta cercando di abbattere il governo. Il nostro bassista non sa suonare e dà inizio a delle risse per divertimento, e io sono solo un ladro illetterato che sa suonare a malapena»: questi erano i Sex Pistols nelle parole di Steve Jones, chitarrista del gruppo punk, nella serie tv Pistol tratta dalla sua autobiografia Lonely Boy - La storia di un Sex Pistol in uscita per Salani il 30 agosto.
pistol la serie sui sex pistols
Il cantante è John Lydon detto Johnny Rotten, il bassista Sid Vicious e il manager Malcolm McLaren. A cui vanno aggiunti il batterista Paul Cook, il più tranquillo della band, e Glen Matlock, il bassista originale cacciato per far posto al più scenografico Vicious. La serie, dall'8 settembre su Disney+, porta la firma del regista Danny Boyle.
Jones, quando ha iniziato a scrivere questo libro. E perché?
«Ho iniziato nel 2016 con un ghostwriter, Ben Thompson. Ci siamo visti un paio di volte a settimana per sei mesi: gli ho dato le informazioni e lui le ha messe giù. Volevo farne un libro da tempo per raccontare la mia parte sulla storia dei Sex Pistols. Perché? Perché si era sentita solo una campana e in realtà la questione è complessa».
Mi sembra un libro molto onesto. Di solito uno cerca di mettersi in bella luce, qui invece
«È il problema con molte biografie di musicisti. Ma quando racconti una storia condivisa da molta gente è infantile non dire la verità. Da ragazzo dicevo un sacco di stronzate, ma adesso che sono sobrio da 31 anni credo di aver imparato chi sono davvero».
Uno dei punti salienti è il racconto delle molestie subìte dal suo patrigno: è stato coraggioso a parlarne.
«Non credo che si tratti di coraggio, non la vedo da questo punto di vista. È piuttosto duro quando leggi quello che mi è accaduto, ma non l'ho fatto per mettere alla gogna lui o mia madre. Serve a spiegare cosa mi ha portato a fare musica: ho avuto un'educazione talmente schifosa che per me la musica era l'unica possibilità».
Crede di poter aiutare altri ragazzi?
«Non era la mia intenzione, ma molti mi hanno contattato sui social per dirmi: "È capitato anche a me, grazie per averne parlato". E devo dire che mi ha fatto sentire bene. Sono cose che accadono a molta più gente di quanto si pensi, ragazzi e ragazze».
Scriverlo in un libro forse è stato ancora più difficile.
«In realtà no. Era un fatto che ho tenuto segreto per molti anni, ma a un certo punto ho deciso di andare in terapia e la prima volta che sono riuscito a parlarne è stato un grande sollievo che non fosse più segreto».
Come è stato accolto il libro negli Stati Uniti e nel Regno Unito?
«Molto bene. Ho fatto un lungo booktour ma non si parlava ancora di fare una serie tv. Dopo un anno circa è venuta fuori l'idea di farne un film e a quel punto si sono iniziate a mettere in moto le cose. Credo di aver fatto jackpot quando è venuto fuori che Danny Boyle era interessato».
Come ha interagito per la serie tv? Le chiedevano dei consigli o cosa?
«È stata girata tutta in Inghilterra, e io vivo a Los Angeles, non volevo tornare lì, così facevamo degli incontri via Zoom con Danny e le altre persone che stavano girando».
Perché non voleva tornare?
«Non volevo beccarmi il Covid e restare isolato per settimane in hotel e tutte le altre stronzate di quel periodo. Non era così fondamentale la mia presenza. Ma sono andato un paio di mesi fa a Londra per la grande prima di Pistol. Ed è stato molto divertente».
È soddisfatto di come il suo personaggio viene raccontato?
«Toby Wallace ha fatto un buon lavoro. Certo, non è bello come me (ride)! Ma le vere star della serie sono il ragazzo che impersona McLaren (Thomas Brodie-Sangster, ndr) e quello che fa Johnny Rotten (Anson Boon, ndr)».
Ma lei si riconosce quando nella serie Malcolm dice: «Sei troppo devastato nel cervello per fare il frontman, ma puoi suonare la chitarra».
«Beh, è più o meno quello che è successo: ho provato a fare un concerto come cantante, addirittura Malcolm all'inizio voleva chiamare la band QT Jones (da leggere "cutie", "carino") and the Sex Pistols ma è stato tremendo, non mi trovavo bene in quel ruolo, così Malcolm disse che avrebbe accettato di diventare il nostro manager se avessi imparato a suonare la chitarra al posto di Wally Nightingale che lui non voleva perché non soddisfaceva gli standard estetici della band. Così lo abbiamo cacciato e abbiamo cercato un cantante al mio posto. Johnny era perfetto: aveva un look straordinario ed era in grado di scrivere canzoni grandiose. Quello fu il periodo magico: io alla chitarra, Paul alla batteria, Glen al basso e Johnny alla voce».
È vero che è stato lei a dare il nome "Rotten", "marcio", a John Lydon?
«Sì, perché aveva dei denti davvero tremendi. Il bello è che a lui piaceva molto. Allora stavamo bene insieme».
E adesso? Johnny dice di non essere stato coinvolto nella serie
«Veramente è stato lui a non voler essere coinvolto: è stato contattato più volte, non voleva averci niente a che fare. Ma ovviamente senza le musiche sarebbe stato impossibile realizzare il progetto, così abbiamo dovuto fargli causa anche se era l'ultima cosa che io e Paul avremmo voluto fare».
Ha perso, giusto?
«Ha perso, certo: è stato ridicolo! Non poteva vincere, perché avevamo un accordo per cui è la maggioranza che decide cosa fare della musica dei Pistols. Ed eravamo tre contro uno. È stata solo una perdita di tempo. Credo che in realtà volesse impedirlo solo perché la serie è basata sul mio libro invece che sul suo. È tipico di John: non mi aspettavo altro da lui».
Eppure lei dice che era un frontman fantastico.
«Che fosse grandioso credo sia assolutamente innegabile da parte di chiunque».
Che tipo di persona è allora Johnny, secondo lei?
«Ho un debole per lui a causa dei Sex Pistols ma non ci frequentiamo, anche se entrambi viviamo a Los Angeles. Ma c'è qualcosa dentro di me per cui lui è nel mio cuore, e gli auguro solo il meglio».
È possibile che vi ritroviate ancora una volta a suonare insieme?
«Non credo che accadrà. Però non si può mai dire».
Un'altra cosa che colpisce del libro è la sua dichiarazione di aver fatto sesso con tutte, o quasi, le donne dei suoi migliori amici.
«Lo so, ero una persona terribile».
Eppure sembra che tutti, o quasi, l'abbiano perdonata.
«Io almeno lo spero».
A sorpresa, lei dice anche che le sarebbe piaciuto far parte dei Clash: non eravate rivali?
«Non lo eravamo veramente, non so da dove venisse questa storia. I Clash erano grandi, erano divertenti e io ogni tanto suonavo con loro ed era più facile parlare con Joe e Mick che con Johnny Rotten. Molto più facile!».
E le teorie situazioniste di McLaren?
«Tutte grandi stronzate: era il migliore in questo. E in realtà mi piaceva proprio per questo. Anche lui è stato fondamentale per i Sex Pistols. Non mi interessa quello che dicono gli altri».
È vero che a un certo punto ha suonato con Bob Dylan? Un Sex Pistol con Bob Dylan!
«Credo che gli piacesse proprio quell'idea, ma non lo so. Forse invece è perché gli piacevano le moto, e io allora andavo in giro in moto con Mickey Rourke. Comunque sì, mi ha invitato a fare una session in studio con lui».
E come è stato?
«Beh, è stato strano. C'era anche Paul Simonon (dei Clash, ndr) al basso quella volta. Ma non ci ha più chiamato: forse non gli è piaciuto come suonavamo (ride)».
Con Iggy Pop, invece, credo che sia stato come trovare un padre
«Sì, infatti ho fatto tre o quattro brani con lui per l'album Blah Blah Blah e tutte le chitarre per Instinct. Amo Iggy».
Lei ha imparato a suonare la chitarra con i dischi degli Stooges.
«Esatto: prendevo l'anfetamina e andavo avanti a suonare per ore e ore, a volte giorni, album come Fun House e Raw Power».
Da Iggy a John Taylor dei Duran Duran.
«Sì, siamo molto amici, abbiamo anche una band che si chiama Neurotic Outsiders. Ci vediamo spesso».
Un'altra strana coppia.
«Sì, ma chi se ne frega. Non me ne frega un cazzo dell'immagine e di quello che è cool o che non lo è. Ho sempre fatto quello che volevo. Anzi, per me il punk è esattamente questo: fare quello che si vuole fare. 'Fanculo l'immagine!».
A proposito: davvero ha pisciato sulla tomba di Elvis Presley?
«Non lo so se è vero. Mi ricordo di essere stato là e che ero ubriaco. Uno dei ragazzi dei The Professional (un'altra band in cui Jones ha suonato, ndr) mi ha detto che l'ho fatto ma, sinceramente, io non me lo ricordo».
Ma le faceva così schifo Elvis?
«No, lo amo. È sempre il migliore».
E ride di nuovo.
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