UN TEMPO DA LUPI - LIAM NEESON SI RITROVA IN UN DESERTO DI GHIACCIO IN PIENA ALASKA BRACCATO DA LUPI FAMELICI E ACCOMPAGNATO DA UNA BANDA DI “AVANZI DI GALERA, VAGABONDI E TESTE DI CAZZO” - STAVOLTA NESSUNA VENDETTA DA CONSUMARE, NESSUNA INCAZZATURA, MA SOLO LA NUDA E CRUDA SFIDA ALLA SOPRAVVIVENZA - IN “THE GREY” PERSONAGGI VERRANNO MENO UNO DIETRO L’ALTRO, DIVORATI DA…

Marco Giusti per Dagospia

Attenti al lupo! Certo, meglio incontrare il tacchino sul tetto di Bersani che questi lupi grigi che deve affrontare Liam Neeson in "The Grey", action movie metafisico diretto da Joe Carnahan, il regista di "Narc" e "A-Team", con qualche effetto digitale e qualche malinconia di troppo. Se vi aspettate il Liam Neeson pronto a menà a tutti, anche ai lupacchiotti, scordatevelo. Almeno in parte. Qua non gli hanno rapito nessuna moglie e nessuna figlia.

E' un tristo figuro, l'irlandese Ottway, che in un'Alaska freddissima fa il bounty killer di lupi per qualche industria petrolifera più cattiva, cinica e pericolosa dei suoi animali zannuti. Infatti, quando lui e una banda di sfigati, ispanici, neri e irlandesi assortiti, si ritrovano sperduti nel nulla in mezzo alla neve perché una tempesta ha abbattuto l'aeroplano che avrebbe dovuto riportarli a casa, sanno bene che i loro Marchionne non sprecheranno tempo e denaro per andarli a recuperare in mezzo ai lupi.

"Risparmieranno un bel po' di buste paghe", dice uno dei tecnici andati su per trivellare petrolio. Ovviamente Liam Neeson è sempre Liam Neeson. Anche se lo abbiamo visto a pezzi nei primi dieci minuti cercare di uccidersi col suo fucilone sparandosi in bocca. E sa o sembra di sapere esattamente cosa fare anche nel mezzo del nulla circondato da lupi lunghi quattro metri e occhi da fari abbaglianti come nemmeno nei film di Walt Disney se ne vedono più.

Purtroppo non ha il suo fucile a disposizione, quello sarebbe stato un altro film, ma solo i tristi ricordi di una moglie morta per malattia e una gran voglia di farla finita col mondo. E anche quando trova il suo fucile, rotto, non pensa proprio a aggiustarlo (perché? boh?). Così tutti i sopravvissuti lo seguono, ma capiamo subito che dietro a lui verranno decimati dai lupi e dal freddo.

Per nulla animalista, visto che i lupi sono proprio cattivi, ci riporta ai vecchi film del Grande Nord degli anni '50, un po' anche a "La cosa da un altro mondo" di Hawks, anche se il male che Neeson si porta dentro è qualcosa di molto più moderno e l'ambientazione apocalittica è un po' tipo "The Road". I sopravvissuti che lo seguono sono dei disperati, lavoratori stagionali che cercano di sopravvivere con un lavoro abbrutente e che Neeson ha già classificato nei primi minuti come "avanzi di galera, vagabondi e teste di cazzo".

Prodotto con grandi mezzi dai fratelli Scott e dalla Open Road (25 milioni di dollari, ne ha già incassati 77), fotografato benissimo da Masanobu Takayamagi nelle montagne innevate del Canada e della Columbia Britannica, si vede con gran piacere e una certa tensione, anche se nel vecchio gioco delle eliminazione dei personaggi ne sappiamo più del regista, anche cosceneggiatore assieme all'autore del romanzo da cui il film è tratto, Ian Mackenzie Jeffers. Non male gli altri attori, Frank Grillo, Dermot Mulroney, Dallas Roberts, anche se non riesci a riconoscerli più che tanto imbacuccati come sono. Attenti alla sorpresa che ci aspetta dopo gli interminabili otto minuti finali di titoli. In sala dal 5 dicembre.

 

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