TE LO DO IL CINEMA ITALIANO – A 87 ANNI, MALATO E DIMENTICATO, IL MITICO LUCIANO VINCENZONI RIAVVOLGE IL NASTRO DEI SUOI 60 FILM (CLASSICI COME “LA GRANDE GUERRA” E ‘’GIÙ LA TESTA’’, ‘’SIGNORE E SIGNORI’’ E ‘’PER QUALCHE DOLLARO IN PIÙ’’) – L’AMICIZIA CON BILLY WILDER E LA DEVOZIONE PER IL CELÌNE DEL ‘’VIAGGIO AL TERMINE DELLA NOTTE’’ - DINO DE LAURENTIIS? “LA DIFFÉRENCE ENTRE LA GLOIRE ET LA MERDE”….

Malcom Pagani per il "Fatto quotidiano"

Con il Marsala razionato, i fogli scritti a macchina e la realtà in lotta col paradosso: "Ho un brutto male, è per questo che fumo" Luciano Vincenzoni vorrebbe essere altrove. In America, dove registi e produttori l'avrebbero tenuto per sempre: "Non rimasi, la più grande sciocchezza dei miei 87 anni" o nel Neorealismo parigino in cui Pietro Germi dimenticava la fame: "Firmammo un contratto con la United Artists di Ilya Loper, lui tornò in camera, telefonò alla moglie: ‘Marianna, siamo ricchi' e iniziò a piangere".

In una delle sue visioni remunerate: "Non ha idea di quanto pagassero" e premiate ovunque. Sessanta film. Oscar, palme, leoni. Commedie, drammi, esperimenti. La grande guerra e Giù la testa, Signore e signori, Per qualche dollaro in più, Il buono, il brutto, il cattivo. Lo sceneggiatore Vincenzoni vive ancora di passioni. Alza la voce, si incazza, ride, batte i pugni sul tavolo. Per il set non scrive più e sui suoi eredi, non promette testamenti: Non mi chiama più nessuno, ma me ne frego. L'amarezza è un'altra.

Quale?
Veder morire il cinema che avevamo amato. Quel che c'è adesso fa solo pena. Billy Wilder aveva capito tutto. Andai a trovarlo in ospedale quando stava per andarsene. Aveva scritto un soggetto. Me lo regalò: "Tienilo tu, a me non fanno più scattare neanche una Polaroid".

Che storia era?
C'è un regista vecchio che nessuno fa più lavorare e investe tutto quel che possiede nel suo ultimo film. Affitta un ufficio alla Paramount e scopre che l'adiacente cimitero è in espansione e si annetterà la parte degli studios in cui lavora. La metafora della sua vita e di un'arte spazzata via da computer e tv.

Lo conosceva bene Wilder?
Ero l'unico che lo facesse ridere. Mi chiamava ‘l'italiano pazzo'. La prima volta che ci parlai lo mandai a fare in culo.

Perché?
Chiamarono dall'America in piena notte. Una signorina troppo calma assicura che il signor Wilder desidera parlarmi. Penso: "Sono Age e Scarpelli". Lavoravamo insieme fin dai tempi della Grande Guerra e sugli scherzi non avevano rivali. Così sto al gioco e quando arriva la voce maschile, libero il vaffanculo e attacco.

E Wilder?
Non se la prese e richiamò. Dopo aver scritto ‘'Cosa è successo tra tuo padre e mia madre'' diventammo amici fraterni. La sera io e Audrey, la moglie di Wilder, sfamavamo la truppa con polenta e carbonara. Gregory Peck, Jack Lemmon, Candice Bergen con cui parlavo di Celìne. Bei tempi.

Celìne le piaceva?
Il più grande di tutti. Un genio. Che sia finito povero e reietto è una vergogna. In ‘'Viaggio al termine della notte'' c'è una risposta a ogni perché e a Parigi, nel '68, era la Bibbia dei manifestanti. La vittoria fuori tempo massimo del signor Destouches. Quando anni dopo incontrai Kerouac, fu chiaro: "Mai letto nessun altro libro europeo. Oltre non era possibile andare".

Gli inizi?
Facendo da mediatore su una partita di vestiti militari nella Treviso del dopoguerra. Li aveva acquistati Tony Roma, ex tenente di Marina a cui anni prima avevo offerto un costoso cognac pur avendo le tasche quasi vuote. Se ne ricordò a liberazione avvenuta e dalla povertà più nera trovai i soldi per scendere a Roma e realizzare il sogno. Amavo il cinema, il padrone della sala locale mi faceva entrare sempre gratis.

Roma?
Avevo incontrato Aldo Fabrizi e scritto Hanno rubato un tram, ma per il Popolo del Bar Rosati era come se non esistessi. Salutavo, mi sbracciavo, mi ignoravano. Per chi veniva dalla provincia e non faceva parte della cricca era più dura. Capitava a me come a Ferreri e Fellini. Poi c'era il partito. Il cinema venne assaltato dai comunisti, i cinematografari furbi si travestirono iscrivendosi al partito. In molti. Anzi quasi tutti. Io No. E neanche Germi.

Con Germi i rapporti erano ondivaghi.
Ci volevamo bene, ma litigammo per uno di quegli equivoci terribili che animano l'esistenza. Facemmo pace. Mi venne a trovare offrendomi di scrivere Amici miei e mi lasciò una foto, guardi.

C'è una dedica: "Come è triste essere soli".
Stava già male Pietro, uno che ha vinto l'Oscar ma non nominano mai perché non faceva parte della congrega. Carattere duro, serio, grande regista.

Conobbe anche Petri e Leone.
Bravissimo nel mestiere Elio, con un tremendo carattere. A Mosca, durante una cena discutemmo. C'erano gli affreschi, le bandiere e le donne sul trattore. L'epica della patria e la tavola vuota. Mi spazientii. Chiamai un cameriere, gli diedi 10 dollari e gli dissi: "Acqua e pane". Arrivò di corsa. Mi girai verso Elio e provocai: "Il capitalismo vince sempre". Con Sergio il rapporto era di lunga data. Gli americani mi avevano dato il compito di ridurre a due ore la versione americana dei suoi film. Per lui tagliare il suo lavoro equivaleva a tagliarsi le palle. Discutevamo. Con affetto.

Dino De Laurentiis?
Abbiamo lavorato insieme per un tempo che oggi mi sembra infinito. Ci conoscemmo nel '55. Decisi che dovevo arrivare di fronte a Dino. Gli telefonavo da mesi, regolarmente respinto. Presi un taxi, bluffai: "mi aspetti, torno tra poco" e mi presentai. Per superare il check point della severissima segretaria servì la forza della disperazione: "Non ce l'ho con lei, ma non vorrei fosse la prima a prendersi un calcio in culo dal sottoscritto. Non è mai accaduto".

Si scostò?
Con orrore permettendo a "La différence entre la gloire et la merde" di emergere nel suo splendore. L'ufficio era enorme. Dino troneggiava dall'alto di una sedia altissima. Chiesi pochi minuti. Raccontai sette film. Esausto mi fermò: "La prego, sta parlando da due ore. Compro tutto". Poi per le spese, mi diede due milioni. Le banconote erano grandi come lenzuola. Uscii e al tassista che mi aveva portato fin lì, dubbioso sul mio ritorno, chiesi solo dove avrebbe preferito mangiare. Andammo nel miglior ristorante della città.

Ha guadagnato molto?
Mi sono divertito, ho lottato, scialacquato patrimoni e amato molto senza alcun rimpianto.

Wilder la chiamava Casanova.
Mi prendeva in giro. Stavo con un'attrice che mi riempiva di corna e mi confidavo con lui. Gli scrivevo.

Grafomane nato.
Se hai una buona idea, bastano 15 giorni per darle forma. Altrimenti l'idea non esiste. Gillo Pontecorvo che con il povero Solinas impiegava non meno di tre anni per scrivere un copione, si stupì. Mi avevano chiesto aiuto dalla produzione: "Non finiremo mai a questi ritmi". Risolsi la pratica in 13 giorni, Gillo, mente acuta e cacadubbi a prescindere era sconvolto.

La grande guerra: un trionfo.
Feci un furto che non confessai né a Monicelli né a Furio, né ad Age. Avevo letto un bellissimo libro di Roland Dorgelès, Le croci di legno e copiai di sana pianta la scena del ritorno dei soldati che si vede nel film. A Venezia il presidente della giuria Marcel Carnè a fine proiezione inizia ad applaudire. È il segno che il Leone è di Mario. Alla festa, Carnè mi avvicina: "Bella quella iperbole, l'ha scritta lei?".

E lei?
"L'ha scritta Dorgelès, maestro". "Bravo ragazzo, sei una persona per bene".

 

LUCIANO VINCENZONI jpegLUCIANO VINCENZONI jpegLUCIANO VINCENZONI jpegBilly WilderDino De Laurentiisjoan haverty KEROUAC jack kerouac3sergio leone 1 sergio leoneLUCIANO VINCENZONI CON BILLY WILDERSORDI E GASSMAN NE _LA GRANDE GUERRA

Ultimi Dagoreport

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - COSA FRULLAVA NELLA TESTA TIRATA A LUCIDO DI ANDREA ORCEL QUANDO STAMATTINA ALL’ASSEMBLEA GENERALI HA DECISO IL VOTO DI UNICREDIT A FAVORE DELLA LISTA CALTAGIRONE? LE MANGANELLATE ROMANE RICEVUTE PER L’OPS SU BPM, L’HANNO PIEGATO AL POTERE DEI PALAZZI ROMANI? NOOO, PIU' PROBABILE CHE SIA ANDATA COSÌ: UNA VOLTA CHE ERA SICURA ANCHE SENZA UNICREDIT, LA VITTORIA DELLA LISTA MEDIOBANCA, ORCEL HA PENSATO BENE CHE ERA DA IDIOTA SPRECARE IL SUO “PACCHETTO”: MEJO GIRARLO ALLA LISTA DI CALTARICCONE E OTTENERE IN CAMBIO UN PROFICUO BONUS PER UNA FUTURA PARTNERSHIP IN GENERALI - UNA VOLTA ESPUGNATA MEDIOBANCA COL SUO 13% DI GENERALI, GIUNTI A TRIESTE L’82ENNE IMPRENDITORE COL SUO "COMPARE" MILLERI AL GUINZAGLIO, DOVE ANDRANNO SENZA UN PARTNER FINANZIARIO-BANCARIO, BEN STIMATO DAI FONDI INTERNAZIONALI? SU, AL DI FUORI DEL RACCORDO ANULARE, CHI LO CONOSCE ‘STO CALTAGIRONE? – UN VASTO PROGRAMMA QUELLO DI ORCEL CHE DOMANI DOVRA' FARE I CONTI CON I PIANI DELLA PRIMA BANCA D'ITALIA, INTESA-SANPAOLO…

donald trump ursula von der leyen giorgia meloni

DAGOREPORT - UN FACCIA A FACCIA INFORMALE TRA URSULA VON DER LEYEN E DONALD TRUMP, AI FUNERALI DI PAPA FRANCESCO, AFFONDEREBBE IL SUPER SUMMIT SOGNATO DA GIORGIA MELONI - LA PREMIER IMMAGINAVA DI TRONEGGIARE COME MATRONA ROMANA, TRA MAGGIO E GIUGNO, AL TAVOLO DEI NEGOZIATI USA-UE CELEBRATA DAI MEDIA DI TUTTO IL MONDO. SE COSÌ NON FOSSE, IL SUO RUOLO INTERNAZIONALE DI “GRANDE TESSITRICE” FINIREBBE NEL CASSETTO, SVELANDO IL NULLA COSMICO DIETRO AL VIAGGIO ALLA CASA BIANCA DELLA SCORSA SETTIMANA (L'UNICO "RISULTATO" È STATA LA PROMESSA DI TRUMP DI UN VERTICE CON URSULA, SENZA DATA) - MACRON-MERZ-TUSK-SANCHEZ NON VOGLIONO ASSOLUTAMENTE LA MELONI NEL RUOLO DI MEDIATRICE, PERCHÉ NON CONSIDERANO ASSOLUTAMENTE EQUIDISTANTE "LA FANTASTICA LEADER CHE HA ASSALTATO L'EUROPA" (COPY TRUMP)...

pasquale striano dossier top secret

FLASH – COM’È STRANO IL CASO STRIANO: È AVVOLTO DA UNA GRANDE PAURA COLLETTIVA. C’È IL TIMORE, NEI PALAZZI E NELLE PROCURE, CHE IL TENENTE DELLA GUARDIA DI FINANZA, AL CENTRO DEL CASO DOSSIER ALLA DIREZIONE NAZIONALE ANTIMAFIA (MAI SOSPESO E ANCORA IN SERVIZIO), POSSA INIZIARE A “CANTARE” – LA PAURA SERPEGGIA E SEMBRA AVER "CONGELATO" LA PROCURA DI ROMA DIRETTA DA FRANCESCO LO VOI, IL COPASIR E PERSINO LE STESSE FIAMME GIALLE. L’UNICA COSA CERTA È CHE FINCHÉ STRIANO TACE, C’È SPERANZA…

andrea orcel francesco milleri giuseppe castagna gaetano caltagirone giancarlo giorgetti matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT - IL RISIKONE È IN ARRIVO: DOMANI MATTINA INIZIERÀ L’ASSALTO DI CALTA-MILLERI-GOVERNO AL FORZIERE DELLE GENERALI. MA I TRE PARTITI DI GOVERNO NON VIAGGIANO SULLO STESSO BINARIO. L’INTENTO DI SALVINI & GIORGETTI È UNO SOLO: SALVARE LA “LORO” BPM DALLE UNGHIE DI UNICREDIT. E LA VOLONTÀ DEL MEF DI MANTENERE L’11% DI MPS, È UNA SPIA DEL RAPPORTO SALDO DELLA LEGA CON IL CEO LUIGI LOVAGLIO - DIFATTI IL VIOLENTISSIMO GOLDEN POWER DEL GOVERNO SULL’OPERAZIONE DI UNICREDIT SU BPM, NON CONVENIVA CERTO AL DUO CALTA-FAZZO, BENSÌ SOLO ALLA LEGA DI GIORGETTI E SALVINI PER LEGNARE ORCEL – I DUE GRANDI VECCHI DELLA FINANZA MENEGHINA, GUZZETTI E BAZOLI, HANNO PRESO MALISSIMO L’INVASIONE DEI CALTAGIRONESI ALLA FIAMMA E HANNO SUBITO IMPARTITO UNA “MORAL SUASION” A COLUI CHE HANNO POSTO AL VERTICE DI INTESA, CARLO MESSINA: "ROMA DELENDA EST"…