‘’SETTE BREVI LEZIONI DI FISICA” RENDONO LA SCIENZA UN ROMANZO DA HIT PARADE - ROVELLI, PROFESSORE DI FISICA TEORICA, HA DAVVERO COMPIUTO UN PICCOLO GRANDE MIRACOLO

Giuseppe Lisciani per “Libero Quotidiano”

 

Uscito a fine 2014, l'agile volume di Carlo Rovelli, Sette brevi lezioni di fisica (Adelphi, 10 euro) ha ingranato il rapporto del ciclista che scala il Tourmalet e, passo dopo passo, è ora in cima alla classifica dei libri più venduti. Assieme all'ultimo romanzo di Umberto Eco. E sapete bene che non è ordinaria amministrazione se un libro di fisica e di epistemologia vende come un libro di narrativa.

‘’SETTE BREVI LEZIONI DI FISICA”  ‘’SETTE BREVI LEZIONI DI FISICA”

 

Rovelli, professore di fisica teorica presso l'Università di Aix-Marseille, ha davvero compiuto un piccolo grande miracolo. Ha spiegato, con molta semplicità e in meno di cento pagine, un sacco di cose: come funziona la ricerca scientifica (soprattutto la fisica); come fanno due teorie rivali (la relatività generale e la meccanica quantistica) a convivere descrivendo il mondo e ad essere entrambe attendibili; com'è che lo spazio e il tempo non esistono; come si comportano le particelle elementari; cosa sono i "buchi neri"; quale è, infine, la posizione dell'uomo nel nostro universo.

 

La prima lezione porta, come titolo, La più bella delle teorie, cioè le parole con cui lo scienziato russo Lev Landau ha definito la relatività generale di Einstein. Secondo questa teoria, lo spazio altro non è che il campo gravitazionale ed è «una delle componenti materiali" del mondo. Un'entità che ondula, si flette, s'incurva, si storce». La Terra gira intorno al Sole non per una forza misteriosa che la attira ma perché corre «diritta in uno spazio che si inclina».

 

A causa dello spazio curvo, anche il percorso della luce traccia linee curve; e anche il tempo si incurva e perciò passa più lentamente in basso, vicino alla Terra, e più velocemente in alto: «Di poco, ma il gemello che ha vissuto al mare ritrova il gemello che ha vissuto in montagna un poco più vecchio di lui». Non abbiamo qui capienza per raccontare le altre lezioni. Ci soffermeremo sull'ultima, in cui Rovelli pone una domanda cruciale: «Se il mondo è un pullulare di effimeri quanti di spazio e di materia, un immenso gioco a incastri di spazio e particelle elementari, noi cosa siamo?».

ROVELLI ROVELLI

 

D'acchito, vien da rispondere, con Rovelli, che «del mondo che vediamo siamo anche parte integrante». Per dirla tutta, «siamo fatti degli stessi atomi e degli stessi segnali di luce che si scambiano i pini sulle montagne e le stelle nelle galassie». Tuttavia, la nostra condizione di privilegio ci pone interrogativi complessi. Ad esempio, da che dipende essere coscienti? Il mondo che conosciamo è quello vero? Come lo conosciamo? Che rapporto c'è tra la narrazione che del mondo dà uno scienziato e quella di uno scrittore?

 

Qui Rovelli mette in campo una sorta di ecumene epistemologica, in cui da ogni percorso di ricerca può arrivare legittima conoscenza: come ha sostenuto, verso la fine del secolo scorso, Paul K. Feyerabend. E si dichiara certo, Rovelli, che «quello che impariamo a conoscere, anche se lentamente e a tentoni, è il mondo reale di cui siamo parte». L'autore, così, smentisce un po’ l'atteggiamento, positivo ma problematico, assunto nelle precedenti lezioni: ci saremmo attesi, da lui, un bagno di prudenza nelle idee di Hume.

 

albert einsteinalbert einstein

In compenso, verso la conclusione, il libro di Rovelli recupera il tema della incomunicabilità tra la cultura scientifica e la cultura umanistica: anche ad un livello più alto rispetto alla polemica aperta nel 1959 dalla pubblicazione del libro di Charles P. Snow, Le due culture (ripubblicato nel 2005 senza esiti significativi). Questa la pietra che Rovelli getta nello stagno: «La confusione tra inventare racconti e seguire tracce per trovare qualcosa, è origine dell'incomprensione e della diffidenza per la scienza». Chi ha orecchie per intendere intenda. E intervenga, se vuole.

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