SIAMO TUTTI SCEICCHI - ETIHAD, FORTUNATAMENTE PER LEI, NON HA SOLTANTO IN PROGRAMMA L'ACQUISIZIONE DELLA MALANDATA ALITALIA. PUNTA ANCHE A DIVENTARE LA COMPAGNIA DI LINEA DEI SUPER RICCHI


Valeria Palermi per "L'Espresso"

I don't fly commercial, disse una volta Naomi Campbell. Non volo con aerei di linea. Ma potrebbe ripensarci, la gazzella nera più viziata del mondo. Perché c'è una compagnia aerea, oggi, che è in grado di rivaleggiare in lusso con i jet privati. La compagnia è la Etihad di Abu Dhabi. E promette di farlo a prezzi 6-7 volte più bassi.

Intendiamoci: si parla di prodotti per happy few. Molto happy e very few: gente cioè che non batte ciglio all'idea di spendere 20mila dollari per volare tra Londra e Abu Dhabi. Solo andata. In cambio, però, avrà la possibilità di volare nella maniera più lussuosa finora mai concepita. Questo sarà "The Residence", dal prossimo 27 dicembre: una suite di tre stanze a bordo di un Airbus A380, fatta di soggiorno, camera da letto matrimoniale, bagno con doccia. Più i servizi di uno chef che preparerà i pasti desiderati direttamente a bordo, e di un maggiordomo formato alla scuola del Savoy Hotel di Londra. Il quale, al risveglio, porterà a letto la colazione.

Sembra uno scenario alla "Downton Abbey", ma più concretamente è il prodotto con cui Etihad ha sbalordito la stampa internazionale e gettato nel panico la concorrenza. Perché Etihad non è la compagnia più grande del Golfo, ma probabilmente la più ambiziosa.
Della sua ambizione fa parte il piano Alitalia. E se gli sceicchi emiratini entreranno nel vettore italiano, è facile prevedere che sarà la collisione dei mondi: pochi potrebbero essere più distanti tra loro per filosofia, management, performance e cultura aziendale, di Alitalia e Etihad.

Di Alitalia sappiamo tutto da anni. Di Etihad poco, ma per conoscere la compagnia di Abu Dhabi bisogna conoscere James Hogan, suo Ceo e presidente. Sanguigno e spiccio come ti aspetti da un australiano doc qual è, ma niente facili scherzi su Crocodile Dundee: il pugno è evidentemente di ferro, le idee - più che chiare- acuminate, la determinazione rocciosa. Una volta a un giornalista ha detto: «Gli affari sono come lo sport, alla fine conta solo chi vince. In entrambi i casi si tratta di costruire una squadra, allenarla duramente e portare a casa il risultato».

Interessante immaginarlo alle prese con i sindacati dei dipendenti Alitalia. Ma è interessante anche immaginare un'Alitalia trascinata da questa motivazione, sbalzata su uno scenario globale. Costretta, chissà, a cambiare.

È Hogan che domenica 4 maggio racconta a un parterre di cento giornalisti di tutto il mondo (per l'Italia "l'Espresso") cosa è diventata in dieci anni, e cosa si appresta a diventare, la compagnia di Abu Dhabi. Da esperto speaker, si gioca nei primi dieci secondi le parole Immaginazione, Viaggio e Sogno. Ma anche Profitto: perché il cuore della storia è che c'è voluta molta immaginazione per far diventare Etihad quella di oggi, un viaggio vorticoso durato dieci anni con in testa il sogno di essere "the best", ma anche "very profitable".

Il modello che si sono messi in testa? Strano, per una compagnia aerea: prendere ad esempio i migliori hotel del mondo e i migliori ristoranti. Nonché i migliori vettori aerei.
«Noi vogliamo ripensare il volo. Per questo abbiamo preso dalla grande hotellerie le figure del concierge, che assisterà i passeggeri premium in ogni richiesta, del food and beverage manager, dello chef a bordo», racconta Hogan.

«In Economy invece le ambasciatrici del brand saranno le nostre "flying nannies", tate che in volo aiutino i genitori e intrattengano i più piccoli. L'idea è di superare continuamente le aspettative di chi vola con noi, di essere insuperabili per gli altri e di fare profitto. Non vogliamo essere i più grandi, ma i più bravi nella qualità».

L'operazione non si limita a "The Residence". Sui superjumbo Airbus A380 la First Class sarà trasformata in "First Apartments" (suite private dove si ha spazio per camminare, poltrona e letto, tv da 24 pollici, guardaroba), sui B787 in "First Suites"; la business class evolverà in "Business Studio", dove le poltrone possono trasformarsi in letti totalmente orizzontali e uno speciale sistema pneumatico permetterà di regolare a piacere la morbidezza delle sedute o provocare un massaggio meccanico.

In Economy, ai passeggeri verrà offerta una trousse con calze da viaggio, mascherina, spazzolino e dentificio; il menu sarà composto da 4 portate con scelta tra tre piatti principali. E nella economy "Smart Seat", sugli A380 e B787, 675 ore di intrattenimento on demand, e accesso a Internet.

«Vogliamo che volare torni ad essere glamorous», spiega Audrey Tiedt, Vice President Guest Services: «Come accadeva una volta, quando partire era eccitante, gli aerei erano sinonimo di lusso, esclusività, atmosfera. Oggi le esigenze di sicurezza hanno trasformato il volo in un incubo, ma noi vogliamo che sia di nuovo un piacere, che alla gente torni la voglia di vestirsi bene per viaggiare. Proporremo degustazioni di vini da abbinare ai cibi, dolci fatti al forno durante il volo. Anche in economy il servizio sarà confortevole. Perché solo caffè o tè? Proponiamo anche tisane, succhi, gelati, cappuccini, cioccolate calde».

Servizio, servizio, servizio. E innovazione, innovazione, innovazione. Queste le parole chiave, che poggiano su due asset fondamentali: l'Etihad Innovation Center di Abu Dhabi, dove vengono studiate per mesi le nuove formule di prodotti e servizi, e la sua Training Academy, dove si prepara tutto il personale. Ci si è formata anche una splendida ragazza toscana, Martina. «Da quattro anni lavoro in Etihad come assistente di volo, ma prima ho frequentato il corso di sette settimane qui nella capitale», spiega.

Si impara tutto sull'assistenza ai passeggeri e sui diversi aspetti della vita a bordo in ambienti che riproducono a grandezza naturale tutto quello che esiste sull'aereo, dalle cabine alle aree dedicate alla ristorazione, o agli spazi comuni. Niente è lasciato al caso. Nemmeno il look del personale. È precisa perfino l'altezza del tacco: 4 cm per le scarpe usate in volo, 6 a terra.

Spiega una "grooming manager": «I capelli vanno raccolti in chignon, 3 le acconciature possibili. Il maquillage deve essere completo e accurato: fondotinta, blush, matita per le sopracciglia, ombretto solo bronzo o marrone, eyeliner, mascara. Rossetto sempre, e rosso vivo. Ma non c'è bellezza se non c'è cortesia». Di che far concorrenza a un mito dell'aviazione, le Singapore girls, le hostess della compagnia asiatica.

L'asso vero della compagnia guidata da James Hogan, comunque, è un altro: il nuovo terminal che si sta costruendo a ritmi serrati, il Midfield Terminal, che dal 2017 porterà nello scalo di Abu Dhabi 30 milioni di passeggeri l'anno. Perché questa non è soltanto la storia delle innovazioni di una linea aerea. Etihad vuol dire Abu Dhabi ed Emirati Arabi Uniti, e vuol dire la concorrenza tra Dubai e la capitale.

La prima che punta sempre più sul turismo, perché il petrolio sta finendo, l'altra che riposa serena sulla settima più grande riserva accertata di petrolio del mondo. Abu Dhabi ha osservato Dubai decollare come un razzo ma anche trasformarsi in una Las Vegas del deserto, e può imparare dai suoi errori. "Abu-dhabi-dooo!", come scherzando la chiamano gli expat, sogna in grande. Progetta Saadiyat Island ("l'isola della felicità"), che diventerà un unicum mondiale col suo polo culturale dove conviveranno il Louvre Abu Dhabi disegnato da Jean Nouvel, il Guggenheim di Frank Gehry, lo Zayed National Museum di Norman Foster.

Progetta l'utopia perfetta di Masdar City, città satellite nata per essere il benchmark assoluto in termini di sostenibilità, zero emissioni e sostenibilità totale. Un prodigio di "arcologia", architettura ed ecologia, ma progetto troppo ambizioso perfino per gli sceicchi: non tutto sta andando come si credeva, e i tempi di realizzazione slittano al 2030.

Nel frattempo Dubai non dorme. Al contrario: si è assicurata l'Expo del 2020, e sarà un affare stellare per la sua compagnia aerea, Emirates. Certo ne guadagnerà anche Abu Dhabi, distante meno di due ore di macchina, che appunto sta "upgradando" il suo aeroporto. L'inglese Tony Touglas, Ceo di Abu Dhabi Airports, sbarcato nella capitale emiratina dopo i successi del Terminal 5 di Londra, ha enfaticamente promesso alla stampa internazionale l'inaugurazione del nuovo grandioso Midfield Terminal Complex «per le ore 7 del 17/7/2017».

Grandi ambizioni, del resto la posta in gioco è notevole. Si è visto all'Arabian Travel Market, a Dubai dal 5 all'8 maggio: di anno in anno la fiera del turismo dei Paesi arabi guadagna attenzione ed espositori, e vede crescere il suo business. Gli espositori, nell'edizione 2014, sono cresciuti dell'11 per cento, in particolare quelli legati all'area del lusso. All'ATM è stato anche rivelato come i cittadini dei Paesi del Golfo spendano due volte e mezzo più delle altre nazionalità per viaggi aerei: per gente sveglia, c'è da far tanti soldi.

Certo non dorme il Qatar: vicino ingombrante, che a far shopping di Made in Italy ha cominciato parecchio prima di Abu Dhabi, ha una linea aerea di pregio come Qatar Airways, e il 30 aprile ha inaugurato il suo nuovo stellare aeroporto, l'Hamad International Airport, a pieno regime a fine maggio. L'aeroporto Internazionale di Dubai, invece, ha appena iniziato grandi lavori di ampliamento in vista dell'Expo.

Così il quadro è questo: tre competitor super agguerriti concentrati nella piattaforma del Golfo, per spartirsi rotte eccellenti e la sezione aurea del traffico aereo internazionale, i passeggeri business e first class. In questo settore, come spiegano gli addetti ai lavori, i margini di profitto sono molto bassi visti gli altissimi costi dell'operatività, e si fanno in concreto sulla clientela di alta gamma, disposta a spendere molto per il servizio migliore. La guerra dei cieli è appena cominciata.

 

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