LA VERSIONE DI MUGHINI – SONO VENTIQUATTRO ORE CHE MI ARROVELLO SE SÌ O NO METTERCI DUE RIGHE DI MIO FRA GLI OMAGGI A GIANNI MURA, UNO DEI PIÙ GRANDI GIORNALISTI ITALIANI DEL SECONDO DOPOGUERRA. FINCHÉ NON MI SONO RICORDATO DI UN ARTICOLO CHE AVEVO RITAGLIATO NEL 1982, AL TEMPO DELLA NOSTRA VITTORIA AL MUNDIAL DI SPAGNA, CHE AVRÒ LETTO 50 VOLTE IN VITA MIA. ALTRO CHE LIBRI E ROMANZI
LA VERSIONE DI MUGHINI
Caro Dago,
sono ventiquattro ore che mi arrovello se sì o no metterci due righe di mio fra gli omaggi a Gianni Mura, uno dei più grandi giornalisti italiani del secondo dopoguerra. In linea di massima non ne avrei nessun titolo, e perché mai una volta l’ho avuto accanto in carne e ossa e perché con il lavoro da giornalista vero e proprio – quello di chi racconta al volo l’evento che sta fuggendo, una gara ciclistica o un mondiale di football – anche con quello non ho avuto né familiarità né predisposizione.
GIAMPIERO MUGHINI OSPITE DI PETER GOMEZ A LA CONFESSIONE
E finché non mi sono ricordato di un articolo di Mura che avevo ritagliato nel 1982, al tempo della nostra vittoria al Mundial di Spagna, e che è di certo uno dei più bei articoli di giornale che io avessi mai letto. Era un’intera pagina dedicata a quel che la stampa in generale aveva detto degli “Azzurri” nella prima metà del torneo (quando la nostra nazionale era stata poco più che penosa) e poi nella seconda (dove avevamo schiacciato uno dopo l’altro gli avversari fino al trionfo).
Un articolo dalla costruzione sublime. Ecco quel che Mura faceva dire ai giornalisti “prima”. “Zoff? Una frana, a quell’età bisognerebbe avere il coraggio di smettere”. “Gentile? Corre male, come gli arabi, e tira calci terrificanti”. “Cabrini? Dovrebbe fare il fotomodello e non il terzino”. “Collovati? Più preoccupato dei suoi riccioli belli che della sorveglianza del centravanti”. “Tardelli? E’ un fantasma con i nervi sfilacciati e i nervi a pezzi”. “Conti? Pallettaro da oratorio con velleità brasiliane”. “Rossi? E’ uno scandalo che gli diano la maglia azzurra a questo ladro, a questo infamone”. “Graziani? Ci vuole un bel coraggio a portare all’estero uno così, che alla palla non darà mai del tu”. “Bearzot? Non ha mai capito niente di calcio, basta guardarlo in faccia, ha i tic dell’orango”. Più o meno letteralmente questo era stato scritto di loro, giorno dopo giorno.
Per poi gli stessi giornali se non esattamente gli stessi giornalisti scrivere così. “Zoff? E’ come Pertini”. “Cabrini? Una folgore sulla fascia sinistra”. “Tardelli? E’ sempre lui, ha schiantato l’Argentina”. “Rossi? Angelo vendicatore, angelo sterminatore, bel morettino mio”. “Bearzot? Non ha sbagliato nulla, neanche una virgola”.
E’ un articolo che avrò letto 50 volte in vita mia. Altro che libri e romanzi. E’ toccato ai “tre Gianni” della recente cultura italiana – Gianni Brera, Gianni Clerici, Gianni Mura – di scrivere articoli anziché romanzi, articoli che quanto a pienezza e potenza e raffinatezza letteraria non ammettevano rivali sulla carta. E anche se di questo Brera non si dava pace. “Spero che ai miei figli tocchi una sorte migliore”, mi disse una volta, e voleva dire una sorte migliore che non scrivere di sport sulle gazzette.
Ammiravo Mura da decenni quando una volta mi capitò di leggere sulla “Repubblica” che appena lui mi vedeva in televisione subito cambiava canale. Non ricordo se gli replicai con qualche malevolenza. Restai sorpreso e un tantino deluso, e ancora dieci anni dopo ricordai la cosa in un mio articolo. A ora di pranzo mi arrivò una telefonata di Mura, ed era la prima volta che sentivo la sua voce dal vivo.
marco tardelli fa volare wolfgang dremmler
“Ma davvero ho scritto su di te quello che dici?”, mi chiese. Gli risposi che con quella telefonata lo aveva cancellato, era come se non fosse mai esistito. In questi ultimi vent’anni ci mandavamo di tanto in tanto degli sms. Ne ho qui registrato sul telefonino uno mio in cui mi congratulavo con lui per avere difeso Fulvio Collovati da quella idiotissima censura che gli venne appioppata per aver fatto una battutaccia sulle “donne che non capiscono di calcio”.
Dimenticavo. Quando sono stato cancellato dall’albo dei giornalisti non ho avuto un cenno di solidarietà da nessuno delle centinaia e centinaia di colleghi con i quali avevo lavorato nei quarant’anni che ho tratto il mio pane dei giornali. Mi mandarono un cenno di solidarietà Luca Ricolfi, Piero Sansonetti, Claudio Sabelli Fioretti e Gianni Mura.
GIAMPIERO MUGHINI