NANNI DI PIOMBO – CARLO FRECCERO OSCURA "IL SOL DELL’AVVENIRE" DI NANNI MORETTI: "COME IN “RITORNO AL FUTURO”, VORREBBE MANIPOLARE GLI EVENTI PASSATI PER RIAVERE INDIETRO IL SOGNO DELLA SINISTRA - TUTTO SEMBRA MUOVERSI IN DIREZIONE DI UN FINALE TRAGICO MA NEL MOMENTO IN CUI SEMBRA AFFIDARSI ALL'IMMAGINARIO CINEMATOGRAFICO, PER RISOLVERE LA PROSAICITÀ DEL REALE, IL FILM NON RIESCE A DECOLLARE. SOMIGLIA PIÙ AD UN DIARIO CHE AD UN'UTOPIA. MANCA L'INCANTESIMO..." - VIDEO
Carlo Freccero per Dagospia
Se la televisione rappresenta l’inconscio a cielo aperto del presente e cioè lo Spirito del tempo qui ed ora, il film “Il sole dell'avvenire” di Moretti vuole dirci che il cinema non è così dipendente dalla realtà. O forse, semplicemente non lo è per Moretti.
Nel suo primo film Moretti si definisce un autarchico. Nel film di oggi si rivela non solo un autarchico, ma anche un nostalgico e, da buon autarchico ripete incessantemente il suo vissuto. Moretti è passato alla storia per la sua frase “D’Alema di qualcosa di sinistra” nel momento in cui la sinistra sprofondava nella sua crisi più profonda, forse irreversibile.
Nel contesto attuale la sinistra sembra non avere futuro e quindi il regista va a cercare nel passato l’episodio che poteva cambiare il corso degli eventi, rendendola degna di un futuro che oggi sarebbe il nostro presente. E lo trova nella invasione sovietica dell'Ungheria del '56. Come in “Ritorno al futuro”, vorrebbe manipolare gli eventi passati per riavere indietro il sogno della sinistra: un partito Comunista vittorioso e popolare. Ma forse non si rende conto che già allora tutto questo non è successo per un caso, ma perché la Rivoluzione Sovietica era già saldamente in mano a forze reazionarie che, dietro la facciata del comunismo, perseguivano il loro profitto. Vista oggi, con i nostri occhi e non con gli occhi ispirati di Moretti, la storia poteva solo andare così.
nanni moretti il sol dell'avvenire
Cominciamo a chiarire che quello che vi ho presentato non è il soggetto del film preparato per Cannes. È invece il soggetto del film nel film che, ripetendo schemi della Nouvelle Vague, Moretti mette in scena, a distanza da secoli da quella poetica: il Cinema nel Cinema, Moretti secondo Moretti.
Moretti si ribella alle produzioni industriali della fiction di oggi. Non si interessa alla sceneggiatura ed all’intreccio. Gli sfugge del tutto che anche il racconto, “il viaggio dell’eroe”, l'arco narrativo abbia il suo fascino. Le serie americane sono un prodotto di sceneggiatura, la loro matrice è il racconto.
Moretti vuole fare un cinema d’autore . La sua matrice è un certo cinema europeo prima della televisione, che viveva di citazioni, di topoi letterari, di marchi e simboli dell’autore stesso. Una specie di automanierismo che conferisce al prodotto riconoscibilità e valore come le bottiglie stilizzate di Morandi, i colli lunghi di Modigliani, le rotondità di Botero. Il prototipo ispiratore de “Il sol dell'Avvenire” secondo la Critica è “8 ½” di Fellini. Anche in “8 1/2” c’è un regista in crisi che rappresenta l’alter ego di Fellini come il regista Giovanni rappresenta l'alter ego di Nanni. Moretti mette da sempre in scena solo Moretti, la sua idiosincrasia per le scarpe modaiole, la devozione alla Sacher, alla Nutella e ai dolci in generale. Qui però non abbiamo più il suo alter ego cinematografico che si cimenta con la pallavolo, piuttosto che con l ‘insegnamento o con i voti religiosi.
Qui abbiamo il regista che supera i suoi tic biografici per riassumerli nella sua visione di cinema: cinema dell’autore che Moretti predilige: Nanni Moretti. La sfida di Moretti alla fiction contemporanea è tutta riassunta nel dialogo tra il protagonista è gli inviati di Netflix che dovrebbero finanziarlo. Si tratta di due visioni inconciliabili, anche se poi Moretti si astiene dal fare a pezzi l’ideologia ‘ woke ‘di Netflix con la stessa ironia con cui isola e deride le scarpe inappropriate. Nella sua filmografia, tradotta in storie sempre diverse, Moretti ha portato avanti imperterrito lo svolgimento della sua biografia. In CARO DIARIO ci ha messo al corrente della sua malattia, ma la successiva guarigione ispirava ottimismo. Qui mette a nudo una malattia dell’anima che ricorda ed anticipa la morte.
Tutto il film sembra muoversi in direzione di un finale tragico. La morte della sinistra ha travolto un’intera generazione che ci ha creduto, ma che vive oggi il dramma di non avere più riferimenti ideali ed identitari se non la nuda biografia di chi ha perso tutto. Potremmo aggiungere con Gaber “La mia generazione ha perso”.
Ma quando tutto è perduto, quando il nostro regista è stato abbandonato dalla moglie ed ha preso coscienza della anaffettività che ha caratterizzato la sua vita, quando il protagonista del suo film sta per suicidarsi, scatta l'illuminazione. “Domani è un altro giorno” dice Rossella O’Hara in “Via col vento”. Il cinema è un'altra cosa dice Moretti. Il cinema è più importante della vita stessa, più vero della realtà. La vita può essere vissuta solo attraverso l’emozione cinematografica.
carlo freccero foto di bacco (1)
Giovanni immagina un nuovo film d’amore in cui i protagonisti vivano quella storia che è mancata a lui. La loro felicità diventa la sua felicità. Ma, soprattutto, trova il finale per il suo primo film, anacronisticamente tragico. Proprio perché non ama le ferree leggi dell’intreccio, quando la storia ha perso la sua direzione, vira verso il musical e la sua riscrittura favolistica della realtà. Il Cinema può risolvere qualsiasi dramma perché non ha debiti col reale.
L’eterna domanda di Moretti “dì qualcosa di sinistra”, si traduce addirittura in un'utopia realizzata. Nella storia alternativa riscritta da Moretti sul dramma ungherese, si realizza il miracolo della conversione dei burocrati del partito. Il Partito Comunista italiano accoglie le istanze della base e diventa un Partito degno di proiettarsi nel futuro e di avere un grande seguito. E tutti vissero felici e contenti.
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Tutto bene? Non proprio. Nel momento in cui sembra affidarsi all'immaginario cinematografico, per risolvere la prosaicità del reale, il film non riesce a decollare. Assomiglia più ad un diario che ad un'utopia. Manca dell'incantesimo che certe immagini intrisecamente belle possono trasmettere scatenando il sogno.
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