giovanni diamanti

“UNO CHE NON ASSISTEREI MAI? IL GENERALE ROBERTO VANNACCI” - PARLA GIOVANNI DIAMANTI (FIGLIO DI ILVO), STRATEGA CHE HA CONTRIBUITO A FAR ELEGGERE SALA, NARDELLA (“CAPACE”), GUALTIERI (“HA ESPERIENZA”), TOMMASI E DE LUCA (“DIVERTENTE”): “SE MANCA LA POLITICA, IL NOSTRO LAVORO È INUTILE” – “QUANDO VINCO FESTEGGIO TANTO, PER I SINDACI DI VERONA E VICENZA MI SONO UBRIACATO PER GIORNI INTERI” – "A LAVORO HO CONOSCIUTO MIA MOGLIE. POI ABBIAMO DIVORZIATO, ORA VIVO CON DUE GATTI…” - VIDEO

 

Estratto dell’articolo di Stefano Lorenzetto per il “Corriere della Sera”

 

giovanni diamanti 5

C’era una volta il kingmaker, «colui che fa i re», soprannome di Richard Neville, conte di Warwick, il quale in Inghilterra, durante la Guerra delle Due Rose, mise sul trono Edoardo IV e poi lo fece deporre, restaurando Enrico VI. Oggi in Italia c’è il mayormaker, «colui che fa i sindaci».

 

Il parallelo storico rabbuia Giovanni Diamanti: «Non credo nei guru, ma nel mio team, Quorum. Il suo brand più noto è YouTrend. Sedi a Torino e Vicenza». Lo fondò con otto soci quando aveva 22 anni. Oggi che ne ha 34 insegna marketing politico all’Università di Padova. Compare spesso su Rai e La7. Suo padre Ilvo è il sociologo e politologo che scrive per La Repubblica.

 

«Sono nato con la sindrome del “figlio di”», ammette il giovanotto. Per superarla a 18 anni si candidò a Vicenza con la lista civica Variati sindaco: subito eletto in consiglio comunale.

È dal 2016 che Diamanti junior non manca un bersaglio. Ha contribuito a far eleggere Beppe Sala a Milano, Dario Nardella a Firenze, Roberto Gualtieri a Roma, Davide Galimberti a Varese, Damiano Tommasi a Verona, Michele Guerra a Parma, Sergio Giordani a Padova e Giacomo Possamai a Vicenza.  […]

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Che cosa ha imparato da suo padre?

«La complessità della politica. Un po’ meno la passione per i numeri. All’università ripetei due volte, forse tre, l’esame di statistica. Alla fine strappai un 18».

 

Esattamente il suo mestiere qual è?

«Consulente per le strategie della comunicazione in ambito elettorale. Non mi piace la definizione di spin doctor». […]

 

Chi fu il primo sindaco a cercarla?

«Nel 2009 mi proposi per le elezioni a Isola Vicentina. Il primo incarico professionale arrivò nel 2012 da Gianni Casarotto, candidato sindaco a Thiene. Non avevo ancora compiuto 23 anni». […]

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Che cosa chiede all’aspirante sindaco?

«“Perché si candida?”. Di solito le risposte sono banali. Mi tocca scavare».

 

Quanto banali? Faccia degli esempi.

«“Hanno insistito”. “Sono vicesindaco”. “Mi sento portato per la politica”».

 

Quindi si candidano per vanità.

«Anche. Ma non l’ex calciatore Tommasi. Rispose: “Perché ho sei figli”. Mi stravolse. Credevo d’incontrare una star, invece trovai un educatore, che ha fondato una scuola per inseguire un ideale».

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Di Beppe Sala che mi dice?

«Al primo turno superò Stefano Parisi di soli 4.938 voti. Si sporcò le mani, girò nei quartieri, pancia a terra. E vinse».

 

Di Dario Nardella?

«È capace di realizzare le cose».

 

Di Roberto Gualtieri?

«Uomo di enorme esperienza e prestigio. Sa usarli nelle situazioni difficili». […]

 

Di Vincenzo De Luca?

«Leadership forte. Molto divertente».

 

Di Nicola Zingaretti?

«Un generoso».

 

Costa caro farsi assistere da lei?

«Si paga un’agenzia che è formata da 20 professionisti. Io preparo il piano, do i supporti strategici. Non seguo la quotidianità, non faccio l’ufficio stampa».[…]

 

Fornite anche i sondaggi?

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«Certo. Per poter elaborare una strategia servono i dati, non i santoni».

 

Chiesi a Luigi Crespi, all’epoca sondaggista prediletto di Silvio Berlusconi: chi ci assicura che i suoi dati non siano inventati? Rispose: «La verifica del giorno dopo. O sono esatti o non lo sono».

«Aveva ragione. Devi intervistare la gente. Se cambi i dati, si vede. E nessuno resta sul mercato dopo molti errori». […]

 

Le chiedono anche il programma?

«È capitato. Non mi sono mai prestato. I politici fanno la politica, gli strateghi fanno la strategia. Se manca la politica, il nostro lavoro è difficile. Anzi, inutile». […]

 

[…] Ai candidati di sinistra impone di non farsi mai vedere in compagnia dei leader nazionali.

«Non lo nego. Ho imparato da Jacques Séguéla, pubblicitario francese di 89 anni. Insegna che si votano le persone, non i partiti. Per un aspirante sindaco avere accanto un volto famoso è più un segno di debolezza che di forza». […]

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Elly Schlein le ha chiesto consigli?

«Ha già un suo staff di alto livello». […]

 

Ha mai lavorato per il M5S?

«Devo fidarmi delle persone, prima di valutare. I 5 Stelle e il centrodestra non stanno in cima alle mie preferenze».

 

Ci sono politici che s’è rifiutato di avere come clienti di Quorum/YouTrend?

«Sì, e non le rivelo certo i loro nomi».

 

Uno che non assisterebbe mai?

«Il generale Roberto Vannacci».

 

[…] Com’è la situazione politica italiana?

«Interessante. Chi si aspettava che Fratelli d’Italia arrivasse a questi livelli?».

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Lei ha dichiarato che il centrodestra sta puntando all’egemonia culturale.

«Cerca d’incidere nel dominio del senso comune. Però un conto è provarci, un altro riuscirci. Nel breve tempo la vedo un’impresa ardua. Anche se può contare su qualche figura di altissimo livello».

 

Chi? Un nome.

«Pietrangelo Buttafuoco, neopresidente della Biennale. Un amico. Lo stimo enormemente, gli voglio molto bene».

 

[…] Che cosa fa quando vince le elezioni?

«Siccome ai candidati mi affeziono tanto, festeggio tanto».

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Fiumi di Prosecco.

«Per i sindaci di Verona e Vicenza mi sono ubriacato per giorni interi».

 

Ma lei è felice?

«Felice e fortunato. Faccio il lavoro che sognavo da ragazzo, con gente che amo. Qui ho conosciuto mia moglie. Vabbè, poi abbiamo divorziato, ora vivo con due gatti, ma resta nel mio team. E ho trovato un’amica che è più di una sorella».

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