PIERINO CONTRO IL PRETINO - CHIAMBRETTI: “FAZIO A SANREMO? IL SUO SUCCESSO È DATO DALLE SUE RELAZIONI, NON DAL TALENTO. L’HANNO DEFINITO “IL RE DEL NULLA”. DOVREBBERO STUDIARLO I SOCIOLOGI. FAZIO È UN CASO PIÙ UNICO CHE FAZIO. NON LO ODIO, ODIARE IMPLICHEREBBE UN SENTIMENTO” - “GRILLO È UN MALE NECESSARIO. È UN VOTO DI PROTESTA, UN VOTO FORTE”…

Alessandra Menzani per il settimanale "A"

Perché è felice in radio?
«La radio è la faccia buona della tv. Non c'è il patema delle 10.05 del mattino, quando arrivano i dati d'ascolto. Servono meno soldi, non c'è trucco, parrucco, l'ospite che non si trova. Con due telefonate fai il programma. È come un articolo di giornale: è facile scrivere di Karl Marx, è più difficile averlo in studio». La radio è il rifugio felice dove il presentatore Mediaset, ex Rai ed ex La7, sta trascorrendo le sue giornate di inizio estate. Felice perché libera dagli ostacoli del piccolo schermo, perché lui, nel profondo, non è presenzialista e perché parla della sua passione, il calcio. Ogni giorno su Radio 2, con Chiambrettopoli, racconta gli Europei 2012.

Sta ricaricando le pile?
«Non si sono mai scaricate, forse non funzionava la macchinetta nelle quali metterle. La tv non si sa più dove farla, a che ora, per quale pubblico, con quali soldi. Non ce ne sono. La radio è meno artefatta, poi. Anche se ricordo un Sanremo che ho fatto sempre su Radio 2: avevo convinto tutti a mettersi lo smoking. Per prendere energia come Luchino Visconti: non girava film se sul set c'erano mobili finti, voleva quelli veri. Quello scantinato di Sanremo era il crocevia di cantanti e di Pippo Baudo».

Alcuni giorni fa in radio da lei, Baudo ha detto: In tv vincono i furbi, Fabio Fazio a Sanremo è una furbata.
«Fazio... il suo successo è di relazioni, non tanto di talento acquisito. L'hanno definito "il re del nulla". Dovrebbe essere studiato dai sociologi negli anni a venire. Fazio è un caso più unico che Fazio».

Non lo ama.
«Mi è indifferente. Amare o odiare implicherebbe un sentimento».

Cosa ne pensa della presenza o meno di gay in Nazionale?
«Questi problemi non dovrebbero nemmeno esistere. Sembra una frase banale, ma tutti sono uguali. Perché non ci si chiede quanti eterosessuali ci sono nell'Inter? Cecchi Paone è un provocatore (ha dichiarato: «Sono stato con un calciatore dell'Italia, in squadra ci sono tre gay, ndr) ma questa non è la strada giusta».

E Antonio Cassano?
«Non ha strumenti per dribblare le parole. Se dice "per me i gay sono normali" pensa di dire una cosa normale».

Come avete trattato il tema in radio?
«Abbiamo chiesto un'opinione a Ringhio Gattuso. La radio è facile. In un quarto d'ora puoi chiamare in Spagna Gattuso, proporre l'audio in cui Pierpaolo Pasolini intervistava nel 1965 i bolognesi Pascutti e Bulgarelli, campioni dell'epoca, e collegarti con il nostro inviato in Polonia».

E la tv?
«Sono legato a Mediaset ancora per un anno, oggi è difficile pianificare i programmi d'autore. Sono confermati per il prossimo anno quelli di "cucina", ossia la tv che va in onda tutti i giorni, certe trasmissioni sono un lusso, come Thiago Silva al Milan. Gattuso ci ha detto: "Berlusconi ha fatto bene a lasciarlo andare via". Si va incontro a una tv senza rischi economici».

I talent show sono un genere diffusissimo. Al ministro dell'Istruzione Francesco Profumo, però, non piacciono. Durante l'Intervista di SkyTg24, al direttore Maria Latella ha dichiarato: «Li seguo poco e mi piacciono pochissimo». Lei come li giudica?
«Non li seguo, come i reality: facendo tv non amo guardarla per non essere influenzato. Ma devo ammettere che i talent, visti i successi canori di tanti ragazzi, sono efficaci. Non si può negare questo fatto, quindi mi sono ricreduto. Se ne dovrebbero fare uno-due l'anno. Non di più. Invece, ci sono gli Amici, ci sono i bambini, gli anziani. E non escludo, prima o poi, il talent dei morti, vedrà.».

In che senso?
«Beethoven contro Mozart, riportati "live" con i medium e poi messi al televoto. Scherzo, ma nemmeno tanto».

Secondo lei i giovani sono quelli rappresentati dalla tv?
«La tv non deve essere meglio della vita. È lo specchio (rotto) della realtà. Ci sono esagerazioni, certo, a volte del meglio, a volte del peggio. La realtà non è tutta come il Grande Fratello ma ci sono tantissimi ragazzi proprio identici a quelli del Grande Fratello».

Profumo crede nel ruolo educativo della tv pubblica, ha citato il Maestro Manzi. E lei?
«I casi sono due. Se la Rai, come fa ora, insegue la tv commerciale per fare budget, gli obiettivi di Profumo restano nel cassetto. Se potesse vivere invece di solo canone e non seguire questo mercato assatanato, il ruolo educativo sarebbe fondamentale. Negli Anni 50 la Rai ha unito il Paese più di Garibaldi, ha contribuito all'alfabetizzazione. Oggi la Rai non dimostra affatto di essere la prima industria culturale italiana».

In Rai, comunque, c'è chi la ama. Il numero uno dell'intrattenimento, Giancarlo Leone, ha scritto su Twitter: "Chiambretti e la Rai sono stati felici. Il tempo proustianamente ritorna e sorprende".
«Lo ringrazio. Da quello che leggo, è un uomo di competenza e passione per la Rai a differenza di tanti che entrano ed escono frettolosamente. Ma non c'è alcun contatto con viale Mazzini, starò a Mediaset fino a conclusione del mandato».

Lei che su Raitre conduceva con Paolo Rossi "Il Laureato" dalle università, che differenze nota tra gli studenti di oggi e quelli di allora?
«È tutto diverso. Le università erano i focolai del pensiero culturale più o meno rivoluzionario. Oggi le passioni politiche sono crollate. Non esiste la militanza, gli anni Settanta sono preistoria. I mammoni? Ci sono sempre stati, oggi si è prolungata la permanenza nelle case dei genitori per motivi economici: il lavoro, gli affitti. Non è che improvvisamente sia scoppiato l'amore genitori-figli».

In tv e non solo, pensa che i migliori siano premiati?
«No. Più ci sono problemi per trovare un posto di lavoro, più crescono nepotismo e aiutini».

Scusi, non il contrario?
«Secondo me no. Se ci fosse un'offerta gigantesca e tanti concorsi e opportunità, ci sarebbe posto per tutti. Invece in cento devono passare dal tombino. I poteri forti saranno sempre più forti: si riproducono e si aiutano. Se prima il banchiere faceva una telefonata per trovare lavoro al figlio, oggi ne fa tre, perché i posti sono meno. E ci rimette magari quello che bravo che non ha appoggi».

Ma è una visione drammatica e pessimista.
«Sì, legata alla giungla in cui viviamo. Lo dice uno che non ha mai avuto una tessera di partito, non ha una famiglia importante, non frequenta salotti e non conosce sottosegretari. Ce l'ho fatta con fortuna e talento. Ma per uno che ce la fa, migliaia stanno a casa. Attenzione: ci sono anche raccomandati bravi. Come diceva Totò in una poesia, solo la morte livella tutti».

E come si fa a raggiungere la meritocrazia?
«Ci vuole l'Apocalisse. Azzerare tutto e ripartire».

Come? Con Beppe Grillo?
«Grillo è un male necessario. Tra l'altro abbiamo lo stesso agente, Marangoni. Grillo ha il pregio di aver fatto riflettere sul fatto che non se ne può più, che è ora di cambiare. È un voto di protesta, un voto forte».

 

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