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L'INTESA DI CAIRO - IL CDA RCS BOCCIA SONORAMENTE L'OFFERTA DI URBANETTO: IL PREZZO È BASSO - MA LOR SIGNORI NON CONTANO UN CAZZO: IL PADRONE DI RCS SI CHIAMA BANCA INTESA CHE HA 300 MILIONI DI CREDITI E QUANDO VUOLE PUO' FARLA FALLIRE - SE CARLO MESSINA CONTINUA AD APPOGGIARLO, CAIRO CE LA FARA' (BASTA CHE AUMENTI UN PO' L'OFFERTA)
1. CORRIERE DELLA SERA, IL CDA DI RCS BOCCIA L’OFFERTA DI ACQUISTO DI URBANO CAIRO
Sonora bocciatura, da parte del cda di Rcs Mediagroup, dell’offerta di Cairo Communication per rilevare l’editrice di Corriere della Sera e Gazzetta dello Sport. Lo si legge senza tema di equivoci nella nota diramata dal consiglio di amministrazione della società che, oltre ad aver espresso “apprezzamento per le prime evidenze sui risultati al 31 marzo 2016, che risultano in netto miglioramento rispetto al pari periodo dell’anno precedente”, anticipando la data di approvazione dei conti a prima dell’assemblea dei soci, ha esaminato la proposta del patron del Torino per rilevare la società.
Innanzitutto c’è la presa di distanza dei consiglieri guidati da Laura Cioli, l’amministratore delegato di Rcs in quota Mediobanca che siede anche nel cda della Telecom Italia di Vincent Bolloré, ovvero l’uomo che lo stesso istituto di Piazzetta Cuccia potrebbe spingere a contrastare la sgradita offerta di Cairo. Il cda sotto la presidenza dell’ex numero uno della Mondadori dei soci di Bolloré, Maurizio Costa, ha tenuto a precisare che l’offerta non è stata concordata, né preventivamente comunicata alla società.
Quindi rileva che il prezzo messo sul piatto da Cairo è basso. Le argomentazioni sono che “il corrispettivo offerto è significativamente a sconto rispetto alle medie del titolo Rcs MediaGroup rapportate alle medie del titolo Cairo Communication a tre, sei e dodici mesi”. Oltre al fatto, del tutto teorico, però, che “la media delle valutazioni degli analisti che seguono la società esprimeva, all’8 aprile scorso, un target price (prezzo obiettivo, ndr) di Rcs pari a 0,81 centesimi di euro”.
MAURIZIO COSTA LAURA CIOLI RICCARDO TARANTO
Infine, altro fatto teorico, la considerazione secondo cui “la media dei prezzi delle azioni della Società nell’ultimo trimestre è stata influenzata negativamente dall’annuncio della distribuzione della partecipazione in capo a Fca, nonché dal protrarsi del negoziato in corso con le banche finanziatrici”. L’analisi, però, non tiene conto delle settimane in cui il titolo è salito in attesa invece di un’offerta di acquisto che poi non è arrivata.
Per non lasciare nulla d’intentato, la nota aggiunge che in ogni caso non è possibile fare un confronto, visto che “la consistenza effettiva del corrispettivo offerto è di difficile valutazione, tenuto anche conto che le azioni di nuova emissione a servizio dell’offerta rappresenterebbero circa tre volte l’attuale flottante del titolo Cairo Communication”.
Come dire: chi ci garantisce che una volta aumentato il capitale il valore di Cairo non si sgonfi? Dubbio che però non si accompagna a una considerazione di buon senso: il titolo Cairo post offerta incorporerà anche gli asset di Rcs, quindi seppure zavorrato dai debiti dell’editrice, dovrebbe aumentare di valore. O almeno, sembra pensarla così la Borsa dove le azioni della società di Urbano Cairo dopo l’offerta hanno camminato al rialzo con l’eccezione della debacle di martedì che ha riguardato tutta Piazza Affari causa dubbi sulla tenuta del sistema bancario.
Quindi il problema più oggettivo. La condizione dell’offerta che chiede una moratoria alle banche creditrici di Rcs, secondo il cda dell’editrice “incide sull’operatività della Società e potrebbe interferire con le trattative in corso con le banche creditrici”. Il consiglio quindi ritiene “che debba essere chiarita la natura e la portata della predetta condizione, tenuto conto che la Società intende proseguire nelle trattative con le banche finanziatrici, con l’obiettivo, auspicabilmente, di portarle a compimento in tempi brevi, considerato che (i) la prosecuzione di detta trattativa è nell’interesse della Società e (ii) i termini e le condizioni della rinegoziazione proposti dalla Società risultano più favorevoli per la Società stessa rispetto alle condizioni del contratto di finanziamento in essere”.
2. CAIRO VINCE FACENDO L' EDITORE PURO (CHE NON VUOL DIRE IMMACOLATO) - DA EX SEGRETARIO DI BERLUSCONI A NEMESI DEL SALOTTO BUONO DI RCS MEDIAGROUP
Giorgio Meletti per il “Fatto Quotidiano”
Se Urbano Cairo stesse scalando la Rcs per conto di qualcuno, i vecchi oligarchi spompati potrebbero tirare un sospiro di sollievo. Ma l' inesorabile disfacimento obbliga all' estremo supplizio: vedere il Corriere della Sera, Sacro Graal del potere economico, in mano a un ex segretario.
Peggio, all' ex segretario di Silvio Berlusconi, il parvenu tenuto per decenni ai margini del salotto buono. I sedicenti capitani d' industria hanno distrutto la propria ricchezza e poi per molti anni hanno difeso il loro potere distruggendo risparmi altrui. La Rcs, nobile decaduta, si è ridotta a inquilina del suo palazzo.
portofino07 silvio berlusconi veronica lario lap
Cairo vent' anni fa si è presentato in via Solferino 24 per la raccolta pubblicitaria dell' inserto Tv Sette, e adesso si prepara a entrarci da padrone. Cairo è un editore puro, perché fa solo quello. Puro non vuol dire immacolato. Era puro Angelo Rizzoli che negli anni 70 consegnò il Corriere alla loggia P2 . Non era puro l' avvocato Agnelli, a cui dopo la P2 Giovanni Bazoli affidò la purezza del Corriere, e che nel 2002, sul letto di morte, chiese a sua volta al banchiere bresciano di vegliare sul Corriere, come su un gioiello di famiglia.
nozze di silvio berlusconi veronica lario
La purezza per gli editori impuri significa non stampare notizie impure, cioè sgradite agli azionisti o agli amici politici e non. Tanta purezza ha messo la Rcs in mano a un patto di sindacato con 13 partecipanti, un condominio litigioso che ha distrutto l' azienda. Dieci anni fa l' amministratore delegato Vittorio Colao, che l' allora presidente Cesare Romiti chiamava con disprezzo "il contabile", voleva comprare La7 per competere ad armi pari con la Mondadori collegata a Mediaset. Colao fu cacciato con ignominia. In dieci anni la Rcs ha dimezzato il fatturato e si è indebitata comprando in Spagna il gruppo editoriale Recoletos, un' operazione che puzza di bruciato da lontano.
Così Cairo trionfa sulle macerie. Si completa la tipica parabola del fattore che s' impadronisce dei tenimenti che amministrava. Nel 1982, 25enne appena laureato alla Bocconi, viene assunto da Berlusconi come assistente e ha inizio una breve ma intensa simbiosi.
Cairo acquista fama di grande lavoratore, primo ad arrivare e ultimo ad andarsene dagli uffici Fininvest di via Rovani.
Vuole la leggenda che tra le sue onerose mansioni ci fosse anche l' assistenza all' attrice Veronica Lario, amante di B. (ancora sposato con Carla Dall' Oglio) e quindi ospitata nella mansarda di via Rovani in attesa di matrimonio.
Il giovane Cairo è ambizioso e ha un concetto di sé così alto che, quando Silvio e Veronica si sposano nel 1990, sceglie come regalo di nozze un proprio ritratto, olio su tela della pittrice Lila De Nobili.
Nel 1991, dopo un solido apprendistato con Marcello Dell' Utri a Publitalia, concessionaria pubblicitaria del Biscione, diventa amministratore delegato della Mondadori Pubblicità. Ottiene ottimi risultati, ma il primo dicembre 1995 viene licenziato, "dalla sera alla mattina", dirà lui. Il dettaglio indicibile è che pochi mesi prima, il 4 luglio '95, l' ormai lanciato manager 38enne chiede il patteggiamento nel processo per false fatturazioni e appropriazione indebita intentato dalla procura di Milano contro 37 esponenti Fininvest, capitanati da Dell' Utri.
Cairo è coinvolto con la sua società Publivis e con ben sette parenti: padre, madre, ex moglie, due sorelle, fratello e cognato. Il pm Gherardo Colombo è convinto di aver trovato le prove di un complesso sistema di false intermediazioni di contratti pubblicitari con cui gli uomini di B. producono grandi quantità di soldi in nero da destinare 1) a se stessi come premio esentasse, 2) ai clienti che hanno comprato la pubblicità per premiare un po' anche loro, 3) a eventuali tangenti.
Cairo rompe il fronte della fermezza, cioè del negare tutto gridando al complotto delle toghe rosse. Chiede il patteggiamento e chiude la partita incassando una condanna a diciannove mesi. Pochi mesi ed è cacciato dal gruppo, carico di soldi e di segreti.
Si mette in proprio, in concorrenza con l' ex padrone. In realtà non è mai guerra vera né dipendenza.
Alla vigilia della scalata alla Rcs Cairo ha incontrato B. ad Arcore, ma non per prendere ordini. La non belligeranza lo accompagna alla quotazione in Borsa nel 2000 e a diventare il concessionario di pubblicità di La7, suo obiettivo fin dal primo giorno.
Strappa al padrone di allora, Marco Tronchetti Provera, un contratto vantaggiosissimo: all' aumentare della raccolta pubblicitaria salgono talmente le sue provvigioni che per La7 diventa anti economico investire sugli ascolti. Cairo cresce.
enrico mentana, alessandra sardoni, urbano cairo
Nel 2005 si compra il Torino e la squadra di calcio completa il suo ritratto, come ha imparato dal maestro.
Quando alla guida di Telecom Italia arriva Franco Bernabè, tocca al fedele Gianni Stella, detto "er canaro" per la delicatezza dei modi, trattare il rinnovo del contratto con Cairo. Lo scontro è talmente duro che la concessionaria rischia di perdere il cliente decisivo.
Vale oltre la metà del giro d' affari, per Cairo significherebbe fallire in due ore. Per raffreddare gli animi interviene direttamente il presidente del Consiglio Berlusconi: in una riunione a palazzo Grazioli ricuce l' accordo garantendo a La7 sei milioni di pubblicità Mediaset: il minimo garantito torna al livello desiderato.
Scavalcato l' ostacolo, Cairo riparte di slancio e tre anni fa si compra direttamente La7. Telecom Italia gliela regala perché perde 60 milioni l' anno e gli dà anche la dote per coprire due anni di rosso. Cairo in sei mesi riporta i conti in pareggio senza toccare un minuto di palinsesto e un euro della dote: "C' erano fornitori che imbrogliavano e anche qualche dipendente infedele", dirà.
melissa satta ed urbano cairo 1b12
Comincia a preparare la grande rivincita e a suo modo la preannuncia: "Ho l' impressione che alcuni editori italiani non siano interessati a vendere. Presidiano uno spazio, per ragioni d' interesse finanziario o politico, per proteggere altre loro attività". Oggi, in Borsa, Cairo Communication vale nettamente più di Rcs. Mentre gli azionisti di via Solferino sacrificavano l' azienda alle loro miserabili lotte di potere, Cairo ha vinto facendo l' imprenditore, l' editore puro. Che non vuol dire immacolato.
URBANO CAIRO
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URBANO CAIRO
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