PRADA: LA MAGNIFICA UTOPIA - IL DIVINO QUIRINO CONTI FULMINATO A MILANO DALLA VISIONE DELLA NUOVA COLLEZIONE DI MIUCCIA - “D’ORA IN POI SARÀ DAVVERO CURIOSO STANARE CHI, DOPO UNA PROVA DEL GENERE, SI OSTINERÀ A DUBITARE CHE QUELLA SIA ARTE; E “LORO”, VERI ARTISTI. CON UNA COSÌ BELLA UTOPIA COME VERA, PRONTA A CAMBIARE LA MENTE, SE NON IL MONDO”…
Quirino Conti per Dagospia
Quale magnifica utopia abita in questi giorni Milano: quale onesta e potente visione del mondo, e del futuro! Se sulla pedana di Prada un'umanità nuova e totalmente affrancata - da limiti, banalità , luoghi comuni - si mostra all'improvviso come possibile, anzi prossima, a portata di mano. Tanto da poterla toccare e così farne parte, condividendola. Anche se solo intellettualmente.
Non diversamente da quando (ma soltanto nella rivelazione di un mondo, e in poco altro), nel '65, a Parigi, Courrèges - l'allievo di Balenciaga -, come in questa preziosa occasione, con una pedana immacolata e silenziosa svelava la modernità di quel tempo e di una stagione (che si sperava pacificata per sempre).
Nel passo piano e sicuro di fanciulle appena create, mai prima tanto intense e poeticamente aggraziate. Proprio come a Milano, sulla pedana della grande Prada.
Quasi, inaspettatamente, tutto fosse all'improvviso mutato, restituendo a ogni cosa la purezza e la dignità del pensiero. Persino in un paese come questo (in realtà sembrava di essere altrove). E nonostante fossimo tutti ancora inzaccherati dalle vicende di quanti (tanti) occupano - neppure abusivamente - le massime cariche istituzionali di Lazio, Lombardia e ora, sembra, Campania.
Ancor più increduli di riconoscersi nello stesso frastornato paese: quello di un cinema impacciato e modesto, di libri premiati prima di essere stati scritti, di eterni convitati, boriosi "concettuali" fanfaroni e "poverelli" dell'Arte. Come fossimo condannati da un destino imperscrutabile al supplizio di una trivialità senza rimedio.
Mentre lì (quasi si fosse dentro una pala seicentesca) radiosi e rilucenti arcangeli - i piedi calzati d'argento - sembravano respingere nel loro sordido inferno un nugolo di maleodoranti dannati. Lì, a Milano, in uno spazio che ne riceveva luce, già come se quel paese non fosse mai stato; come se non se ne avvertisse l'imbarazzo. Orgogliosi, invece, dinanzi a ospiti da tutto il mondo, per quanto stava avvenendo davanti ai nostri occhi.
Pertanto, d'ora in poi sarà davvero curioso stanare chi, dopo una prova del genere, si ostinerà a dubitare che quella sia Arte; e "Loro", veri artisti. Con una così bella utopia come vera, pronta a cambiare la mente, se non il mondo. Simile a una Primavera, un profumato Zefiro o un Fonte d'Eterna Giovinezza.
Senza - Dio ce ne scampi - scomodare addetti e tecnici per immaginare una nuova modernità probabile. Perché già , per chi abbia occhi, lampante in quell'aria, su quella pedana. E solo per il geniale lavoro di una sarta, di una semplice sarta. Come Chanel, o il sarto Balenciaga. Peccato il mondo non lo sappia ancora.
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