“TRITTICO” DELLE MERAVIGLIE – PUBBLICO IN DELIRIO AL TEATRO DELL’OPERA DI ROMA PER IL GIACOMO PUCCINI APPARECCHIATO DA DAMIANO MICHIELETTO, INGEGNO CHE DIVORA IL GIÀ VISTO, CAPACE DI FAR CONVERGERE MUSICA, MELODRAMMA, POESIA, ARTI FIGURATIVE, IN UN’OPERA TOTALE
Anna Cerofilini per Dagospia
La risposta al bisogno di avanguardia come elemento ispiratore capace di far convergere le idee più avanzate, più rivoluzionarie - musica, drammaturgia, poesia, arti figurative - è tutta nel ‘’Trittico’’ di Giacomo Puccini, in scena al Teatro dell'Opera di Roma, per la regia di Damiano Michieletto.
Trittico - Il tabarro - Patricia Racette (Giorgetta), Roberto Frontali (Michele)Trittico - Il tabarro - Un totale, al centro Roberto Frontali (Michele)
Il regista, nato nel 1975 a Scorzé, paese in provincia di Treviso, nutre con la sua poetica la strada diversa intrapresa a Roma, bagliori ininterrotti, rappresentazione dopo rappresentazione, di assoluta meraviglia in cui la storia contemporanea rifiuta l'abbandono alla ripetizione, alla citazione fine a se stessa, al decorativo, rifugio mortale per troppe arti, e guarda con un suo linguaggio di rivolta al futuro.
Michieletto, ingegno dalle meravigliose intuizioni, capace di far dialogare il sublime della musica senza tempo con il presente, sceglie, al suo debutto assoluto al teatro Costanzi, come file rouge il valore della maternità per unire le storie del Trittico pucciniano, ultima opera compiuta interamente dal compositore lucchese.
Trittico - P. Racette (Suor Angelica), V. Urmana (zia principessa)
"Tutti quanti portiamo un tabarro che asconde qualche volta una gioia, qualche volta un dolore..."
La morte del figlio ne “Il Tabarro” - opera in un atto su libretto di Giuseppe Adami, tratto dal dramma La Houppelande di Didier Gold - nutre il tradimento di un amore tra i container di un porto industriale, nel luogo degli ultimi della terra il cuore di Michele, torturato di silenzi, segna la sua fine all'ombra dello stesso tabarro in cui avvolge il corpo senza vita del rivale.
"Creatura mia! Creatura mia lontana! È questa la parola che imploro da sett'anni!"
L'avventura di vita umiliata prosegue nel volto, nelle vesti, nel dolore di Suor Angelica -opera in un atto su Libretto di Giovacchino Forzano - punita nel suo desiderio di maternità illegittima con la monacazione forzata, l'innocente anima vive in un'aria d'inferno implacabile dalla quale è impossibile evadere, i container si tramutano in celle e lavatoi e il desiderio, lungo sette anni, di notizie d'amore di un figlio in suicidio.
Gli abiti raggomitolati e celati nel ventre, mentre la ingannano sulla morte del bambino rendono l'Angelica di Michieletto una pietà intensa, capovolta nell'attimo stesso in cui l'infante piange la sciagura della madre.
"O mio babbino caro, mi piace è bello bello, vo' andare in Porta Rossa a comperar l'anello."
Nell'opera buffa d'ispirazione dantesca, ‘’Gianni Schicchi’’ - opera in un atto, su libretto di Giovacchino Forzano - tra le liti e il brusio degli inganni per accaparrarsi l'eredità di Buoso Donato, il regista immagina l'imminente maternità di Lauretta, elemento che guida il protagonista ad agire con astuzia d'ingegno per preservare l'amore della figlia con Rinuccio, i container tappezzati dai gigli fiorentini tra argenterie, quadri, arredamenti si richiudono su se stessi lasciandoci per un lungo istante visionari.
PUCCINI IL TRITTICO MICHIELETTO
La drammaturgia pucciniana con Michieletto all'Opera di Roma torna ad abbagliare lo spettatore, divora il già visto, l'abitudine ruffiana dello sguardo sicuro al passato, infrange la neutralità che esita e batte un colpo lasciandoci immaginare la bellezza dell'arte che ancora non esiste.