EDITORI IN EMERGENZA - NEL BORDELLO SUI CANONI PER LE FREQUENZE TELEVISIVE, “REPUBBLICA” DEFINISCE PERSIDERA “EDITORE EMERGENTE”, SENZA RICORDARE CHE DIETRO CI SONO DE BENEDETTI E TELECOM, NON ESATTAMENTE DUE PULCINI (OGGI SI CORREGGE)

1. POVERO ESPRESSO EDITORE EMERGENTE

Da “il Fatto Quotidiano

   

TELECOM ITALIA MEDIA TELECOM ITALIA MEDIA

A volte nei giornali la gabbia della pagina è così rigida che impone ai giornalisti tagli drastici ai loro pezzi. A Repubblica, per esempio, ieri hanno dovuto fare un taglio doloroso che ha pregiudicato un po’ il senso del pezzo intitolato “Frequenze tv, rispunta lo sconto a Mesiaset”. Sicuramente nella versione originale dell’articolo c’era scritto che tra gli operatori interessati dalla revisione dei canoni per l’affitto delle frequenze televisive, su cui il governo sta pasticciando con rinvii e guerre di emendamenti, figurava anche Persidera.

 

Cioè la società di proprietà al 70 per cento di Telecom Italia e al 30 del Gruppo Espresso, editore – tra l’altro – di Repubblica. Invece lo spazio è tiranno ed è rimasta solo un riferimento generico a “editori emergenti”. E dire che Carlo De Benedetti sembrava emerso da parecchio...

TELECOM ITALIA MEDIATELECOM ITALIA MEDIA

 

 

2. L’ARTICOLO DI IERI: "FREQUENZE TV, RISPUNTA LO SCONTO A MEDIASET"

Aldo Fontanarosa per “la Repubblica

 

E’ caos sul canone frequenze. E Mediaset è oggi più vicina all’obiettivo che persegue da quasi due anni. E cioè pagare meno, molto meno come fitto allo Stato per le frequenze televisive che utilizza. Nella peggiore delle ipotesi, il gruppo Berlusconi verserà all’erario 13 milioni di euro l’anno (contro gli oltre 20 che ha pagato nel 2012).

 

BERLUSCONI CARLO DE BENEDETTIBERLUSCONI CARLO DE BENEDETTI

Da dicembre, il governo Renzi ha lavorato ventre a terra su questo dossier. Ma ieri, nel momento della verità, è saltato l’emendamento al decreto Milleproroghe, all’esame alla Camera, che avrebbe impresso una svolta alla vicenda. L’emendamento – scritto al ministero dello Sviluppo – avrebbe tolto la competenza a decidere sul canone al Garante per le Comunicazioni (AgCom) e la avrebbe restituita al governo, legittimato così a scrivere una legge in materia. E questa legge, almeno nelle dichiarazioni pubbliche, avrebbe cancellato o quantomeno attenuato ogni sconto a Mediaset e alla stessa Rai. Ma il percorso, caduto l’emendamento di ieri, sembra interrotto.

 

In queste ore ha pesato la volontà del ministero della Economia che ha fermato l’emendamento. Per capire le ragioni di via Venti Settembre, bisogna fare un passo indietro a settembre dell’anno scorso quando il nostro Garante delle Comunicazioni (dove la destra è in maggioranza) riforma le modalità di pagamento del canone (come è in suo potere). La delibera del Garante cancella la norma della Finanziaria del 2000 che aveva imposto agli editori di versare allo Stato l’1% del loro fatturato come canone per antenne, ripetitori e frequenze. Il meccanismo aveva portato Mediaset e Rai a sganciare fino a 20 milioni l’anno, in ragione del maggiore fatturato.

DE BENEDETTI SCARONI BERLUSCONIDE BENEDETTI SCARONI BERLUSCONI

 

A settembre 2014, dunque, il Garante stabilisce che il canone dovrà essere calcolato sulla base delle frequenze che si detengono, e non più in base al fatturato. Per gli editori storici si profila uno sconto; per quelli emergenti una stangata. Sul piano operativo, il Garante rimette l’ultima decisione al governo che potrà scegliere tra due soluzioni. La prima strada prevede che lo Stato incameri meno soldi che in passato dal tributo. Il minor gettito servirà ad alleviare il peso sugli editori emergenti, che arriveranno a versare cifre importanti poco alla volta e non prima di 8 anni. La seconda strada è più brusca. Gli editori emergenti avrebbero pagato subito il massimo – 13 milioni l’anno proprio come Rai e Mediaset – in modo da garantire un gettito complessivo di 44 milioni.

Carlo De Benedetti Marina Berlusconi Fedele ConfalonieriCarlo De Benedetti Marina Berlusconi Fedele Confalonieri

 

Chiamato a scendere in campo, il governo fa una prima mossa a Natale 2014. Un decreto ministeriale (dello Sviluppo Economico) neutralizza la delibera del Garante (di settembre). Questo decreto ministeriale chiede a tutti gli editori di versare un anticipo del canone, in attesa che l’esecutivo vari una legge definitiva. E il 5 febbraio il governo fa la sua seconda mossa: propone un emendamento al decreto Milleprioroghe, in commissione Affari Costituzionali della Camera.

 

Ma subito deflagra la polemica politica, con Forza Italia che accusa Renzi di intervenire solo perché è appena saltato il Patto del Nazareno sulle riforme. L’esecutivo prende fiato e lavora a un secondo emendamento. Ieri sera, però, tutto si ferma per volontà del ministero della Economia. Il ministero ritiene che la delibera del Garante, per quanto imperfetta, assicuri un gettito sicuro all’erario fino a 44 milioni. L’emendamento si limita a trasferire il potere in materia dal Garante al governo, senza certezze sulle entrate. Di qui lo stop. E il caos è servito.

Luigi GubitosiLuigi Gubitosi

 

 

3. L’ARTICOLO DI OGGI: “CANONE FREQUENZE. LE ALTRE TV IN RIVOLTA: SOLO L’ULTIMO REGALO A RAI E MEDIASET”

Aldo Fontanarosa per “la Repubblica

 

Sono in ansia gli editori emergenti della televisione e le nuove società proprietarie di frequenze e ripetitori, dopo il pasticcio all’italiana andato in scena lunedì sera alla Camera. Il canone per il fitto delle frequenze tv rischia di essere più dolce per i dinosauri Rai e Mediaset, più pesante invece per le altre aziende del settore ora che il governo si è infilato in un vicolo cieco.

 

FEDELE CONFALONIERI E ANNA MARIA TARANTOLA FEDELE CONFALONIERI E ANNA MARIA TARANTOLA

Lunedì è caduto miseramente l’emendamento al decreto Milleproroghe che avrebbe restituito all’esecutivo il potere di decidere sul canone al posto del Garante delle Comunicazioni (l’AgCom). Così il governo, deciso a limitare gli sconti in arrivo per i campioni del duopolio Rai e Mediaset, intanto perde il filo delle cose. Con grande dispetto di chi cerca di farsi largo nella giungla televisiva italiana.

 

Marinella Soldi, amministratore delegato di Discovery Italia, conferma i dubbi che ha già confessato il 30 settembre 2014 in audizione davanti ai nostri onorevoli deputati. Inquieta Soldi la delibera del Garante delle Comunicazioni che proprio quel giorno ha imposto i nuovi criteri per il calcolo del canone. Canone che non si dovrebbe più pagare in base al fatturato delle tv (con grande gioia di Rai e Mediaset), ma in ragione del numero di frequenze che si hanno.

 

Tarak Ben Ammar Tarak Ben Ammar

Terzo editore nazionale con il 6% degli ascolti (a settembre), Discovery non possiede frequenze o antenne; dunque le affitta sul mercato ed è buon cliente di Persidera (società di Telecom Italia Media e del Gruppo L’Espresso, al 30%). Ora se Persidera o altre società emergenti dovranno allo Stato un canone maggiorato per le frequenze, saranno tentate di chiedere un aumento ai loro “inquilini” come Discovery. E la Soldi guarda con disagio e ansia a questo scenario che le lascerebbe due sole scelte. Pagare di più, oppure prendere in affitto i ripetitori da altri fornitori («ma questo obbligherebbe a risintonizzare la tv per vedere i nostri canali» come Realtime e DMax).

 

Marinella Soldi Marinella Soldi

Segue la telenovela del canone anche Tarak Ben Ammar che oggi – alla fine del cda di Telecom, dove siede su designazione di Telco – potrebbe incoraggiare Antonello Giacomelli. Lui, Giacomelli, sottosegretario allo Sviluppo economico, ha tentato di prendere in mano la pratica frequenze in questi mesi. Il 29 dicembre un decreto ministeriale ha neutralizzato la delibera settembrina del Garante che sdoganava lo sconto a Rai e Mediaset. Poi Giacomelli ha lavorato all’emendamento del Milleproroghe, ma lo ha visto sfarinarsi e morire lunedì per le incomprensioni con i dirimpettai del ministero dell’Economia.

 

Sempre lo Sviluppo economico ha valutato se affrontare un piccolo scandalo nazionale. Le televisioni dovrebbero versare allo Stato un superbollo. Questi diritti amministrativi sono fissati dal Codice delle Comunicazioni elettroniche (l’insieme delle norme del settore), prima all’articolo 34 e poi all’Allegato 10.

 

MARINELLA SOLDI MARINELLA SOLDI

 Ora le emittenti nazionali pagano convinte, molte locali no. Ritoccare i diritti (come ha fatto il Garante inglese, l’Ofcom) e sconfiggere l’evasione delle locali porterebbe risorse fresche. E il canone frequenze potrebbe essere, di conseguenza, più basso per tutti. Ma anche sul nodo dei diritti il governo esita. Per non dare il colpo di grazia alle reti locali più fragili, per non perdere voti e consenso.

 

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