isabella rossellini

ISABELLA, LA RUGA TI FA BELLA! LE RISATE CON ARBORE, LE STRONCATURE DI RONDI, LA STORIA D’AMORE CON LYNCH, LE CENE CON ORIANA FALLACI (LEI ERA MATTA. "IO MI SENTIVO UN PO’ LA SUA SCHIAVA"), ROSSELLINI MEMORIES: “AI MIEI AMICI AMERICANI CHE SI LAMENTANO DI TRUMP E PARLANO DI “DECADENZA IRREVERSIBILE” DICO: ‘A ROMA C’È UNA DECADENZA COSTANTE E SI STA BENISSIMO’. DON’T BE NUMBER ONE, COSÌ TE RILASSI E VIVI IN PACE”

Malcom Pagani per Vanity Fair

 

isabella rossellini

 

Ora che per studiare Etologia è tornata all’università – «Entro in aula e i ragazzi mi scambiano per la professoressa, quando scoprono che sono lì per sedermi tra i banchi mettono su uno sguardo compiaciuto, sono deliziati dall’avere una nonnina come compagna» – a Isabella Rossellini piace ricordare quando il movimento era uguale e contrario. «A 11 anni marinavo regolarmente la scuola, andavo nei parchi, in città, all’avventura.

 

Mi vestivo, riempivo lo zaino e poi spaventata dalla noia delle lezioni scappavo altrove, magari ad Anzio, in corriera, per vedere il mare. Facevo tanti viaggetti da sola e i miei genitori, disperati, venivano a saperlo soltanto molti mesi dopo». Figlia, madre, nonna, giornalista, attrice e regista tra New York, Londra, Milano, Parigi e Roma. Testimonial e testimone che un solo ruolo e un solo luogo, ai curiosi del 1952, non possono bastare: «Lancôme mi aveva licenziato e poi mi ha richiamato. Adesso sono contenta, esattamente come non ero affranta prima. Mi era dispiaciuto, ma mi dicevo: “Vado in pensione, oppure trovo qualcos’altro”».

 

franco angeli sandro penna isabella rossellini

Ha sempre ragionato in questo modo?

 

 

«Ho sempre desiderato vedere il mondo. Osservarlo andando all’avventura invece di stare sulla sedia. C’è del nomadismo in me, indubbiamente».

 

Dopo l’adolescenza a Roma, andò a New York.

 

isabella rossellini

«Per seguire mia madre, impegnata in teatro a Broadway, con l’obiettivo di dominare l’inglese che, con grande riprovazione casalinga, non avevo ancora imparato. Emigrare in America rappresentava anche una maniera di rimarcare la mia indipendenza e in un certo senso somigliava a una liberazione. Avevo 18 anni, ma i miei fidanzati dovevo tenerli nascosti. Mio padre era gelosissimo, quando sapeva di un ragazzo che mi ronzava attorno dava fuori di pazzo».

 

Si sentiva ribelle?

 

LUCIO DALLA - ISABELLA ROSSELLINI - LUCIANO DE CRESCENZO

«Se ero ribelle, lo ero inconsapevolmente. Per definirmi e cercare un mio preciso posto nel mondo, trovare subito lavoro fu fondamentale. Una volta appresi i rudimenti dell’inglese, il primo a darmi una mano fu Gianni Minà. Gli facevo da assistente, poi passai a collaborare con Arbore che si era inventato L’altra domenica, una trasmissione bellissima per la quale cercava corrispondenti dall’estero. Con Renzo imparai a realizzare le interviste e tantissime altre cose».

 

Cosa, soprattutto?

 

«Il valore della grazia nella parola, della gentilezza, dell’inclusione altrui. Arbore non attaccava mai e sapeva come coinvolgerti. Io non mi vedevo giornalista, ma compagnona. E a Renzo andava bene perché in fondo, fedeli a un umorismo non cattivo, ci somigliavamo. Ci è sempre piaciuto ridere e ridere è stato taumaturgico: ho capito che si poteva non essere per forza torvi e ingrugniti, che si poteva essere allegri. In Italia, dove pure i motivi per essere felici non mancherebbero, l’equilibrio tra allegria e mugugno è sempre labile».

 

Perché?

 

«Se ridi troppo sei uno sciocco, se non contesti, uno stupido. Trovare la misura giusta è difficile». Lei come l’ha trovata? «L’ho trovata? Non so se l’ho trovata. Non sono per niente sicura di avere una risposta per ciascun dilemma».

 

Avere come genitori Ingrid Bergman e Roberto Rossellini è stato difficile?

RENZO E ISABELLA ROSSELLINI

 

«Sì e no. In the big picture, come dicono gli americani, è stato un grande vantaggio. Con loro posso usare soltanto i superlativi. Sono stati due genitori intelligentissimi e simpaticissimi. Due persone piene di talento che mi hanno mostrato la via per saper scegliere bene, anteponendo la curiosità ai soldi, senza essere abbagliati dal successo facile. E non perché denaro e successo non abbiano un valore – tutti li cerchiamo – ma perché se segui soltanto quelli cadi più facilmente. Sa in cosa aiuta davvero la curiosità? A trovare il proprio pubblico».

 

Ricorda il suo esordio al cinema?

 

renzo rossellini sul set di roma citta aperta

«I fratelli Taviani, che papà, pochi giorni prima di morire, aveva fatto premiare a Cannes nel ’77 per Padre padrone, mi proposero di recitare per il film successivo a quella Palma d’Oro, Il prato. Io non volevo saperne. “Non voglio fare l’attrice”, dissi a mia madre e lei “papà è stato il primo a lavorare con i non attori, non devi esserlo per forza, ma non puoi perderti per nulla al mondo l’occasione di lavorare con due artisti, Paolo e Vittorio, che sono anche due persone meravigliose”. Così accettai e quando sul film, che andò male, piovvero le prime critiche, iniziarono anche i paragoni. I confronti impossibili. Se non fossi stata io, figlia del cinema, di Ingrid e di Roberto, sarebbe finita lì. Siccome invece ero proprio io, la stampa si scatenò. E io smisi di fare l’attrice per tanti anni».

 

«Qualche critico, tra gli amici dei miei genitori, mi stroncò per partito preso». Lei non ha mai voluto farne il nome.

 

isabella rossellini blue velvet

«A distanza di tanti anni posso dirlo, era Gian Luigi Rondi. Non tanto per Il prato, quanto per Blue Velvet di David Lynch. Rondi era un uomo di un’altra epoca e in Blue Velvet io interpretavo scene di nudo che lui aveva visto come un affronto ai miei genitori, un atto eretico e blasfemo. Quindi diffuse una parola d’ordine: “non aiutatela, non intervistatela” con l’intento del vecchio zio che vuole riportare la bambina perduta sulla retta via. Come a dire: “Ha fatto male, puniamola e teniamola ai margini”».

 

Ma a lei Blue Velvet, Velluto blu, piacque?

 

«Moltissimo. Il cinema di Lynch è sensuale e violento, ma è straordinario. Ogni tanto scandalizza, come accadde legittimamente a Rondi, ma racconta sempre qualcosa. David è un grande artista».

blue velvet dennis hopper isabella rossellini

 

Lei con Lynch ebbe anche una storia d’amore.

 

«Quando finì me ne accorsi subito. L’avevo raggiunto in aereo e allo scalo, a differenza della volta precedente, non avevo trovato nessuno ad attendermi. Non lui, né qualcuno della produzione. Andai sul set e aspettai più di un’ora prima che mi rivolgesse la parola. Che ci fosse qualcosa che non andava l’avevo capito da sola. Certe cose le avverti senza bisogno di grandi discorsi».

 

Si è mai pentita di qualcosa?

isabella rossellini

 

«Forse di non aver fatto di più. Dopo l’addio a Lancôme, per qualche anno, non ho lavorato più con nessuno. Credevo di restare disoccupata e invece, tra il mio lavoro di testimonial, il cinema e il teatro sono occupatissima. In fondo, come racconta quel bellissimo documentario di Delphine Seyrig, Sois belle et tais-toi, avevo il sogno di molte altre attrici: non certo stare zitta, ma diventare regista».

 

Con Green porno, i cortometraggi sul sesso degli animali poi trasformati in monologo teatrale, ci è riuscita.

 

«Ho sublimato il desiderio solo in tarda età, ma va bene così. Con i Green porno non diventerò ricca, ma soddisfo la mia curiosità e sto con gli animali».

isabella rossellini intervistata

 

Le è sempre piaciuto?

 

«Sempre. Da ragazzina portavo a casa randagi di ogni specie e mio padre mi rimproverava: “Hanno le pulci, non siamo un canile”. Fingeva di arrabbiarsi ma in realtà gli animali piacevano anche lui. Una volta acquistò un canguro che fu poi costretto per ovvie ragioni a cederlo allo zoo di Roma».

 

Dicono che lei ammaestri polli e galline.

 

«Ho preso un Master in comportamento animale e possiedo una fattoria, ma non è che sia improvvisamente diventata San Francesco. Diciamo che mi piace stare con gli animali e che loro sanno che possono fidarsi».

 

Cosa sanno esattamente?

isabella rossellini

 

«Che non me li voglio mangiare. Quindi maiali e capre mi seguono mentre cammino e i polli mi si sdraiano quasi addosso quando mi siedo».

 

Vede che un po’ francescana è?

 

«Tutt’al più serafica. Ho passato l’adolescenza a letto per una scoliosi che mi costrinse a un’operazione pericolosa e a lunghi mesi di inattività. Ero assistita 24 ore su 24 da persone che mi vestivano e mi lavavano, una grande lezione di vita. Da ragazza non mi chiedevo “sarò bella o brutta?, mi trucco o non mi trucco?”, ma solo: “Camminerò ancora?”».

 

Cosa ricorda dei lunghi mesi di immobilità?

 

«La vicinanza di mio padre. Per stare con me aveva rinunciato a lavorare. L’unica volta in cui mi lasciò per andare altrove fu nel maggio ’68. La rivolta del Maggio parigino con quegli slogan icastici “vietato vietare” o “proibito proibire” l’aveva colpito e affascinato. Così partì per Parigi e andò a vedere con i suoi occhi quella rivoluzione che per anagrafe e ascendenza avrebbe dovuto sentire lontana ed estranea e da cui forse si sentiva rigettato».

 

ISABELLA ROSSELLINI BERGMAN INGRID ROSSELLINI

Lei con la schiena ha risolto tutti i suoi problemi?

 

«Cinque anni fa mi sono rioperata e ancora una volta mi sono chiesta: “Camminerò?”. Forse è per questa ragione che non ho fatto ricorso alla plastica facciale. Mi dicono “non vuoi sembrare più giovane?” e io rispondo che basta la parola operazione per terrorizzarmi».

 

Chi le manca oggi, a quasi 66 anni?

 

BERGMAN ROSSELLINI

«Per esempio Oriana Fallaci. Avevamo un rapporto yo-yo. Ogni tanto litigavamo e poi facevamo pace perché Oriana era matta, ma di una simpatia e di una intelligenza irresistibili. Era spiritosa, mi faceva ridere. Non vedeva nessuno e poi, a sera, all’improvviso, mi telefonava. Essendo molto più giovane di lei, ero un po’ amica e un po’ schiava. “Vieni a cena”, intimava e non era un invito, ma un ordine. C’era il piacere di incontrarmi, ma anche l’autorità di chi ti chiede una cosa senza tollerare minimamente il rifiuto. Rispetto alla forza di una donna e alla propria indipendenza, mi ha insegnato molto. La penso spesso e sempre con un sorriso: nonostante nel sentire comune abbia tramandato un’immagine di durezza, lei era buffissima. Veramente buffissima».

 

isabella rossellini

Non negherà che sapesse essere dura?

 

«Non lo nego. Ma era cresciuta all’epoca della guerra e sapeva che la privazione può sempre tornare. Lei alla guerra era sempre pronta. Per motivarmi mi diceva: “Devi andare in guerra” e io mi schermivo: “Ma io non ne ho alcuna intenzione”».

 

Lei ride spesso. Ha imparato l’arte della leggerezza?

 

«Ai miei amici americani che si lamentano di Trump e sconsolati mi dicono: “Siamo in un periodo di decadenza irreversibile” rispondo sempre: “A Roma c’è una decadenza costante e si sta benissimo”. Don’t be number one, così te rilassi e vivi in pace».

LUCIANO DE CRESCENZO E ISABELLA ROSSELLINIISABELLA ROSSELLINI GREEN PORNO ISABELLA ROSSELLINI E GIUSEPPE SCARPITTA ISABELLA ROSSELLINI GREEN PORNO ROSSELLINI E LA MOGLIE

 

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