
“RITA PAVONE AGLI INIZI ERA BRUTTA, BRUTTINA” – NATALIA ASPESI INTERVISTA LA CANTANTE E NON RISPARMIA STOCCATE VELENOSE: “ORA VIVE IN SVIZZERA E, DICONO QUELLI CHE SI SONO RIFUGIATI LÀ CHE È PER POTER TENER D’OCCHIO I LORO SOLDI, IL SUO “PICCOLO” PATRIMONIO DA 50 MILIONI DI DISCHI VENDUTI È DIVENTATO DA 70 MILIONI DI EURO" – IL DISCO “GEMMA E LE ALTRE” CON IL TEMA DELL’OMOSESSUALITA’ TRA DONNE TRASFORMATO IN UN LIBRO, IL MATRIMONIO CON TEDDY RENO AL QUALE E’ ARRIVATA ILLIBATA, ("I MIEI ORMONI FUNZIONAVANO ALLA GRANDE, MA NON VOLEVO SBAGLIARE") L’OPERAZIONE AL CUORE – “NON VADO IN CERCA DI ROGNE, FACCIO LA MIA VITA, E SE MI PROPONGONO QUALCOSA CHE MI PIACE BENE, ALTRIMENTI...”
Natalia Aspesi per repubblica.it - Estratti
La signora parla dei suoi figli come fanno tutte le mamme. Il minore, Giorgio, 50 anni, che lavora come musicista. E il maggiore, Alessandro, 55, che vive a Lugano e fa il giornalista politico alla tv svizzera. E il papà? «È molto confuso, buono a chiederti quaranta volte “domani a che ora vai via?”. Poi ha una mania un po’ strana, io accendo le luci e lui le spegne. Si capisce, ha 99 anni, ovvio che sia così. Però continua ad essere un bel figo!».
E certo, l’hanno prossimo farà cent’anni, povero Teddy Reno, suo marito da 56, era un elegante e raffinato giovanotto del cinema sempliciotto. E lei, signora? «Tra un po’ avrò anche io ottant’anni».
Rita Pavone è una piccola donna scattante, con eleganti pantaloni neri e maglioncino nero, un corpo che è rimasto sottile e pieno di voglia di muoversi. Ve la ricordate Rita Pavone? Quella che cantava Viva la pappa col pomodoro o Datemi un martello a migliaia di copie, e poi i film, Rita la zanzara nel 1966, regia di Lina Wertmüller e Il giornalino di Gianburrasca per la tv. Le ben molto più giovani amiche ancora se li ricordano, che tempi belli erano!
Adesso la Pavone vive in Svizzera e – dicono quelli che si sono rifugiati là che è per poter tener d’occhio i loro soldi – il suo “piccolo” patrimonio da 50 milioni di dischi venduti è diventato da 70 milioni di euro, almeno così si mormora. Tutti suoi, ma proprio suoi, in Svizzera!
Fatti cominciando a lavorare per 1.500 vecchie lire a 11 anni, in una stireria, lei piccolina arrampicata su uno sgabello, una madre, tre fratelli, col padre operaio alla Fiat di Torino. Non era un caso che le donne lavorassero per tutti, e quindi il denaro che lei si è guadagnato è proprio suo e di nessun altro. E sì che agli inizi la prendevano in giro per via di quei 153 centimetri di altezza rimasti fermi lì, e per i capelli rossi, e pure le lentiggini. Era brutta, era bruttina.
Ma, forse, era già così fantastica?
«Avevo visto un vecchio film, Quelle due, in cui Shirley MacLaine e Audrey Hepburn venivano accusate di possibile omosessualità tra donne. Roba proibitissima allora. Dello stesso regista, William Wyler, ero andata a scovare La calunnia, del 1936, dal testo della brava Lillian Hellman: anche qui, l’ombra proibita della peccaminosa omosessualità. Una storia che mi ha fatto piangere moltissimo.
Poi ci ho pensato a lungo e ho deciso di raccontarla io, assieme ad altre storie di donne, dieci. Era la prima volta che scrivevo le parole delle canzoni, musicate da una giovane italoamericana, Carolain, ed è cosi che è nato Gemma e le altre. Il disco uscì nel 1989 ed ebbe critiche anche bellissime. Ma non ha avuto fortuna, forse perché l’argomento era ancora intoccabile. Solo Raffaella Carrà e Corrado riuscirono a farlo ascoltare».
E anche tu, te ne sei poi dimenticata?
«Un po’. Poi ogni tanto c’era chi me lo chiedeva. Ma dicevo: guarda che non l’hanno mica filato in tanti quel disco. Poi un giorno Elisabetta Sgarbi mi ha invitato alla Milanesiana ed è rimasta molto colpita dall’attenzione che riservavo alle donne, e soprattutto da Gemma e le altre. E così mi ha convinta: perché non trasformare il disco in un bel libro? Un libro scritto da me, capisci?, con il mio nome. Mi si è spezzata la gioia in gola, avevo paura di non farcela. Ho mandato i primi appunti alla Sgarbi e lei mi ha risposto: “Sono chicche preziose!’”. A me! A me che tutta quella voglia di sapere si era fermata a quando avevo undici anni, l’età in cui ho smesso di studiare».
(...)
Anche per te quella storia, l’omosessualità e tutto il resto, era piuttosto nuova?
«Devo dirti la verità, io penso che ognuno abbia il diritto di vivere come crede e come vuole. Io ho avuto la fortuna di incontrare sulla mia strada l’uomo al quale ho detto va bene così, e stiamo insieme da tutta una vita. Noi il 15 marzo facciamo 57 anni di matrimonio. E pensa che Teddy aspettava il divorzio e io avevo promesso a mia madre che al matrimonio ci sarei arrivata illibata. I miei figli, quando lo dico, ridono».
E ce l’hai fatta?
«A fare che?»
Ad arrivarci illibata. Io sono molto più vecchia di te, e non ce l’avrei mai fatta...
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«I miei ormoni funzionavano alla grande, ma se li avessi seguiti? Non volevo sbagliare, lo sapevo che lui era l’uomo giusto. Noi ci baciavamo e tutto, ma non abbiamo mai fatto, prima, quella cosa là. Appena arrivavamo sulla soglia uno dei due diceva, ciao ci vediamo domani. Poi dopo il suo divorzio in Messico, abbiamo fatto il matrimonio di coscienza».
Di coscienza?
«È quello che non lo sa nessuno tranne il prete e il testimone. Quel matrimonio valeva dappertutto ma non in Italia, e quindi l’abbiamo fatto anche se qui non valeva. Ma con il matrimonio di coscienza io sono potuta andare a Londra, avere il primo figlio, perché per loro è un vero matrimonio cattolico. Hai capito che casino? Il matrimonio civile l’ho fatto quando in Italia è arrivato il divorzio, nel ’71».
Ma Teddy quando lo avevi conosciuto?
«Nel 1962, avevo appena compiuto 17 anni, avevo avuto anche io le mie storielline, e lui per me era il Signor Ferruccio, il Patron del Cantagiro. Poi ci siamo innamorati e a un certo punto gli dissi, guarda, io non ne posso più, se vuoi che ci sposiamo, datti da fare, vai in Messico e prova. Lui partì e quando tornò io stavo facendo il Cantagiro. Da lontano agitò un foglietto e capii che anche quell’ostacolo lì era saltato. Aveva divorziato. Persi la testa e corsi ad abbracciarlo».
(...)
E come ti trovavi negli Stati Uniti?
«Ho fatto cinque volte l’Ed Sullivan Show e una volta mi esibii dopo Duke Ellington e Ella Fitzgerald. Insomma, avevo avuto un momento di grande popolarità».
E però hai ubbidito.
«Non potevo fare altrimenti. Per la legge italiana la maggiore età era a 21 anni, e io ne avevo 19, ho dovuto fare buon viso a cattivo gioco. Ma ho capito che là il talento vale davvero».
(...)
Come è stato il tuo matrimonio?
«Quando ci siamo sposati tu non lo sai, ma il papà ha fatto un casino. Non è mica venuto al matrimonio. C’era mio zio a far da testimone e ad accompagnarmi all’altare. Mio padre ha capito che con Teddy ci volevamo bene solo quando è nato Alex, a Londra, il mio figlio maggiore. È solo lì che abbiamo fatto pace».
Ma agli inizi, quando tu eri sconosciuta, fu tuo papà ad iscriverti al Festival degli Sconosciuti ad Ariccia...
«Sì, è vero, e ci fu anche una grande litigata del papà con la mamma. Lei disse: ma come andiamo a Roma, con quali soldi? E lui: “Hai messo da parte i soldi per il frigorifero, no?” – perché avevamo ancora la ghiacciaia con l’omino che portava il ghiaccio – “il futuro di nostra figlia non vale almeno il frigorifero?”».
A un certo punto hai smesso di cantare, per otto anni sei scomparsa e sei andata a vivere in Spagna, nel silenzio.
«Non ho mai smesso veramente di cantare. Vent’anni fa avevo deciso di abbandonare perché quello che mi veniva offerto non mi piaceva, non era per me. Poi, forse, avrò anche detto meglio chiuderla qui, lasciando un’immagine bella, e siamo andati a vivere a Maiorca, io e Teddy, otto anni bellissimi. Poi ho accettato un invito di Renato Zero che compiva i 60 anni e mi voleva a tutti i costi. E ho accettato: e cavolo, io canto bene, perché devo lasciare qualcosa che mi piace tanto?».
E ti piace sempre?
«Mi sono fermata solo quando ho cominciato a non respirare e hanno scoperto che avevo due occlusioni. Chiedo di farmi una coronarografia. L’infermiera guarda, non vede niente, tutto è a posto. Il professor Acquistapace – un bel nome – mi dice però la parola santa: “Tossisca”. Io l’ho fatto e hanno visto le macchie rosse. Mi hanno operato al cuore, da qua e qua. È stato orrendo. Ma da allora non ho più smesso di cantare, vado in tournée in Brasile, vado in tournée in Germania, faccio le mie cose, così».
Però non si sente più tanto parlar di te...
«Perché non vado in cerca di rogne, faccio la mia vita, e se mi propongono qualcosa chemi piace bene, altrimenti pace».
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