fabio rovazzi andiamo a comandare

MICA CAZZI, C'E' ROVAZZI! - “IL MIO SUCCESSO? NON ME LO SPIEGO. E’ UN MIX TRA FORTUNA E CAPACITÀ DI CREARE QUALCOSA CHE MANCAVA. COME E' NATO IL BALLETTO CHE SI VEDE IN ‘ANDIAMO A COMANDARE’? ERAVAMO SUL SET DURANTE LE RIPRESE DEL PRIMO VIDEO E QUANDO LA MUSICA E’ STATA POMPATA..." (VIDEO)

 

Manuela Croci per “Sette - Corriere della Sera”

 

rovazzi rovazzi

Cresciuto nel quartiere milanese di Lambrate, 23 anni il prossimo 18 gennaio, nessun tatuaggio in bella vista, baffetti appena abbozzati, allegria disarmante e un tazzina di caffè sempre in mano (quanto ne bevi? «Tanto. Spesso scelgo il decaffeinato, così mi dà solo la sensazione del caffè senza agitarmi»): questo è Fabio Rovazzi, protagonista assoluto della scorsa estate canora.

 

Il suo singolo Andiamo a comandare, tormentone cantato dai bambini e approvato dai genitori per l’assenza di parolacce («L’unica la lascio a J-Ax», scelta astuta), è stato in vetta alle classifiche e ha conquistato il disco d’oro e un quadruplo disco di platino, grazie solo allo streaming online. È la prima volta che accade. E, con l’uscita il 2 dicembre su Spotify e sul suo canale ufficiale di YouTube di Tutto molto interessante, punta al bis.

 

Come si spiega questo successo?

Diventa quasi serio, ci pensa un po’…«In realtà non me lo spiego». Sorride. «Direi che è stato un mix tra fortuna e capacità di creare qualcosa che mancava, un pezzo spensierato».

 

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Scritto di getto?

«Proprio no. Una comicità semplice come la mia richiede per forza una grande attenzione; le parole vanno pensate e utilizzate nel modo giusto, altrimenti si cade inevitabilmente nel trash. E lo stesso vale per la musica. Anche dopo aver buttato giù un testo, mi capita di cambiarlo più e più volte perché non è sempre facile abbinare parole e immagini: entrambi i video delle mie canzoni sono didascalici».

 

Nel video di Andiamo a comandare abbiamo visto un trattore percorrere sommessamente una tangenziale.

«Anche Tutto molto interessante ha avuto le sue difficoltà, come quella di mettere nel video gli aerei».

 

Come sono nate invece quelle spalle e quella testa scrollate all’indietro che abbiamo visto riproporre durante tutta l’estate?

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«Eravamo sul set durante le riprese del primo video e al momento del drop (quando la musica viene “pompata”, ndr) avevamo bisogno di un gesto...Una persona si è mossa così per caso, siamo scoppiati a ridere. È diventato un simbolo. La “dab” (la mano davanti al viso, ndr) di Tutto molto interessante, invece non è farina del mio sacco, la facevano già alcuni calciatori dopo aver segnato».

 

Più complicato è stato di sicuro trovare le parole che terminano in “–ante”?

«Mi sono tuffato nel vocabolario: ho usato tutte quelle che trovavo».

 

E adesso online parte la gara a chi scova altri vocaboli per dar vita alle parodie, così come era successo in estate.

FEDEZ J AX ROVAZZIFEDEZ J AX ROVAZZI

«Alcune sono formidabili, penso ad esempio a quelle in cui i Pantellas spiegano le mie canzoni alla nonna: da morir dal ridere. Altre invece sono delle vere cazzate».

 

Anche il fenomeno-Rovazzi è nato sul web.

«Ho iniziato realizzando video e postandoli in rete».

 

Qual è il social che utilizza di più?

«Adesso, Instagram. Ho circa 800.000 followers».

 

In uno dei suo video, lei era su un tetto di Milano insieme a una “fidanzata” bionda con una benda sugli occhi, a un certo punto le scopriva il viso per mostrarle “il ca... che me ne frega” dei racconti che la fanciulla le faceva sulle sue amiche.

«Era una frase che girava già nel web, aveva fatto circa 120.000 like. Funzionava, così ho deciso di farci girare intorno una canzone».

 

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Ed è nata Tutto molto interessante che, in meno di un mese ha totalizzato 40 milioni di visualizzazioni. Anche questa volta niente parolacce, solo un’allusione non troppo velata.

«Lascio ai genitori l’interpretazione del “ca...che me ne frega”, ciascuno può dare ai figli la sua spiegazione».

 

Furbo.

«I bambini sono super autonomi, navigano e cercano ciò che gli piace. Ai grandi l’onere di stargli vicino. Compreso me».

 

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Vuole dirmi che sente il peso di questa responsabilità?

«Certo. Il web può essere anche molto pericoloso, bisogna fare attenzione a ciò che si dice. E poi non dimentichiamo che ai concerti in prima fila ci sono sempre i bambini, è a loro che parliamo prima di tutto. Una volta c’era la tv, adesso sono gli youtuber a dettare le tendenze. Alcuni sono seguitissimi e dietro qualche minuto di immagini c’è del lavoro: i gamers, ad esempio, giocano, registrano, montano in continuazione. Anch’io faccio fatica a capirli però, che piaccia o no, è il mercato 2.0».

 

A proposito di altri mercati, è appena stato negli Stati Uniti: il suo prossimo singolo guarderà oltreoceano?

«No no, sarà ancora italiano, non mi sono montato la testa».             

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