BORAT ADDIO, IL KAZAKISTAN HA UN NUOVO IDOLO: IL SALERNITANO PASQUALE CAPRINO, IN ARTE SON PASCAL

Francesca Paci per "la Stampa"

C'era una volta il Kazakistan del super cafone Borat, la parodia politicamente scorrettissima inventata dal guitto Sacha Baron Cohen nel 2006 e per niente apprezzata dal governo di Astana. Poi arrivò il salernitano Pasquale Caprino, in arte Son Pascal, e l'ex repubblica sovietica nota anche come Cosacchistan tirò un sospiro di sollievo: dopo la pubblicità comica (ma occhio, pur sempre pubblicità), ecco finalmente un testimonial straniero disposto a rinunciare alla mozzarella di bufala per cantare le meraviglie della steppa in lingua originale.

«In Kazakistan sono ormai famoso come Tiziano Ferro in Italia» ammette Pascal fingendo di schermirsi. Il successo gratifica, e quello di questo 27enne che ha trovato l'America al di là degli Urali racconta, oltre alla sua ascesa, il mondo del nuovo millennio, multipolare in politica ma anche e soprattutto nella produzione culturale.

La storia, che Pascal ricostruirà nel docu-reality «Pascalistan» in onda oggi su DeejayTV, inizia nel 2010, quando lui, stanco di sbarcare il lunario nei pub dell'underground italiano, si trasferisce nella City pensandola ancora la frontiera dei pop-pionieri.

«A Londra lavoravo bene, avevo messo su una cover band che si chiamava Like the Beatles in cui interpretavo George Harrison. Facevamo un sacco di serate, ma non era quello che immaginavo» confessa.

Dopo il braccio di ferro con i genitori per l'addio all'università e il biglietto di sola andata per Heathrow, accontentarsi di reinterpretare all'infinito «Let it be» può legittimamente lasciare l'amaro in bocca: «Non sono snob, ascolto di tutto, da Battiato ai neomelodici napoletani, dai Radiohead a Beyoncé ai Nirvana, ma ho idee e ambizioni. Suono basso, batteria e chitarra, canto e arrangio la musica che scrivo. Nel 2008 in Italia incisi anche un singolo di genere indy, s'intitolava Wasted Time, che significa tempo perso. Una soddisfazione, solo che avevo davvero l'impressione di perdere tempo».

La natia Paestum gli va stretta, Londra, dice, «ha perso l'energia». Poi un giorno, a settembre 2011, Pascal incontra a Roma la kazaka Dina. Un flash: «Ci piacemmo subito. Lei si appassionava alla mia musica, io conoscevo il suo Paese solo per la caricatura di Borat. Aveva un fratello attore famoso, Anuar, una specie di Scamarcio locale. Mi disse che stava organizzando un talent show tipo X-Factor a Almaty e io al volo decisi di essere della partita».

L'ex capitale Almaty è la più popolosa città del Kazakistan, oltre un milione di anime concentrate tra i monti Zailijski Alatau e la frontiera con il Kirghizistan, una terra dove si mangia una lasagna di carne di cavallo detta Beshbarmak e si gioca a Kok-par, 200 cavalieri impegnati a mandare in buca una carcassa di capra decapitata.

Nomi e sonorità ignote per Pascal: «Partii con una sola valigia. Partecipavo al talent show, dormivo sul divano della nonna di Anuar e per mantenermi collaboravo con un istituto geografico che preparava una spedizione in Antartide. Il posto però pulsava, era vivo. Così postai su YouTube una parodia della canzone Englishman In New York di Sting, s'intitolava Englishman In Shymkent, una località kazaka considerata un po' sfigata. Il video era amatoriale, di scarsa qualità, ma fu subito virale, dopo un giorno aveva 10 mila contatti, un record in un Paese di 17 milioni abitanti e appena due milioni di navigatori internet».

La fama ai tempi di internet è fulminea e nel Kazakistan del boom economico si trasforma facilmente da virtuale in reale. «Di colpo mi ritrovai a essere qualcuno, i ragazzi mi fermavano per strada, scaricavano la canzone sul cellulare. In poche settimane le offerte di lavoro si moltiplicarono e un anno fa decisi di trasferirmi a Almaty: ho inciso già tre singoli e ho un'agenda piena di date, in Kazakistan e all'estero per la diaspora. Se a Londra guadagnavo cifre a due zeri, adesso gli zeri sono tre».

Da Salerno lo seguono fieri. Mamma Caprino all'inizio fremeva, ma ora che ha visitato la Mecca del figlio è più serena: «La gente s'immagina un posto fuori dal mondo, pericoloso, non è così. Per strada si vedono vecchie 128 ma anche tante Lexus, c'è una borghesia nuova e nazionalista.

Per questo, nonostante mi chiedano sempre di suonare almeno una volta Soli di Celentano, apprezzano che abbia imparato a cantare in russo e kazako. L'Italia è un mito per loro, la Piovra, Toto Cutugno, la moda». Pascal è l'icona perfetta di un Paese magari un po' naif ma ambizioso, troppo orgoglioso per vagheggiare l'America ma non per ammiccare all'Italia. È l'anti-Borat che vendica i kazaki? Con ironia nostrana probabilmente sì.

 

Pasquale Caprino SON PASCAL IL CANTANTE PASQUALE CAPRINO IL CANTANTE PASQUALE CAPRINO IL CANTANTE PASQUALE CAPRINO Pasquale Caprino SON PASCAL

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