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SERIE DA PRENDERE SUL SERIO – “MIRACLE WORKERS”, IN ONDA IN SECONDA SERATA SU ITALIA 1, È UNA COMEDY AL LIMITE DELLA SATIRA SOCIALE E RELIGIOSA, CON STEVE BUSCEMI CHE INTERPRETA UNA VERSIONE DI DIO MOLTO OCCIDENTALE, ANNOIATA E CONFUSA – SULLA CARTA NON C’È NIENTE DI COMPLICATO O INNOVATIVO, MA TUTTA L’IMPOSTAZIONE DEL PARADISO È UNA BELLA INTUIZIONE. È INTELLIGENTE E GIUSTAMENTE DISSACRANTE – VIDEO

 

 

Gianmaria Tammaro per Dagospia

 

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Qualcuno probabilmente sottovaluta la portata di una notizia del genere. Ma mandare in onda su Italia1 – anche se in seconda serata, post “Le Iene” – una serie comedy come “Miracle Workers” ha qualcosa di inedito e, allo stesso tempo, di straordinario. “Miracle Workers” – sviluppata da Simon Rich e ispirata al suo libro, “What in God’s name” – è una comedy al limite della satira sociale e religiosa, dove Steve Buscemi interpreta una versione di Dio molto occidentale, molto annoiata e molto – diciamocelo – confusa. Vuole distruggere la Terra, dice. Ora basta. All’angelo Craig Bog, interpretato da Daniel Radcliffe, non resta che provare a fare l’impossibile – “un miracolo!” – per salvare l’umanità.

 

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Sulla carta non c’è niente di particolarmente complicato o particolarmente innovativo in questa serie, e va bene, è vero; ma tutta l’impostazione del paradiso, del mondo dei celestiali, così aziendalista, con un vertice, dei dipartimenti, una divisione più o meno precisa dei compiti, che fa tanto catena di montaggio in fabbrica, è una bella intuizione. Senza considerare, poi, la rappresentazione di Dio.

 

C’è una scena – la primissima scena, della prima puntata – in cui è seduto sul divano, davanti alla tv, e fa zapping. Tra tragedie, morte e incidenti, arriva a un notiziario che sta dando l’intervista di un pilota che ha appena vinto una gara e che dice: grazie, Dio.

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Lo manda avanti e indietro diverse volte, velocemente, sorridendo sempre di più, finché non viene interrotto da una delle sue collaboratrici e cambia immediatamente canale. Come un bambino che viene beccato con la bocca sporca di marmellata. O come un adolescente che viene sorpreso in camera sua, con le mani nelle mutande, a guardare un porno. (E che c’è di più pornografico dell’egocentrismo assoluto?)

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Insomma, la versione di Dio interpretata da Steve Buscemi non è quella di Morgan Freeman in “Una settimana da Dio”, che era onnipotente, certo, e anche un po’ autoreferenziale; ma mai così narcisista. Qui Dio è più umano degli umani stessi, e tocca ad un angelo ricordargli quanto anche le cose più piccole siano importanti. C’è un doppio piano di lettura, chiaramente. Quello della storia e quello, metanarrativo, rivolto al pubblico.

 

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Ma è tutta l’ironia sul paradiso, su quanto non sia poi diverso dalla vita di ogni giorno, sulla miseria del lavoro (e non vocazione, attenzione) d’angelo e sulla banalità del bene, del creato e del creatore, il vero punto di forza di questa serie tv. È una comedy intelligente, giustamente dissacrante, che usa paradossi ed eccessi per analizzare, e prendere in giro, realtà e situazioni molto, molto più concrete.

 

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Quanto, per esempio, l’idealismo sia spesso controproducente e anche quanto, allo stesso tempo, sia fondamentale: perché chi è idealista può riuscire a cambiare le cose. I veri protagonisti della serie sono Daniel Radcliffe (e sempre nel primo episodio c’è un momento in cui il suo personaggio, che vede Dio per la prima volta, dice un po’ stupito: e quello sarebbe Dio?; come a dire “ma davvero? Siete proprio sicuri?”) e Geraldine Viswanathan, che interpreta Eliza, un altro angelo che lavora nel dipartimento preghiere; ma è Steve Buscemi con i suoi inserimenti, la sua brillantezza, la sua apparente insofferenza (la stessa, se volete, che mostrava ne “Il grande Lebowski” quando non riusciva a capire, o faceva finta di non capire, quello che stava succedendo) che reggono e fanno funzionare la messa in scena.

 

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Un’ultima nota: in tutta questa idea di Dio, dei “lavoratori del miracolo”, c’è anche un’altra chiave di lettura che è, forse, ancora più interessante. È quella che accosta, e che prova a mostrare, com’è la vita media di un americano medio. Che sì, certo, non sarà un angelo; ma che deve affrontare le stesse cose: richieste impossibili, un capo impossibile; un discreto livello di frustrazione giornaliera. “Miracle Workers” parte stasera, 2 aprile, su Italia1.

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