LE SFUMATURE DI DINO - DE LAURENTIIS È STATO TANTI INDIVIDUI IN UN’UNICA PERSONA. POVERO E RICCO, CIRCONDATO DAGLI AFFETTI E SOLO, VISIONARIO E NAPOLETANO

Malcom Pagani per Il Fatto Quotidiano

Il capitano non usciva fuori a pranzo e sapeva che assumersi la colpa è sempre più onesto che eleggere un capro espiatorio: "Se il film non funziona la responsabilità è del produttore". Ora che la figlia di mezzo di Silvana Mangano e Dino De Laurentiis, Raffaella, progetta di finanziare una biografia del padre da affidare a Marco Tullio Giordana, gli anni passati osservando Kirk Douglas nuotare nella piscina di casa le saranno utili per navigare in mare aperto.

La rotta, romanzesca, è difficile da tracciare. Un viaggio omerico. Tre vite e una sola morte, a 91 anni, nel 2011, con centinaia di film prodotti, Oscar, rivalità (leggendaria quella con Carlo Ponti), passioni e amicizie che adesso planeranno in un ritratto secolare.

Pastaio nell'Italia fascista, attore, confessore degli amori in gramaglie di Pietro Germi nelle trattorie a buon mercato e poi organizzatore di spettacoli al fronte, perché ai malcapitati opposti ai partigiani di Tito "bastava intravedere un culetto per provare sollievo".

In prima linea a suo dire: " Con la consapevolezza dei miei limiti", ma perennemente affamato: "Perché nessuno può veramente capire cosa significhi riuscire a mangiare e poter dire felici ‘lo farò anche domani'". Dino era in lotta. Soprattutto se il corso della vita presentava un guado o pretendeva un'acrobazia. Si reinventava funambolo e sul filo delle macerie (Un amore, una città, un'improbabile fiaba per le platee) metteva in scena il suo applaudito numero da circo.

C'erano volte in cui il copione non funzionava e per il colpo di teatro, l'uomo che portò in sala Totò e Serpico, La Bibbia o Guerra e pace, si piegava al compromesso. Al punto di incontro tra genio e inganno, sinonimi naturali e a certe cialtronesche latitudini, sotto le luci effimere di una macchina da presa, azzardi necessari. Con la prima moglie, Bianca, rischiò di perdere un occhio in una lite: "Allora capii che avremmo finito per ammazzarci".

La lasciò per via epistolare dopo averla abbracciata alla stazione e messa su un vagone letto per il Sestrière, perché i treni non ripassano e Agostino detto Dino (detto da se stesso, s'intende, perché a nessun altro avrebbe lasciato il privilegio di un'invenzione così intima) sapeva quando era il momento di tagliare la corda.

Lo fece all'inizio dei 70, al tempo in cui, assediato dalla burocrazia e con un arco costituzionale avverso che andava dai socialisti al Candido dei fratelli Pisanò, abbandonò il trono italiano per tentare l'incoronazione americana. Tenaci trionfi, scoperte e dolorosi tracolli che non ne piegarono mai l'inclinazione al rischio. Vissuto da ragazzo, giovane soldato in fuga con Soldati.

Lui e Mario, due disgraziati sulle biciclette a cercare rifugio dalle bombe nell'Irpinia post 8 settembre, poi riparati a Capri in compagnia di Longanesi per assaporare il lieto sentimento degli isolani di fronte al conflitto: "Godiamoci in pace questi anni di guerra". Come ricordano Tullio Kezich e Alessandra Levantesi in Dino (preziosa biografia pubblicata da Feltrinelli nel 2001).

De Laurentiis è stato tanti individui in un'unica persona. Povero e ricco, circondato dagli affetti e solo, dietro la scrivania, quando la camicia sudata ha lasciato spazio al doppiopetto e alla firma degli assegni. Per raccontare il cambio di divisa di una recluta (Tutti a casa, ma anche l'epopea del '15-18 con La grande guerra) ha bisogno di Gassman e Sordi. Per strappare il velo all'autarchia tronfia e sciovinista, di Monicelli.

Per farsi dare del visionario, di portare Hollywood sul Tevere, fondare Dinocittà, osare da sé tra autorialità e kolossal. Linguaggi diversi. Senza preclusioni. Da Europa '51 a King Kong. Pensava sempre in grande, lo zio d'America di Aurelio (lo stimava, scorgendo tracce di decisionismo) e all'esagerazione, si dedicò senza pace. Eccedere confinava con l'intuito.

Rimpiangere con il fallimento. Non aveva esagerato (e se rimpianse tacque) il giorno in cui vide emergere da un manifesto elettorale il volto di Silvana Mangano, la abbigliò da mondina per le risaie amare di De Santis e concupita: "Che bei figli potresti darmi" e vestita da sposa infrangendo il sogno di Mastroianni, la amò fino a ferirsi. Da ragazzo Dino lesse che per far strada nel cinema era indispensabile aver divorato almeno 100 libri.

I classici russi, Manzoni e Balzac. Eseguì. Incontrando piccinerie e inattesi atti di coraggio. Gli sono sempre interessati i secondi perché della materia, anche a costo di calarsi i pantaloni come avvenne di fronte a un contratto inaccettabile: "Volete anche il culo?", De Laurentiis era maestro.

Smontava e rimontava abitazioni, residenze, copioni e punti di vista. Faceva volare Flash Gordon e i condor. Anche per tre giorni, se serviva. Come raccontò Oriana Fallaci urlava spesso "facendo tremare il soffitto". Gli accadeva "di essere un poco nervoso" perché andava a letto alle 2, si alzava alle 6, dormendo "con la mano sul telefono".

Fellini lo chiamava Dinone: "Un giorno mi propose di girare Waterloo. Mi resi conto di chi fosse il pazzo. Rispetto a lui ho il buon senso e l'ordine mentale di un impiegato del catasto". Tra un abbraccio, una causa, un film mancato e un vaffanculo ricambiato, gli voleva molto bene. Insieme avevano fatto un bellissimo pezzo di "strada". Non c'era pedaggio, nei rapporti alla pari.

 

Dino De LaurentiisMANGANO SORDI DE LAURENTIIS DINO - DE LAURENTIISMANGANO D marco tullio giordana cannes2003silvano manganomangano silvana

Ultimi Dagoreport

donald trump vladimir putin

DAGOREPORT – PUTIN NON PERDE MAI: TRUMP ESCE A PEZZI DALLA TELEFONATA CON “MAD VLAD”. AVEVA GIÀ PRONTO IL DISCORSO (“HO SALVATO IL MONDO”) E INVECE HA DOVUTO FARE PIPPA DI FRONTE AL NIET DEL PRESIDENTE RUSSO ALLA TREGUA DI 30 GIORNI IN UCRAINA – ZELENSKY COTTO E MANGIATO: “SE NON SEI AL TAVOLO DEL NEGOZIATO, SEI NEL MENÙ” – LE SUPERCAZZOLE DEL TYCOON SU IRAN E ARABIA SAUDITA E LA PRETESA DELL’EX AGENTE DEL KGB: ACCETTO IL CESSATE IL FUOCO SOLO SE FERMATE GLI AIUTI ALL’UCRAINA. MA TRUMP NON POTEVA GARANTIRE A NOME DELL’EUROPA – DOPO IL SUMMIT A GEDDA DI DOMENICA PROSSIMA CI SARÀ UNA NUOVA TELEFONATA TRA I DUE BOSS. POI L’INCONTRO FACCIA A FACCIA…

donald trump dazi giorgia meloni

DAGOREPORT! ASPETTANDO IL 2 APRILE, QUANDO CALERÀ SULL’EUROPA LA MANNAIA DEI DAZI USA, OGGI AL SENATO LA TRUMPIANA DE’ NOANTRI, GIORGIA MELONI, HA SPARATO UN’ALTRA DELLE SUE SUBLIMI PARACULATE - DOPO AVER PREMESSO IL SOLITO PIPPONE (‘’TROVARE UN POSSIBILE TERRENO DI INTESA E SCONGIURARE UNA GUERRA COMMERCIALE...BLA-BLA’’), LA SCALTRA UNDERDOG DELLA GARBATELLA HA AGGIUNTO: “CREDO NON SIA SAGGIO CADERE NELLA TENTAZIONE DELLE RAPPRESAGLIE, CHE DIVENTANO UN CIRCOLO VIZIOSO NEL QUALE TUTTI PERDONO" - SI', HA DETTO PROPRIO COSI': “RAPPRESAGLIE’’! - SE IL SUO “AMICO SPECIALE” IMPONE DAZI ALLA UE E BRUXELLES REAGISCE APPLICANDO DAZI ALL’IMPORTAZIONE DI MERCI ‘’MADE IN USA’’, PER LA PREMIER ITALIANA SAREBBERO “RAPPRESAGLIE”! MAGARI LA SORA GIORGIA FAREBBE MEGLIO A USARE UN ALTRO TERMINE, TIPO: “CONTROMISURE”, ALL'ATTO DI TRUMP CHE, SE APPLICATO, METTEREBBE NEL GIRO DI 24 ORE IN GINOCCHIO TUTTA L'ECONOMIA ITALIANA…

donald trump cowboy mondo in fiamme giorgia meloni friedrich merz keir starmer emmanuel macron

DAGOREPORT: IL LATO POSITIVO DEL MALE - LE FOLLIE DEL CALIGOLA DELLA CASA BIANCA HANNO FINALMENTE COSTRETTO GRAN PARTE DEI 27 PAESI DELL'UNIONE EUROPEA, UNA VOLTA PRIVI DELL'OMBRELLO MILITARE ED ECONOMICO DEGLI STATI UNITI, A FARLA FINITA CON L'AUSTERITY DEI CONTI E DI BUROCRATIZZARSI SU OGNI DECISIONE, RENDENDOSI INDIPENDENTI - GLI EFFETTI BENEFICI: LA GRAN BRETAGNA, ALLEATO STORICO DEGLI USA, HA MESSO DA PARTE LA BREXIT E SI E' RIAVVICINATA ALLA UE - LA GERMANIA DEL PROSSIMO CANCELLIERE MERZ, UNA VOLTA FILO-USA, HA GIA' ANNUNCIATO L'ADDIO ALL’AUSTERITÀ CON UN PIANO DA MILLE MILIARDI PER RISPONDERE AL TRUMPISMO - IN FRANCIA, LA RESURREZIONE DELLA LEADERSHIP DI MACRON, APPLAUDITO ANCHE DA MARINE LE PEN – L’UNICO PAESE CHE NON BENEFICIA DI ALCUN EFFETTO? L'ITALIETTA DI MELONI E SCHLEIN, IN TILT TRA “PACIFISMO” PUTINIANO E SERVILISMO A TRUMP-MUSK...

steve witkoff marco rubio donald trump

DAGOREPORT: QUANTO DURA TRUMP?FORTI TURBOLENZE ALLA CASA BIANCA: MARCO RUBIO È INCAZZATO NERO PER ESSERE STATO DI FATTO ESAUTORATO, COME SEGRETARIO DI STATO, DA "KING DONALD" DALLE TRATTATIVE CON L'UCRAINA (A RYAD) E LA RUSSIA (A MOSCA) - IL REPUBBLICANO DI ORIGINI CUBANE SI È VISTO SCAVALCARE DA STEVE WITKOFF, UN IMMOBILIARISTA AMICO DI "KING DONALD", E GIA' ACCAREZZA L'IDEA DI DIVENTARE, FRA 4 ANNI, IL DOPO-TRUMP PER I REPUBBLICANI – LA RAGIONE DELLA STRANA PRUDENZA DEL TYCOON ALLA VIGILIA DELLA TELEFONATA CON PUTIN: SI VUOLE PARARE IL CULETTO SE "MAD VLAD" RIFIUTASSE IL CESSATE IL FUOCO (PER LUI SAREBBE UNO SMACCO: ALTRO CHE UOMO FORTE, FAREBBE LA FIGURA DEL ''MAGA''-PIRLA…)

giorgia meloni keir starmer donald trump vignetta giannelli

DAGOREPORT - L’ULTIMA, ENNESIMA E LAMPANTE PROVA DI PARACULISMO POLITICO DI GIORGIA MELONI SI È MATERIALIZZATA IERI AL VERTICE PROMOSSO DAL PREMIER BRITANNICO STARMER - AL TERMINE, COSA HA DETTATO ''GIORGIA DEI DUE MONDI'' ALLA STAMPA ITALIANA INGINOCCHIATA AI SUOI PIEDI? “NO ALL’INVIO DEI NOSTRI SOLDATI IN UCRAINA” - MA STARMER NON AVEVA MESSO ALL’ORDINE DEL GIORNO L’INVIO “DI UN "DISPIEGAMENTO DI SOLDATI DELLA COALIZIONE" SUL SUOLO UCRAINO (NON TUTTI I "VOLENTEROSI" SONO D'ACCORDO): NE AVEVA PARLATO SOLO IN UNA PROSPETTIVA FUTURA, NELL'EVENTUALITÀ DI UN ACCORDO CON PUTIN PER IL ‘’CESSATE IL FUOCO", IN MODO DA GARANTIRE "UNA PACE SICURA E DURATURA" - MA I NODI STANNO ARRIVANDO AL PETTINE DI GIORGIA: SULLA POSIZIONE DEL GOVERNO ITALIANO AL PROSSIMO CONSIGLIO EUROPEO DEL 20 E 21 MARZO SULL'UCRAINA, LA PREMIER CERCHIOBOTTISTA STA CONCORDANDO GLI ALLEATI DELLA MAGGIORANZA UNA RISOLUZIONE COMUNE PER IL VOTO CHE L'ATTENDE MARTEDÌ E MERCOLEDÌ IN SENATO E ALLA CAMERA, E TEME CHE AL TRUMPUTINIANO SALVINI SALTI IL GHIRIBIZZO DI NON VOTARE A FAVORE DEL GOVERNO…