SIBILLA, MI FAI UN SAFFO! “BIMBA, DESIDERO LE TUE LABBRA, TI PENSO SEMPRE. MANCAVA ALLA MIA ESPERIENZA QUESTA LUCIDA FOLLIA” - LA STORIA D'AMORE, LA PRIMA TRA DUE DONNE, DELLA SCRITTRICE SIBILLA ALERAMO CON LINA POLETTI, GIOVANE INTELLETTUALE SCAPIGLIATA DI RAVENNA – IL COMPAGNO DI SIBILLA, LO SCRITTORE PIEMONTESE GIOVANNI CENA, CHE NON RIUSCI' AD ACCETTARE “LA PRESENZA INGOMBRANTE” DI LINA CHE POI ENTRO' IN CONTATTO CON ELEONORA DUSE CHE DIVENTERA' IL SUO SECONDO GRANDE AMORE...
Estratto dell'articolo di Alessandra Cenni per “La Stampa – TuttoLibri”
Cenni «Le parole sono tutte usate. Una sola risponde alla realtà e pur non mi appaga: ti penso. Sempre, sempre, sempre, intendi? Ed è terribile. Mancava alla mia esperienza questa lucida follia: questa gioia senza causa e senza scopo, questo dolore nato non so come è che non so come morirà.
Ciò che è in me di crudele è soddisfatto una volta ancora: ancora, posso sopportare la vita, non la vita che tutti intorno vivono, ma quella violenta, tempestosa, abbagliante, che si è compiaciuta di tormentarmi lasciandomi, per la dolcezza altrui, un volto di serenità: ancora sono più forte dell'onda che mi solleva contro il cielo» (Da una lettera di Sibilla Aleramo a Lina Poletti, 1909) La storia d'amore tra Sibilla Aleramo, scrittrice trentenne già celebre e ammirata e Cordula Poletti, giovane intellettuale scapigliata di Ravenna è una sorta di coup de foudre nell'Italia provinciale della Belle Epoque, quando ancora le donne non avevano diritto di disporre dei propri beni né votare.
Si tratta della prima storia d'amore tra due donne - due letterate impegnate nel movimento femminista agli esordi - di cui ci sia documentazione in Italia.
(...)
Il suo compagno, lo scrittore piemontese Giovanni Cena, con cui viveva a Torino, non riesce ad accettare la presenza ingombrante di Lina nella loro vita, armoniosamente condivisa tra libri, studi e nobili imprese sociali.
Il rapporto decisamente si spezza, quando Lina si sposerà con il suo amico Santi Muratori, il bibliotecario della Classense di Ravenna, intellettuale integerrimo che fu per lei un «compagno-scompagno» - così lui stesso si definisce - aiutandola da lontano in ogni contingenza. Gli anni degli esperimenti triangolari dell'emancipata Bloomsbury, di Virginia Woolf e Vita Sakville West, erano ancora di là da venire ed eravamo in Italia.
Lina entrò poi in contatto con Eleonora Duse che diventerà il suo secondo grande amore e con la quale vivrà a Roma e a Venezia, frequentando Rilke e Hoffmansthal, prima di unirsi nel più lungo «matrimonio» della sua vita con la nobildonna imprenditrice Eugenia Rasponi, andando ad abitare con lei nella Rocca di Sant'Arcangelo di Romagna. Mentre Sibilla è una delle scrittrici più apprezzate del nostro Novecento, gli scritti di Lina sono andati praticamente dispersi, a parte quel poco che fu pubblicato in vita, così le lettere e persino le foto ritratto. Le ultime tracce di lei si perdono a Sanremo, dove morì sola senza lasciare eredi.
2. "NON RINUNZIERÒ MAI A TE"
Lettera di Sibilla Aleramo a Lina Poletti, tratta dalla raccolta “Lucida Follia” (ed. Castelvecchi)
Sibilla a Lina (1910)
Lina, Lina, sai tu il sogno ch'io avevo fatto quando presi ad amarti? Io avevo pensato che tu, donna, ti saresti avvicinata più d'ogni altra alla mia, e forse, forse si sarebbe compiuto il miracolo di una fusione assoluta… Era un'idea folle, ma sono felice tuttavia che abbia attraversato sfolgorante il mio cielo. Dopo, ho compreso l'anima tragica dell'amore, di ogni amore. Tu non mi hai fatto male, no. Forse che la vita stessa, con tutte le sue violenze e con tutti i suoi torpori fa del male all'uomo?
Tanta parte di vita ch'io non conoscevo ancora tu m'hai rappresentata. Sei stata e sei, adorabilmente, la giovinezza, ch'io non ho mai avuta, e sei stata e sei la passione, forza distruttiva e creativa insieme, uragano, incendio, e aurora sopra il rinnovato mondo.
Non mi hai fatto del male.
Ti si è almeno palesata l'avidità fondamentale della mia natura? Niente voglio che mi sia risparmiato, né la sommità della gioia né la sommità del dolore. Ma non cerco, sai! Ogni cosa è sempre venuta a me, alla sua ora, e mi ha trovata pronta. Non c'è nella mia vita l'affanno disordinato di chi si lancia incontro alle esperienze e ai pericoli, per provare. I miei rari avvenimenti si staccano vividi sul fondo del tempo e ciascuno ha il suo spontaneo profondo significato. E ogni volta tutto il mio essere è impegnato e io vivo come se fossi nata per quella volta solo. Oh, bimba! Vuoi che determini, nevvero?
Questa volta, dunque, io ho conosciuto il Desiderio. Ho desiderato dapprima di conoscere il tuo mistero e con un'intensità già superiore a quella che m'aveva guidata nello scoprire in amore il mistero d'anime virili: eri la prima donna che amavo.
Ma in breve fui paga. Ti ho vista, Lina, ti ho conosciuta intera, e ti ho amata nel tuo mistero svelato, che era poi un mistero anche più grande. Un giorno ti dirò e vedrai che il mio occhio non falla. Poi, ho desiderato te, l'involucro tuo…Ah! Determiniamo, determiniamo: l'anima intanto sorride, dietro il suo velo.. Sono stata innamorata della tua persona. Non sapevo che cosa volesse dire il fascino di due occhi, di un volto, di una pura linea: non lo sapeva il mio cuore, né il mio sangue. E tu sei venuta. Non m'hai fatto male.
Ma il desiderio, Lina, il desiderio non m'ha più lasciata. E che cosa vuoi dunque che ti dica ora? Vuoi che le mie labbra ti dicano ch'esse desidereranno pur sempre le tue?
Io non rinunzierò mai a te, ecco che cosa ho sentito in questi giorni di tragico scandaglio (...) Io ti desidererò sempre. Tu sarai sempre la sola creatura del mio desiderio, la sola a cui il mio sangue e il mio cervello han detto la divina parola dell'ebbrezza e della gioia.
3. "MI FACCIO CORAGGIO E VI SCRIVO"
Lettera di Lina Poletti a Sibilla Aleramo, tratta dalla raccolta “Lucida Follia” (ed. Castelvecchi)
Lina Poletti a Sibilla Aleramo Ravenna, 7 maggio 1908 Salute, Sibilla, e poi che Voi mi rinnovate l'invito a scriverVi mi faccio coraggio e Vi lancio il grido della mia fraternità dolorosa Ho riletto con commozione profonda, ora che Vi ho conosciuta, il Vostro romanzo; e ogni volta che tra le membrature un po' slegate e neglette dello stile ho visto profilarsi soavemente altero il tipo della novissima ribelle, santificata dal martirio in vista dell'avvenire, la rimembranza del Vostro volto che ho ammirato le tante volte sulle tele quattrocentesche delle gallerie di Firenze mi ha percosso il cuore con un rimescolamento improvviso, radicandomisi sempre più nel cervello la persuasione che molto della Vostra vita sia nel Vostro romanzo
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E vedo ora dalla cartolina che mi mandate l'amore che non poteva mancare in Voi per le immense distese pianeggianti gravide di silenzio e di mistero, deserte sotto il cielo infinito: anch'io, Sibilla, dalla mia pianura sconfinata che si protende al mare inghirlandata di pini, anch'io dalla tragica dolcezza di certe ore che ruinan lente su anta mole di reliquie del tempo antico affannosamente cerco il perché della malvagità umana e urlo la mia rivolta vana contro tutti i soprusi le violenze le mostruosità della nostra vita civile. E nel sentimento di una dignità che non si lascia vilipendere, che sfida con sereno occhio la malignità e la malafede universale per affermare davanti al vizio o alla miseria il proprio diritto all'ascesi del perfezionamento, io Vi saluto sorella; o dolce e fiera Albunea, Sibilla tiburtina.
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