rey star wars

PARACULI STELLARI - “STAR WARS” E’ UN MANIFESTO POP CHE NON CONOSCE CONFINI MA SA BENE COME STRIZZARE L’OCCHIO ALLO SPIRITO DEI TEMPI - IN QUESTE SETTIMANE DI RIBELLIONE CONTRO LE MOLESTIE SESSUALI, LA FIGURA TORMENTATA DELL'EROINA DELLA RESISTENZA REY DIVENTA ICONA DEL NUOVO FEMMINISMO A MANO ARMATA

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Massimiliano Panarari per “la Stampa”

 

Anche se qualcuno degli appassionati ha arricciato il naso e aggrottato il sopracciglio, «Star Wars: Gli ultimi Jedi» sta spopolando in giro per il mondo. E l' ottavo episodio della saga di Guerre Stellari ha raggiunto l'ennesimo trionfo di pubblico già nel primo fine settimana prenatalizio di programmazione.

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Tra spin off e filone principale (composto di una trilogia «originale» e di una prequel, ancorché retrospettiva), questo franchise fantascientifico inventato da George Lucas continua invariabilmente a incontrare uno straordinario successo sin dalla sua genesi nell' ormai lontano 1977. Un periodo che, specialmente negli Stati Uniti, costituisce infatti lo stadio aurorale e inaugurale della cultura postmoderna, di cui il ciclo di Star Wars è uno dei manifesti cinematografici pop per eccellenza.

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Dal punto di vista della capacità di creare mitologie e mondi narrativi questa saga può venire paragonata al ciclo tolkieniano, similarmente fondato sul «manicheismo etico» e sullo scontro di civiltà, rispetto ai quali è doveroso «schierarsi», tra il Bene e il Male.

 

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Così, Star Wars si rivela altrettanto formidabile nel proporre, appunto in salsa postmoderna, una propria cosmogonia (seppure proveniente da una centrifuga di elementi e plot che hanno costellato diverse epoche della storia del genere umano), uno storytelling avvincente, e un universo espanso costellato di rivoli «secondari» di trame - supportato, in epoca di capitalismo del brand, da un floridissimo merchandising.

 

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Guerre Stellari rappresenta un ipertesto estremamente flessibile, capace di adattarsi al momento contingente nel quale esce il singolo episodio, che va quindi ad aderire al peculiare spirito dei tempi di quell'anno. E non stiamo facendo (unicamente, e chiaramente) riferimento alla fotografia, alla computer graphic o agli effetti speciali che si sono via via evoluti nel tempo rispetto alla scena primigenia della pellicola del '77 (Guerre Stellari, successivamente sottotitolata Episodio IV: Una nuova speranza), per incontrare i gusti in transizione dell'audience.

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Ma al fatto che, trattandosi di una (space) opera aperta, e dunque polisemica, ciascuno spettatore può attribuire ai vari tasselli del mosaico i significati che più preferisce - e, così, in queste settimane di ribellione contro le molestie sessuali #MeToo (e di rivendicazione del protagonismo e del coraggio femminili), la figura tormentata dell' eroina della Resistenza Rey, nel cui sangue scorre impetuosa la Forza, assume una perfetta consonanza con l' attualità.

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E insieme a questa abilità metamorfica, la Forza (autentica) di Star Wars risiede soprattutto, e più di ogni altra cosa, nella sua natura di saga «religiosa» ecumenica. Di un sincretismo spirituale assoluto e universalistico (o globale), immaginabile alla stregua di una di quelle interconfessionali «camere vuote» di preghiera che vanno molto in California (e, non a caso, le guerre intergalattiche tra i buoni e i cattivi sono fortemente intrise di New Age).

 

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Nel patchwork-calderone misticheggiante - come hanno evidenziato vari libri (tra cui Il Vangelo secondo Star Wars di Peter Ciaccio e Andreas Köhn, Claudiana) - si ritrovano la speranza di redenzione «contro ogni speranza» giudaico-cristiana, lo gnosticismo della triade «padre-figlio-spirito», il buddismo e il templarismo dei cavalieri-monaci Jedi. E chi più ne ha, più ne metta, per i gusti di tutti i pubblici, verso delle fortune (al botteghino) sempre, e inequivocabilmente, stellari.

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