
‘STO SANREMO FA PIAGNERE – AL FESTIVAL FRIGNANO TUTTI: DA CONTI COMMOSSO PER LA MAMMA AD ANTONELLA CLERICI NEL RICORDO DI FABRIZIO FRIZZI A FRANCESCA MICHIELIN, CHE SI È COMMOSSA PER LA SUA ESIBIZIONE – PIANGE IL BIMBO “NIPOTE DI”, FORSE SOTTO STRESS PER I RIFLETTORI PUNTATI ADDOSSO, E POI CI SONO LE LACRIME COLLETTIVE PER LA CANZONE DI CRISTICCHI – IL "CORRIERE DELLA SERA": “ORMAI NELLA TV DEL (PROPRIO) DOLORE LE LACRIME — COME GLI APPLAUSI — SONO DIVENTATE PARTE DELLO SPETTACOLO: SEMBRA UN PARADOSSO, MA ASSOMIGLIANO ALLA VIA PIÙ RAPIDA PER TOGLIERSI DALL’IMBARAZZO…” - VIDEO
1. IL FESTIVAL DELLE LACRIME DA CLERICI A MICHIELIN
Estratto dell'articolo di Renato Franco per il “Corriere della Sera”
Un Festival da piangere per lasciare il dubbio del giudizio. Ma qui non si tratta di una valutazione, piuttosto di una costatazione: le lacrime sono state finora la cifra più chiara e salata di questo Sanremo che ha puntato dritto al cuore, una freccia appuntita sull’emozione e sulla commozione. A volte spontanea, altre cercata e chiamata, altre ancora inaspettata. […] quando Carlo Conti ha iniziato a parlare (in conferenza stampa) della mamma scomparsa, anche lui, sempre così in controllo, non è riuscito a trattenersi.
[…] quelle di Antonella Clerici nel ricordo di Fabrizio Frizzi; quelle di Francesca Michielin, commossa per l’intensità della sua stessa esibizione; quelle del piccolo Vittorio Bonvicini sul palco con Damiano David. E poi il pianto collettivo — ripetuto la prima e la seconda sera — del pubblico dell’Ariston per il brano di Cristicchi.
Ormai nella tv del (proprio) dolore le lacrime — come gli applausi — sono diventate parte dello spettacolo: sembra un paradosso, ma assomigliano alla via più rapida per togliersi dall’imbarazzo.
2. SANREMO IN LACRIME SI PIANGE ADDOSSO
Estratto dell’articolo di Elena Loewenthal per “La Stampa”
commozione per la canzone di simone cristicchi
Piangono tutti. Il conduttore in conferenza stampa al nominare la mamma, il bambino figlio di amici/parenti sul palco ascoltando Damiano che canta (magari, poverino, semplicemente per lo stress, lassù, sotto quelle luci, con tutta quella gente davanti), l'orchestra quando suona il bambino (un altro), la cantante dopo aver cantato, il concorrente presentando il piatto.
Per carità, che si pianga a Masterchef non è affatto una novità […] la novità di quest'anno, tanto in postazione davanti alla Mistery quanto sopra e sotto il palco del teatro Ariston, è che si piange di commozione. Non di rabbia, delusione, felicità, dolore.
No, si piange perché ci si commuove. Forse. Perché la commozione è fra i sentimenti, anzi gli impulsi (viene prima del sentimento, è viscerale per definizione) più belli che ci siano. È, come dire, il segno primo e più autentico che stiamo al mondo: dentro, e non fuori.
[…] La commozione è lo slancio più sociale che ci sia perché non ci si può mai commuovere da soli, perché esige l'altro da sé. È transitiva, la commozione: significa sentire qualcosa insieme a qualcuno, per qualcuno. […]
Invece, per carità senza offesa e anzi, con tutta l'ammirazione del caso per aspiranti chef, cantanti famosi e consumati conduttori che in questi giorni sudano l'anima, l'impressione è che le commozioni da piccolo schermo siano più o meno tutte su un'altra linea d'onda. Si piange, insomma, più per se stessi, su se stessi e con se stessi che con gli altri. Bambino cugino/nipote di... che, come si diceva, forse piangeva perché si sentiva tremendamente a disagio lì su quel palco con gli occhi di tutti piantati addosso – provare a mettersi nei suoi panni in quel momento mette quasi i brividi e non c'entra l'età.
Piangono tutti di commozione, ognuno a modo suo. Si espongono, mettono a nudo i propri sentimenti, ci dimostrano che sono umani come noi, anzi di più. Sbandierano una fragilità emotiva che buca lo schermo ma che forse non è proprio così spontanea. Che non ha tanto a che fare con la commozione perché è decisamente più autoreferenziale che sociale, perché è più un esibire se stessi che un condividere – parola che, non a caso, porta lo stesso prefisso, quello dopo il quale dovrebbe starci sempre un bel complemento di compagnia.
Invece qui, malgrado le lacrime e gli abbracci, gli sguardi sotto lo strato di trucco, il sorriso malizioso del giudice che guarda, spolpa e assaggia il piatto, malgrado la sua ripetitiva e sempre più prevedibile esposizione, commuoversi è sempre più un brillante ma scontato esercizio di soliloquio.