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LA TWITTATURA DEL MALEDUCATO: COME E’ BELLO MANDARE AFFANCULO MENTANA DOPO IL TG
Vittorio Feltri per "il Giornale"
Enrico Mentana, direttore del Tg La7 , si ritira da Twitter e scoppia un caso. Ieri se n'è occupato persino il Corriere della Sera , in prima pagina, con un articolo dello stesso principe del giornalismo televisivo che ha tentato di spiegare i motivi del gran rifiuto. Confesso: non li ho capiti. Forse Chicco ha fatto dei ragionamenti troppo complicati e me ne è sfuggito il senso. Mi rimane un dubbio: o sono indietro io o è molto avanti lui. Più probabile la prima ipotesi.
Nei giorni scorsi comunque ho letto qua e là che Mentana, pur avendo oltre 300mila follower ( chiamiamoli pure seguaci, persone che lo seguono), si è stupito, con disgusto, di essersi imbattuto sulla Rete in un numero considerevole di cafoni, con i quali, adusi come sono a un linguaggio volgare, è bene non dialogare.
In effetti questo social network è frequentato da una massa impressionante di maleducati pronti a insultare (non solo, ma soprattutto) i cosiddetti Vip. Ai quali non perdonano nulla, specialmente di avere opinioni diverse dalle loro.
Un esempio, tanto per volare bassi, rasoterra: tu scrivi un pensierino, rigorosamente espresso in 140 battute, per dire che la lira era migliore dell'euro? Immediate le reazioni. Mediamente, venti «soci» si dichiarano d'accordo con te,e sette non si limitano a dissentire con un sia pur pallido argomento, ma ti danno cortesemente della testa di cazzo, dello stronzo ignorante e del buffone di corte. Se poi di mestiere fai il giornalista, allora sei anche un servo arricchitosi con i soldi del padrone. Come se i padroni riuscissero a restare tali coprendoti di denaro.
Ammetto, può non far piacere leggere sul tablet una serie di insolenze a te riservate e spesso anonime. La prima volta che capita, ci ridi su. La seconda anche. Ma la centesima suscita irritazione in chi nella vita è abituato a prendersi, e a prendere gli altri, sul serio. Credo pertanto di comprendere lo stato d'animo di Mentana, nel momento in cui ha deciso di uscire da Twitter, ma non condivido la scelta rinunciataria.
O meglio, l'avrei condivisa se indotta da stanchezza, da noia, dal desiderio di non lavorare gratis: uno che campa di parole non è avvezzo a dirne o a scriverne per diletto, ma pretende che gli venga riconosciuto un compenso che, invece, Twitter non dà . Ne so qualcosa.
Chicco, se non erro, non si è defilato per questo, ma proprio perché offeso dalla malacreanza di una robusta minoranza di interlocutori. E ciò dimostra che egli non sa in quale mondo viviamo. Il popolo del Web non è diverso da quello che guarda la tv. La differenza è che se il telespettatore, seduto in poltrona, ti insolentisce perché a suo giudizio hai detto una bischerata, tu non lo senti e, quindi, sei convinto che sia un signore gentile e che magari ti ascolti pieno di interesse.
Se, viceversa, cinguetti online, sei esposto alle repliche di migliaia di iscritti a Twitter, tra cui un'alta percentuale di cafoncelli che non esitano a svillaneggiarti attingendo al vocabolario più triviale. Quando sono soli davanti al loro computerino, gli uomini (e le donne, naturalmente) frustrati e aggressivi non hanno freni inibitori, e si lasciano andare ai peggiori istinti; godono, in particolare, a sfruculiare e oltraggiare le persone di qualche notorietà .
Agiscono per spirito di rivalsa: gliene ho dette quattro a quel cretino che si dà un sacco di arie. Sfogano la rabbia che hanno dentro, prodotta suppongo da una generica e indefinibile insoddisfazione. Si comportano come certi automobilisti, gente magari perbene che, però, chiusa nella scatola di lamiera e col volante fra le mani, assistendo a una manovra sbagliata di un altro automobilista, smarrisce la sinderesi e comincia a sacramentare, irrigidisce l'indice e il mignolo, in segno di corna.
Dopo una giornata di lavoro monotono e talora sfibrante, anche il mite ragionier Rossi, avendone la possibilità tecnologica offerta dal tablet, manda affanculo Mentana (tutti i Mentana che concionano su Twitter) al cui livello, per un attimo, si illude di essere. Non lo giustifico. Ma intuisco che per lui sia un esercizio liberatorio, simile a quello dei tifosi da stadio che urlano ai giocatori della squadra avversaria: «Dovete morire». Twitter non è tutti noi però ci somiglia.
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