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IL CINEMA DEI GIUSTI – COME PENNUTO ERA MEGLIO “BIRDMAN” MA “UN PICCIONE SEDUTO SU UN RAMO RIFLETTE SULL’ESISTENZA” È IL TIPICO FILM PER ULTRACINEFILI VECCHIO TIPO. INSOMMA, MATTONATE DALLO SCHERMO

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Un piccione seduto su un ramo riflette sull’esistenza di Roy Andersson.

 

Marco Giusti per Dagospia

 

 

Ovvio che sia come film sia come pennuto era meglio Birdman, ma al Festival di Venezia non vince mai il film migliore, ma il più cinefilo o quello che mette d’accordo un po’ tutti i gusti. Un piccione seduto su un ramo riflette sull’esistenza dello svedese Roy Andersson, che molti già davano come vincitore del festival lo scorso settembre e che infatti ha vinto, è il tipico film per ultracinefili vecchio tipo.

 

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Anche originale e divertente, forse un po’ lungo e un filo ripetitivo, ma certo ben costruito nelle immagini. Il titolo, molto buffo, è ripreso da un quadro di Pieter Bruegel il Vecchio del 1565, “I cacciatori nella neve”, e riflette un po' il tema buffo e filosofico del film. Il piccione, come il regista, insomma, riflette sul genere umano e sul perché dell’esistenza. Buona fortuna.

 

un piccione seduto riflette sull esistenza film svedeseun piccione seduto riflette sull esistenza film svedese

Tutto costruito con lunghi piani fissi dove Andersson mette in scena piccoli, piccolissimi e grandi sketch surreali sull'esistenza umana, un po’ Beckett un po’ cartoon, è un lavoro complesso, quattro anni di lavorazione, di un regista che ha realizzato esattamente quel che aveva in testa.

 

Andersson, ormai settantenne, ha lavorato per venticinque anni nella pubblicità, i suoi lavori svettavano al Festival dei Lyons di Cannes, e lì ha perfezionato questa tecnica di grandi tableaux dai colori pastellati dove si muovono come marionette i suoi tristi personaggi e i suoi animali, veri o impagliati.

un piccione seduto su un ramo riflette sulla sua esistenzaun piccione seduto su un ramo riflette sulla sua esistenzaun piccione seduto su un ramo riflette sull’esistenza di roy andersson. pigeonun piccione seduto su un ramo riflette sull’esistenza di roy andersson. pigeon

 

Dalla pubblicità è tornato al cinema dove ha fatto di questi sketch le pedine dei suoi film, pensati come grossi puzzle, e nel 2000 ha così trionfato a Cannes. E ben quattordici anni dopo si ripete a Venezia. In questo caso c’è pure uno straccio di trama. Seguiamo infatti le tristi avventure di due venditori di giocattoli a Gotemborg, anche se Andersson divaga subito con una serie di film nel film, parte sogni parte altre cose, che devono costruire e dare un senso al tutto per formare un quadro apocalittico della nostra esistenza.

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Ma sempre ironico. "Va tutto bene", dice un vecchio ricco signore alla cornetta del telefono mentre stringe una grossa pistola da aspirante suicida nell'altra mano. E va tutto bene anche per una ricercatrice di laboratorio, mentre una macchina infernale manda scariche di elettroshock a una povera scimmia.

 

O la lunga sequenza dove un esercito di soldati colonialisti di inizio 900 chiude dentro una specie di macchina musicale gigante degli schiavi incatenati. Poi i soldati danno fuoco sotto alla macchina che si muove come un girarrosto emettendo una melodia mentre un gruppo di vecchi ricchi guardano lo spettacolo.

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"Ho fatto un sogno terribile", dice uno dei due venditori di giocattoli. Il senso della vita, e del cinema, è quindi quello del divertire, dell’intrattenere a discapito di ogni orrore? Magari è un po' lento, ha già diviso non poco i critici, ma non si rimane indifferenti di fronte a questa complessa macchina per farci ridere. In sala dal 19 febbraio.

 

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