IL CINEMA DEI GIUSTI - “UN RAGAZZO D’ORO” DI PUPI AVANZI, CON SCAMARCIO E SHARON STONE E’ DAVVERO IMPERDIBILE PER GLI ADORATORI DEL TRASH SU GRANDE SCHERMO

Marco Giusti per Dagospia

 

Un ragazzo d’oro di Pupi Avati

 

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Ci siamo. La stagione entra nel vivo. Rifiutato da Venezia, passato al mercato di Cannes in maniera del tutto indifferente, ci arriva tra capo e collo quello che potrebbe essere il capolavoro di Pupi Avati, anche perché è anche un film teorico sul cinema e sui generi. Si tratta di "Un ragazzo d'oro" con Riccardo Scamarcio e Sharon Stone. Oro puro. Teorico perché il padre scomparso del personaggio di Scamarcio è uno di quegli sceneggiatori della commedia sexy italiana ultratrash amati da "certa" critica giovane (ci siamo...).

 

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Il suo capolavoro, che la mamma Giovanna Ralli vede in tv e trova pure divertente, è addirittura "Dove vai se il vizietto non ce l'hai?" con Renzo Montagnani e Alvaro Vitali. Il suo studio è pieno di foto di attori del genere sexy comico, da Lino Banfi a Edwige Fenech. Che meraviglia... Questo genio della sceneggiatura, tale Achille Bias, nome fittizio, si è ucciso a 65 anni (ma a quanti anni ha scritto quel film? Sono tutti dei primi anni '80...), così il figlio, che non ha mai capito il lavoro del padre né tantomeno amato quel genere di cinema, torna da Milano a Roma per il suo funerale.

 

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Eppure... Scamarcio, tornato nella casa paterna con mamma Giovanna Ralli (che non ha 65 anni...), scopre che il padre aveva un'amante più giovane (e di parecchio) e ancora in forma, certa Ludovica, addirittura Sharon Stone vestita Fendi in trasferta italiana, e scopre che il padre nascondeva una vena più alta e interessante, aveva cioè scritto anche soggetti e sceneggiature diciamo d'autore. Da far produrre a Fandango, insomma.

 

Addirittura una prima sceneggiatura, ideata a solo 25 anni, per un film, "L'amore rinnegato", che avrebbe dovuto dirigere Enrico Maria Salerno se non avesse avuto il successo che ebbe con "Anonimo veneziano" (apoteosi...). Il giovane Scamarcio, anche se scocciato di capoccia e fidanzato con una corrucciata Cristiana Capotondi che fa la farmacista a Milano (boh?), decide di onorare il nome del padre e, con l'aiuto di un giovane cinefilo esperto in commedia sexy (esistono...), dopo un burbero avvio ("Non sarai di quelli che più un film è di merda e più gli piace?"), ritrova i pezzi mancanti del padre.

 

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Ma il film che il regista amico del padre, tal Beppe Masiero, sorta di sotto Mariano Laurenti adorato da Tarantino e da certi giovinastri cinefili delle brigate trashiste, ha appena tratto dalla grande sceneggiatura di papà, è una terribile commediaccia zozzona e il figlio si incazza pesantemente di fronte al pubblico ("Mi vergogno di questo film!") che lo prende per matto e al regista che dichiara alla stampa presente: "pensa come lo amerà il mio amico Tarantino!".

 

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Aiuto!! Scamarcio, allora, forte della complicità e dell'amore di Sharon Stone, sempre vestita Fendi, si mette lui a scrivere il grande romanzo paterno. Impazzisce nell'operazione, lo rinchiudono in manicomio, ma farà vincere al padre, defunto, un tardivo Premio Strega con tanto di diretta tv con Achille Romita. Malgrado le visite della Stone e della Capotondi, Scamarcio deciderà di vivere in manicomio.

 

Cultone totale come ai bei tempi, è anche un grande film teorico sul rapporto di Pupi Avati, che aveva iniziato il cinema come aiuto di Piero Vivarelli in “Satanik”, con la serie B e gli adoratori di Tarantino. Anche se qui siamo più, come regia e dialoghi, davvero dalla parte di Tarantini (Michele Massimo). Senza offendere nessuno.

 

Però. Non si capisce perché Scamarcio scriva sempre in pantofole. Imperdibile proprio per gli adoratori del trash. Per inciso, lo sceneggiatore di "Dove vai se il vizietto non ce l'hai?", diretto da Marino Girolami, è Carlo Veo. A Cesare quel che è di Cesare. Ha scritto pure "Kakkientruppen". In sala dal 18 settembre.

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