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ORNELLA VANONI MEMORIES: VOLEVO FARE L’ESTETISTA. A MINA DEVO LA SCELTA DI FARE MUSICA POP. CI CHIAMAVANO BODY E SOUL. IO ERO L’ANIMA - STREHLER NON MI PERDONO’ MAI DI AVERLO LASCIATO – L’ERRORE? VENNE DA ME TONY RENIS E INIZIO’ A CANTARE: SEI GRANDE, GRANDE, GRANDE. GLI DISSI CHE NON L’AVREI INCISA. E LA CANZONE FINI’ A MINA…” – POI PARLA DI PAOLI, SINISTRA E VELTRONI… - VIDEO

 

 

 

VANONI MINAVANONI MINA

Marco Molendini per il Messaggero

 

«Body and soul, come la grande canzone americana. Corpo e anima, ci chiamavano così: io e Mina».

Lei era il corpo, Ornella?

«No, l'anima».

Eppure, fra le due, la più sensuale era lei.

«Però lo dicevano riferendosi al modo di cantare, perché io ero più interpretativa, più attrice di scena, lei giostrava con le mani. Era il solito vizio di alimentare la sfida alla Bartali-Coppi. Io ero Bartali, lei Coppi. Ma non eravamo nemiche, piuttosto amiche. E, a Mina, devo la mia scelta di fare la musica pop».

 

Era uscita dal juke box del Musichiere nel 59: una bomba.

«Un giorno la vedo in piazza Beccaria, a Milano, sorridente e felice su una spider. Io, allora, facevo le canzoni della mala e mi sono detta: quasi, quasi faccio la musica leggera».

ornella vanoniornella vanoni

 

La casualità è stata importante nella sua vita?

«Volevo fare l'estetista, curare le ragazze con l'acne, di cui soffrivo anch'io. Avevo imparato a bucare i brufoli con un ago elettrico. Chiesi a mio padre se mi aiutava a partire con uno studiolo, mi rispose: Col tubo che te lo faccio aprire».

 

Dallo studiolo da estetista al Piccolo di Milano di Strehler il passo non sembra breve.

VANONIVANONI

«È stata un'amica di mia madre a suggerirmi di fare l'attrice, perché avevo una bella voce. A Milano, dove vado? Feci un'audizione al Piccolo, paralizzata dalla mia timidezza. Ma, durante il provino, fra i tanti borbottii, si alzò una voce: Attenzione, qui c'è qualcosa di interessante. Era la grande Sarah Ferrati. Fui presa e poi ho incontrato Strehler».

 

Fu grande scandalo, nell'Italia bacchettona degli anni 50.

«Figuriamoci: lui era sposato, di sinistra e artista. Io avevo 18 anni. Giorgio non mi faceva recitare: bastava già la nostra relazione. Però lo accompagnavo quando preparava la regia delle opere liriche e canticchiavo. Mi sentì Fiorenzo Carpi, suo grande amico, e mi fece fare un Carosello.

 

Cantavo: Bocca fresca, denti sani tutto il giorno con Colgate con Gardol. Fu il mio debutto a cui seguirono le canzoni finto populiste francesi che riempivano i cambi di scena dei Giacobini di Federico Zardi. Tremavo, per me era un incubo. Strehler mi disse: hai grande talento, ma non hai i nervi per questo mestiere».

 

Il Maestro ha sbagliato, visto che dopo sessant'anni è ancora in pista.

ornella  vanoniornella vanoni

«La paura di andare in scena l'ho superata tardi, da una ventina d'anni. Ora restano l'emozione e il piacere. Per timidezza spesso ho ecceduto, sono stata aggressiva, come quando andai da Lucio Ardenzi. Non lo conoscevo, ma mi avevano detto che era il più grande impresario teatrale italiano. Suono alla porta e lo investo così: Lei non sa che sono una grande attrice».

 

Lucio Ardenzi la ascoltò. Vi siete addirittura sposati.

«Non è stato un gran matrimonio. Un giorno entra a casa, io ero nella vasca, e mi fa: reciterai nell'Idiota. Sono andata in panico. Durante le prove, a Modena, la compagnia si riunì a mia insaputa perché prevedeva il disastro. Venne Giorgio Bocca e fece un pezzo negativo. Ardenzi mi affrontò e, praticamente, è come se avesse girato l'interruttore giusto. Il giorno dopo ero considerata una rivelazione».

 

ornella   vanoniornella vanoni

Quando sposò Ardenzi stava con Gino Paoli.

«La prima volta lo vidi a casa del padre di Mogol, Mariano Rapetti. Ero appoggiata a un tavolo tutta vestita di nero stile Rive Gauche, quando arriva un altro tutto nero, occhiali compresi. Ho sentito una scossa. Mi è successo sempre così quando ho incontrato un talento affine. È capitato anche con Hugo Pratt, il più affascinante di tutti».

 

Con Paoli avete continuato a sentirvi, con Strehler invece finì male.

«Con Gino ci siamo detti che, se arriveremo ai 90 anni, faremo un altro concerto assieme. Giorgio l'ho lasciato io e non me l'ha perdonato, era innamorato. Mi disse: ti odierò tutta la vita. E, infatti, praticamente non ci siamo più parlati».

 

Nostalgia di quei tempi?

ORNELLA VANONI E GIORGIO STREHLER ORNELLA VANONI E GIORGIO STREHLER

«Come si fa a non averla? Gli anni 60 sono stati i più belli, dico quelli prima delle barricate coi mobili degli altri. Milano era da impazzire. Oggi è difficile accettare tutta questa violenza, questa maleducazione. Non ci sono più riferimenti. La sinistra è impazzita, ti costringono a votare centrodestra. E poi questa classe politica che non molla mai. Veltroni ha fatto la cosa giusta, scrive libri, fa film, fa la sua vita».

 

Ornella, dopo tanti anni di scena, ha ancora voglia di cantare?

«La musica è come un amante, se stai lontano per un po', poi gli salti addosso. Non vedo l'ora di tornare in giro con i miei jazzisti, sono i migliori. Anche Gino ha incontrato quel genio di Danilo Rea ed è addirittura migliorato. Adesso faccio un'apparizione nello show di Fiorella Mannoia su Rai 1, canto all'Arena con Elisa e ricomincio coi concerti. Il 28 ottobre sono alla Scala: una serata per Strehler che si chiama Mala, Brecht e le mie canzoni».

 

GINO PAOLI E ORNELLA VANONI GINO PAOLI E ORNELLA VANONI

Un ritorno alle origini.

«L'avrei chiamata: Sono nata qui. Dopo I Giacobini, il maestro Gino Negri lanciò l'idea: devi fare le canzoni da cortile. Strehler lo corresse: meglio le canzoni della mala. Ma, siccome non c'era una tradizione popolare milanese, le scrivemmo, chiamando Dario Fo, Negri, Carpi. Un giorno a Roma, ero al ristorante con Monica Vitti e Antonioni, un posteggiatore mi riconobbe: Lei è quella della mala! e cantò Le Mantellate. L'ho scritta io, gli dissi».

 

La casualità delle scelte le ha portato fortuna. Ma quanto hanno pesato gli errori?

GINO PAOLI E ORNELLA VANONI GINO PAOLI E ORNELLA VANONI

«Non lo so, ho sbagliato spesso. Ricordo quando venne da me Tony Renis: senti questa, mi fece. E cominciò a cantare: sei grande, grande, grande. Gli dissi che non l'avrei mai incisa e la canzone finì a Mina a cui, in compenso, sfuggì L'appuntamento».

 

Tornando a Mina, le invidia la scelta di scomparire?

ORNELLA VANONI RENATO ZEROORNELLA VANONI RENATO ZERO

«Mina è il mito che non appare, ma io adoro il contatto con il pubblico, mi piace intrattenere. Non ci rinuncerei mai».Ornella Vanoni fra pochi giorni, il 22, compie 83 anni, ma assicura: «Io vengo da una famiglia longeva, ho una zia che è arrivata a 105 anni, mia madre è morta a 99 anni».

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