VOGLIO VEDERCI CHIARI - “IL WALTER CHIARI DI RAI1 NON ASSOMIGLIA NEMMENO PALLIDISSIMAMENTE AL VERO” - TATTI SANGUINETI, BIOGRAFO “UFFICIALE” DEL COMICO VERONESE, SMONTA LA FICTION PRODOTTA DALL’ONOREVOLE BARBARESCHI: “UNA FARSA” - CON FINALE TRASH: “LO FANNO MORIRE IN CASA IN MEZZO A UNA NEVICATA IMMAGINARIA. A LUI, CHE DI “NEVE” NE HA TIRATO QUINTALI” - IL FIGLIO DI WALTER SMENTISCE LA STORIA DEL NONNO “AGUZZINO FASCISTA” - TATTI: “LE INFORMAZIONI SUL PADRE DI WALTER DOCUMENTATE E CONFERMATE”…

Maria Giulia Minetti per "la Stampa"

«Grossolana, fuorviante, superficiale, farcita di errori, crivellata di omissioni...», a Tatti Sanguineti, biografo «ufficiale» di Walter Chiari - gli ha dedicato anni di ricerche d'archivio, decine d'ore di interviste, un'infinità di pagine scritte che adesso si stanno trasformando faticosamente in libro - a Sanguineti, dicevamo, la fiction di Raiuno non è andata giù. Tanto gli è rimasta sul gozzo, che ha spedito una lettera all'Ansa il cui incipit è addirittura intimidatorio: «Il Walter Chiari della fiction di Luca Barbareschi non assomiglia nemmeno pallidissimamente al vero...».

Proprio tutto sbagliato?
«Tutto».

Mi faccia qualche esempio.
«Per esempio Walter viene mostrato con in mano un cannello della fiamma ossidrica, operaio in fabbrica nel 1948. Dopo la guerra Walter era già famoso, altro che operaio! In fabbrica, all'Isotta Fraschini, c'era stato poche settimane "all'inizio della guerra", nel 1940. Era al reparto finissaggio, e maneggiava una lima!»

Già famoso nel 1948?
«Girava l'Italia con Marisa Maresca, la soubrette più celebre di allora. E loro lo mettono in fabbrica! Ma c'è ben altro...».

Ovvero?
«Walter era figlio di un aguzzino fascista. Un brigadiere della Pubblica Sicurezza che nei sotterranei della Questura di Verona uccise a nerbate due antifascisti. Un torturatore. L'origine modesta e la vergogna per le azioni del padre sono la molla dell'aspirazione costante di Walter a elevarsi. A cercare da una parte figure paterne che sostituiscano il padre vero, dall'altra a temere la paternità. La fiction era una buona occasione per spiegare l'origine della sua comicità, tutti i comici hanno dentro uno zoccolo tragico: cosa li spinge a cercare la benevolenza delle gente, a fare ridere il pubblico, divertirlo? Cosa c'è dentro Walter?»

Invece la fiction se n'è infischiata?
«Non compare la famiglia! Né madre, né padre, né sorella, né fratello. Quando invece la famiglia è stata fondamentale nella sua formazione. Senza mostrarlo in famiglia non si può capirlo».

Cos'altro manca?
«Mancano i suoi padri adottivi, quelli che lui si sceglie come esempi da ammirare, come mentori. Manca Marcello Marchesi, autore dei suoi sketch più riusciti, manca Mario Soldati, ridotto a una macchietta... Manca Metz, mancano Terzoli e Vaime, mancano tutti i cervelli che hanno lavorato con lui».

Roba inventata di sana pianta ce n'è?
«C'è una specie di Biancaneve che è dipinta come l'occasione perduta di Walter. Si tratta di Valeria Fabrizi, che effettivamente amò molto Walter ma poi sposò Tata Giacobetti del Quartetto Cetra. Nella fiction però diventa protagonista, le fanno dire cose assurde. Peggio di tutto, per sottolineare la sua presenza costante nella vita di Walter la fanno entrare in scena nel ‘48, mentre i due si conobbero solo nel ‘56»

Altre nefandezze?
«Simone, il figlio di Walter, nasce nel 1970, col padre in galera. L'esperienza della galera - fu accusato di detenzione e spaccio di droga - da cui uscirà distrutto, nella fiction è raccontata mettendo insieme un errore dopo l'altro. Tanto per cominciare Walter non fu arrestato in pubblico, ma in segreto. E per un mese restò in cella senza spiegazioni, prima che l'interrogassero. È in quei 30 giorni che la sua mente vacilla. Quando esce è un uomo di seconda mano, devastato. Ebbene, lo sceneggiato fa avvenire l'interrogatorio subito. Inconcepibile».

La conclusione?
«Della fiction? Siamo alla farsa. Secondo lo sceneggiato Walter muore perché non riesce a riprendersi dalla delusione di non essere stato premiato al Festival di Venezia. C'era andato nel 1986, coprotagonista del film di Massimo Mazzucco Romance . Walter faceva il padre di Barbareschi, che era pure sceneggiatore della pellicola».

Dov'è l'aspetto farsesco?
«Nella fiction lo fanno morire in casa, ma nel delirio lui s'immagina d'essere in mezzo a una nevicata. Nevica nella stanza, capisce? Trattandosi di un uomo che di "neve", cioè cocaina, ne ha tirato quintali, la metafora sembra evidente. Ma il cattivo gusto è tale, che si stenta a crederci».

Secondo Simone Annichiarico, figlio di Walter e Alida Chelli, il peggior esempio di cattivo gusto lo dà lei quando, accusando gratuitamente il nonno di atrocità, infanga il ricordo di suo padre.
«Io amo, onoro e rispetto Walter Chiari. Penso che ristabilire la memoria storica non abbia nulla a che vedere col fango. Le informazioni sul nonno di Simone vengono da documenti di archivio e sono confermate dall'eminente storico del fascismo Mimmo Franzinelli».

 

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