1. IL TANTO ATTESO “WELCOME TO NEW YORK”, DIRETTO SENZA ALCUN MORALISMO DA ABEL FERRARA SUL CELEBRE CASO DI DOMINQUE STRAUSS KAHN E’ UNO DEI FILM PIÙ BELLI E IMPORTANTI VISTI A CANNES, INTERAMENTE DEDICATO AL POTERE DEGENERATO E ALLA ONNIPOTENZA CHE TI DÀ IL DENARO, VERGOGNOSAMENTE ESCLUSO DA QUALSIASI COMPETIZIONE CON UN GÉRARD DEPARDIEU COME ANFITRIONE GENIALE E SCATENATO 2. COME IN UN FILM PORNO, LE RAGAZZE SI FANNO FARE DI TUTTO DA UN MASCHIO GRASSO E NON GIOVANE CHE LE TRATTA COME FOSSERO CORPI DA SBRANARE, QUASI MANGIANDOLE 3. E’ UN INIZIO FORTISSIMO CHE CERTO CANNES NON AVREBBE MAI POTUTO ACCETTARE. E ALLORA SI TENESSERO STRETTO “LE MERAVIGLIE” DI ALICE ROHRWACHER, ACCOLTO NELLA PROIEZIONE PER LA STAMPA CON POCO CALORE, ANZI CON UN PO’ DI FISCHI, CHE POTRÀ COLPIRE, OLTRE A CONCIATA DE GREGORIO E GOFFREDO FOFI, ALMENO LA PRESIDENTESSA JANE CAMPION, ESPERTA IN UTOPIE FALLITE E GIOVANI DONNE INGENUE E PRESUNTUOSE

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Marco Giusti per Dagospia

Cannes quinto giorno. Sincero, particolare, sentito. Magari tutto questo non sarà abbastanza per piacere proprio a tutti i critici e a tutta la giuria del Festival, ma certo questa visione al femminile del mondo, anzi di un mondo piccolissimo dominato da sei donne, un padre e un cammello, potrà colpire, oltre a Concita De Gregorio e Goffredo Fofi, almeno la presidentessa Jane Campion, esperta in utopie fallite e giovani donne.

"Le meraviglie", opera seconda di Alice Rohrwacher, 33 anni, però non è stato accolta nella proiezione per la stampa con grande calore, anzi c'erano anche un po' di fischi, prima che partisse la canzone dei titolo di coda che domina tutto il film, "T'appartengo" di Ambra, a questo punto cultissima, ma dimostra il coraggio della sua regista nel mettere in scena apertamente la propria vera vita, vissuta in una famiglia bizzarra, con padre tedesco tardo hippy con idee naturiste da rivoluzionario fallito, madre italiana, tante sorelle e moltissime api a metà tra la Toscana e l'Umbria.

Un coraggio che sconfina nell'ingenuità e nella presunzione, ma che in una competizione finora così scialba, "Mr. Turner" a parte, dona al film una sua particolare energia e grazia, tutta femminile. Non so se c'è la lezione di Rossellini in tutto questo ricercato realismo, certo c'è una descrizione della realtà di grande rigore morale. Magari non c'è ancora una solida sostanza registica.

Siamo nei primi anni '90 e Gelsomina, interpretata da Maria Alexandra Lungu, che aiuta il padre scorbutico e talebano, il belga Sam Louwyck, nella raccolta del miele e nella cura delle api, sta diventando grande e lotta tra il senso di responsabilità rispetto alle sorelle più piccole e la voglia di aprirsi al mondo, anche alle sciocchezze del mondo, come ascoltare "T'appartengo" di Ambra alla radio o partecipare a uno stupido concorso di una tv locale presentato da certa Milly Catena, la bellissima Monica Bellucci.

L'arrivo di un bambino tedesco quattordicenne con precedenti penali dato in affidamento scatena un po' il suo desiderio di femminilità, represso al massimo dal padre e non capito a pieno dalla madre, Alba Rohrwacher, che sembra subire senza reagire la follia del marito. Gelsomina si iscriverà al concorso della tv senza dirlo al padre, obbligandolo poi a partecipare vestito da antico etrusco contro un vicino specializzato nelle salsicce e nel "mercato suino".

"Le meraviglie" è un piccolo film di realismo magico al femminile elegante e di grande sensibilità. Magari avrebbe sofferto meno in una rassegna meno importante, ma per Alice Rohrwacher il concorso di Cannes è certo una grande possibilità di sviluppo internazionale. Ma il cammello felliniano se lo poteva risparmiare.

E' invece uno dei film più belli e importanti visti a Cannes, interamente dedicato al potere e alla onnipotenza che ti dà il denaro e il ruolo, vergognosamente escluso da qualsiasi competizione e visto ieri sera al cinema Star nel mercato con un Gérard Depardieu come anfitrione geniale e scatenato il tanto atteso "Welcome to New York", diretto tra Parigi e New York da Abel Ferrara sul celebre caso di Dominque Strauss Kahn del maggio del 2011.

Per la prima volta, inoltre, un film uscirà direttamente sulla tv on demand, saltando la sala, ma forte comunque della cassa di risonanza di Cannes. Probabile che la strategia della Wild Bunch sia davvero vincente. E comunque, prima o poi, doveva accadere. Anche se il personaggio principale, interpretato da un Depardieu in stato di grazia che illumina e domina ogni scena col corpaccione e con la voce, è stato ribattezzato George Devereaux e si sa solo che il suo lavoro ha a che fare con i soldi e con il controllo dell'economia, la storia è proprio quella del celebre processo che ebbe Strauss Kahn per molestie sessuali rivolte a una cameriera di colore in un albergo di New York che gli costò matrimonio e carriera politica.

"Lei non sa chi sono io!" è la frase che pronuncia una volta arrestato il nostro eroe e che risuona anche nel manifesto del film. E in realtà, più che al fatto di cronaca in sé, Ferrara e il suo sceneggiatore Chris Zois, lo stesso di "New Rose Hotel", sembrano interessati alla rappresentazione del mostro ammalato di sesso e di potere. Come se le due cose si alimentassero costantemente.

Un po' come il protagonista de "Il lupo di Wall Street" di Martin Scorsese, Devereaux vede il sesso come parte integrante del proprio potere su tutto e tutti. Non è solo una dipendenza, è una forma di comunicazione col mondo malata e grottesca. Nella prima strepitosa mezz'ora di film, Depardieu/Deveraux si tromba tutto e tutte quelle che trova a portata di mano. E' una sorta di macchina del sesso grottesca.

Mai si era vista una rappresentazione simile del potere degenerato e del sesso dei ricchi, trattato da Abel Ferrara senza alcun moralismo, solo come una naturale addizione di oggi. Come in un film porno, le ragazze si fanno fare di tutto da un maschio grasso e non giovane che le tratta come fossero corpi da sbranare, quasi mangiandole. E' un inizio fortissimo che certo Cannes non avrebbe mai potuto accettare. E allora si tenessero stretto il "Saint Laurent" di Bonello.

Qua siamo in un territorio estremo e pericoloso. Come veder rappresentata sullo schermo la follia sessuale di Berlusconi, le cene eleganti di Arcore, interpretato però dalla nostra maggiore star del cinema e dello spettacolo. Depardieu è Asterix, è un eroe nazionale, vederlo senza pantaloni con le chiappe e la pancia di fuori fa un certo effetto. La violenza alla cameriera è solo parte di un processo inarrestabile di onnipotenza sessuale.

E dell'idea del potere come libertà di potersi concedere qualsiasi cosa. Devereaux non solo si comporta così con le escort, ma perfino a pranzo con la figlia e il suo fidanzato si lancia in battute sul sesso che rivelano una malattia evidente. Depardieu è incredibile in questo ruolo e anche Jacqueline Bisset come sua moglie Simone è notevole. Grande film che ridicolizza parecchio anche le scelte del Festival di quest'anno.

 

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