GIORGIA MELONI PARLA DI GOVERNO DI LEGISLATURA MA SALVINI HA FRETTA DI PORTARE A CASA RISULTATI. MOTIVO? SE LA LEGA PERDE IN LOMBARDIA LUI E’ FINITO - FOLLI: “SALVINI PROCEDE SECONDO IL SUO STILE UN PO' GUERRIGLIERO, MOSSO DALL'ANSIA DI NON RIUSCIRE A RECUPERARE I VOTI PERSI. CONVINTO, A RAGIONE, DI NON AVERE DAVANTI A SÉ TUTTI I CINQUE ANNI NEI QUALI GIORGIA MELONI È LEGITTIMATA A SPERARE…”
giancarlo giorgetti giorgia meloni matteo salvini
Stefano Folli per “la Repubblica”
Senza enfatizzarne la portata, si può dire che il piano abbozzato dall'Unione europea in vista del prossimo Consiglio per la gestione dei migranti nel Mediterraneo centrale viene incontro ad alcune esigenze dell'Italia: da un lato, sulla necessità di contenere le partenze, il che presuppone varie forme di assistenza ai Paesi nordafricani; dall'altro in merito a più efficaci criteri di distribuzione dei nuovi arrivi tra le capitali dell'Europa chiamata a dar prova di maggiore solidarietà.
MATTEO SALVINI E GIORGIA MELONI NEL 2014
Si dirà che per adesso si tratta di parole, le stesse che in passato non sono mai mancate. Ma c'è una novità. A Roma è da poche settimane all'opera un governo di destra-centro che rappresenta un fatto inedito nelle vicende continentali e che si è subito segnalato per uno scontro con la Francia di Macron. Si poteva immaginare che dalle parti di Bruxelles si volesse stendere un cordone sanitario intorno alle Alpi, o qualcosa del genere, per isolare l'infezione politica.
Viceversa, si era capito, fin dai colloqui di Giorgia Meloni con la presidente Von der Leyen, che l'approccio dell'Unione - quindi in primo luogo della Germania - voleva essere più realistico e tale è rimasto. Ciò presuppone, è ovvio, che l'Italia trovi la strada di una stabile riconciliazione con Parigi. Ma è un fatto che dall'Unione è giunto in queste ore un segnale positivo a cui deve corrispondere un analogo atteggiamento, diciamo così, costruttivo da parte di Palazzo Chigi.
giorgia meloni matteo salvini conferenza stampa sulla manovra
L'impressione è che la presidente del Consiglio sia ben consapevole dell'urgenza di costruire e mantenere un ottimo rapporto con l'Europa. Che si tratti di migranti o di legge di bilancio. Quasi tutte le scelte adottate da Palazzo Chigi fino a oggi sono state all'insegna della prudenza e persino di un rigore finanziario che di sicuro non dispiace a Berlino e Bruxelles. Qualcuno tra gli osservatori stranieri ha colto una sostanziale continuità con Draghi.
Addirittura, si potrebbe chiosare, s' intravede una speciale diligenza, indotta dal bisogno di mostrarsi credibili rispetto alla doppia insidia di inflazione e recessione. Per cui la manovra ha avuto delle critiche da sinistra già in base alle indiscrezioni (si veda l'analisi di Cottarelli sulla spesa sociale ridotta), ma la cautela della premier, il suo pragmatismo lontano dai toni di campagna elettorale che ad esempio un Salvini non ha ancora dismesso, potrebbero essere apprezzati dai partner.
Questa è la prima metà del problema. La seconda riguarda la relazione della premier con i suoi "alleati". Giorgia Meloni parla e agisce come se avesse davanti a sé cinque anni stabili, ossia l'intera legislatura. Tali erano gli accordi al momento di sottoscrivere il cartello elettorale. Quando lei dice o fa intendere che adesso si può fare poco, data la scarsità delle risorse economiche, ma che non c'è da preoccuparsi perché nei prossimi anni si potranno realizzare le promesse fatte agli elettori, ostenta notevole sicurezza circa la lealtà dei suoi soci.
È come se li ammonisse che non esiste un altro equilibrio diverso dall'attuale esecutivo e da questa maggioranza. Tuttavia il nervosismo, per ora controllato, di Salvini e anche di Berlusconi dimostra che non c'è l'intenzione di lasciare tranquilla la premier per un quinquennio. Oggi la prudenza di fronte alla recessione e con la guerra in corso obbliga tutti a stare fermi.
Ma già si sente dire che la manovra è poco coraggiosa e che dà troppo poco ai sostenitori del centrodestra. Non a caso Berlusconi sta riproponendo il classico tema del fisco, cioè delle tasse da abbassare, come orizzonte strategico della coalizione. Mentre Salvini procede secondo il suo stile un po' guerrigliero, mosso dall'ansia di non riuscire a recuperare i voti persi. Convinto, a ragione, di non avere davanti a sé tutti i cinque anni nei quali Giorgia Meloni è legittimata a sperare.