PROFUMO DI CAMORRA - ANCHE SE NON È CHIARO CHI ABBIA PAGATO LA TRASFERTA A SANREMO AI “DISTURBATORI” DEL FESTIVAL, VIENE FUORI CHE DUE DEI QUATTRO BIGLIETTI SONO STATI ACQUISTATI DA UN PREGIUDICATO NAPOLETANO

Guido Ruotolo per "la Stampa"

«Volevamo dare visibilità alla nostra protesta». Seduto su una sedia di plastica, un plaid scozzese sulle gambe, un giaccone bianco e un cappello di lana, «Antonio Sollazzo nato a Napoli il 12 agosto del 1961, con precedenti di polizia», sembra una maschera di Eduardo. Fissa con uno sguardo assente il portone che ha di fronte e che è presidiato dalla Celere.

Lui è quello salito sui tubi innocenti del palcoscenico dell'Ariston di Sanremo, naturalmente stiamo parlando della sera della «Prima» del Festival, insieme a Marino Marsicano. Sollazzo era quello accovacciato, t-shirt bianca, che faceva sventolare un volantino. Adesso è seduto, in silenzio, occhi spenti, sofferente. Da ventiquattr'ore è in sciopero della fame.

C'è anche Marsicano confuso tra la folla che presidia il palazzo della Giunta regionale, a Santa Lucia. E Maria Rosaria Pascale, della «banda» dei quattro che «occuparono» la prima parte della serata di Sanremo. Manca solo Salvatore Ferrigno, che insieme alla donna la sera della prima partecipò alla scena del finto malore, per consentire ai due acrobati di salire indisturbati sulla impalcatura.

Sono tutti «pregiudicati» e i loro leader, ispiratori «dell'arte di protestare», sono «mischiati» anche con la camorra. Come quel Salvatore Lezzi, che si avvicina al giornalista e ascolta in silenzio, che ha «precedenti» che se potessero sfamare qualcuno, sazierebbero per esempio gli 850 «colleghi» di sventura, «i lavoratori dei consorzi di bacino Napoli-Caserta da 16 mesi senza stipendio. 860 padri di famiglia alla fame» (come recita un cartellone).

Lezzi, in passato candidato nel Msi di Almirante, in An, Forza Nuova e persino Forza italia, ha precedenti per estorsione, resistenza a pubblico ufficiale, danneggiamenti, lesioni, rissa, invasione di edifici. Fu anche arrestato e nel 2003 fermato per estorsione e associazione mafiosa. Si facevano pagare dai ragazzi che trovavano lavoro e dividevano la percentuale con il clan Misso della Sanità, quello della strage del 904.

«Fa cchiù muorte 'o guverne che 'a camorra». Fa più morti il governo della camorra. Bisogna proprio essere collusi e in malafede per credere in questa bestemmia. «L'unica azienda che assume - insiste un portavoce del movimento - è la criminalità».

Benvenuti nel regno della sopravvivenza, dell'arte dell'arrangiarsi con uno «stipendio garantito», una specialità tutta napoletana. Nella notte dei tempi, tra gli anni 70 e 80, fu suggellato un patto scellerato tra lo Stato (della Prima Repubblica) e la Camorra. L'ordine pubblico fu comprato da una classe politica che spendeva senza freni i soldi di noi tutti, con uno stipendio garantito agli ex detenuti riuniti in cooperative e avviati ai lavori socialmente utili.

I figli dei figli di quella stagione si ritrovano oggi nel cub, consorzio unico di bacino, mille e cento lavoratori impegnati tra Napoli e Caserta nella raccolta differenziata e che dovevano essere assorbiti dai Comuni che non hanno però come garantirgli lo stipendio. O nei Bros, altra piaga dei disoccupati organizzati che furono.

«Sanremo? Siamo andati per farci sentire. Il problema è chi ci ha pagato i biglietti e l'albergo o il fatto che oltre mille famiglie non hanno i soldi per mangiare?». Il «sofferente» Sollazzo diventa muto, dopo aver convocato il portavoce del movimento.

I quattro della bravata al Festival sono indagati a Imperia per violenza privata e procurato allarme. Rimane un mistero - che neppure ieri è stato sciolto - su chi abbia pagato la trasferta sanremese dei quattro. Di certo, si legge nella informativa della questura di Imperia, «per quanto attiene ai biglietti, da controlli presso la produzione Rai è emerso che due erano stati acquistati lo scorso 14 febbraio da tale Salvatore Buia, pregiudicato napoletano, persona dedita al bagarinaggio, mentre gli altri due risultavano acquistati singolarmente nella stessa giornata presso il botteghino del teatro».

Ora protestano perché la Regione deve farsi dare dal governo 32 milioni che servono per avviare i dipendenti dei cub a 36 mesi di corsi di riqualificazione. Ma avvertono che «Per sistemare la faccenda servono oltre 150 milioni di euro». Chi deve pagare?

 

 

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