1. PERCHÉ RENZI TAGLIA 150 MILIONI DI EURO ALLA RAI? “PERCHÉ VUOLE PORTARE SINDACATI E DIPENDENTI ALL’ESASPERAZIONE, ALLA ROTTURA E POI AL COMMISSARIAMENTO” 2. PAROLA DI BISIGNANI, CHE CONOSCE BENE IL GIOCO TRA PALAZZO CHIGI E LE POLTRONE PUBBLICHE: “RENZI È RIUSCITO A PIAZZARE SOLO GENTE DELLA SUA CERCHIA RISTRETTA” 3. “ORA TUTTI SONO RENZIANI, È IL TRASFORMISMO NAZIONALE. MA DEVE STARE ATTENTO AI VOLTAGABBANA. I TIPI COME MARIO DRAGHI, NOMINATO ALLA BCE GRAZIE A BERLUSCONI CONTRO IL VOLERE DI TREMONTI, E CHE NON HA MAI SPESO UNA PAROLA A FAVORE DI SILVIO” 4. “HA VINTO ANCHE PERCHÉ NON HA AVUTO OPPOSIZIONE. E GRAZIE AGLI AIUTI ESTERNI. L'AMBASCIATA USA IN QUESTE ELEZIONI HA GIOCATO DIVERSE PARTITE: UNA CONTRO BERLUSCONI, UNA A FAVORE DI GRILLO PERCHÈ AGLI USA NON DISPIACE UN EURO DEBOLE, E POI UNA PER RENZI GRAZIE AL LEGAME CON IL NUOVO AMBASCIATORE JOHN PHILLIPS”
Paolo Bracalini per “il Giornale”
«Mario Draghi». Il primo che gli viene in mente è lui, il presidente della Bce. «Berlusconi si battè con tutte le forze contro il veto di Tremonti, che detestava Draghi, nemmeno si parlavano e non lo voleva alla Bce. Alla fine fu grazie all'appoggio di Berlusconi, con il tramite di Gianni Letta, che Draghi ce la fece. Beh, lei si ricorda dopo una parola spesa a favore di Berlusconi da Draghi?».
Nell'enorme archivio mentale di Luigi Bisignani ci sono tutti: i potenti della prima, seconda e terza repubblica (la renz-pubblica), il codazzo di estimatori interessati (manager pubblici, banchieri, giornalisti, peones ambiziosi, delfini e tonni), e poi il silenzio che scende quando il potente cade.
«Ricordo il professor Zichichi, chiamava tutte le mattine Andreotti, parlandogli di astronomia. Poi quando Andreotti cadde in disgrazia non si fece più sentire. Una volta si incontrarono e Andreotti gli chiese perché: “Pensavo che lei fosse morto” fu la risposta. Il trasformismo, il voltagabbanismo è nel dna della nazione».
Sarebbe da scriverci un romanzo, genere in cui Bisignani è tornato, dopo il bestseller L'uomo che sussurra ai potenti, con un thriller, Il Direttore (sempre Chiarelettere), che parla ancora di potere (anche editoriale, ed ogni riferimento alle vicende del Corriere non è casuale...), tra le stanze dove si decide, spesso nell'ombra.
Bisignani, siamo sempre lì. Potenti, cortigiani, voltagabbana, corse sfrenate sul carro del vincitore.
«Con qualche differenza. Nelle prima Repubblica il cambio di casacca era molto ridotto. Ci furono solo due casi emblematici, quello di Fortebraccio che passò dalla Dc al Pci ma per motivi nobili, e quello di Franco Bassanini (attuale presidente della Cassa depositi e prestiti, ndr), che quando andò via dal Psi per la Sinistra indipendente, la dependance del Pci, fu preso a schiaffi da Ganci, tesoriere del Psi, che gli aveva pagato la campagna elettorale. Bassanini dice anche di non avermi mai conosciuto, ma non è vero, ci eravamo conosciuti nell'ufficio di Signorile».
Voltare le spalle conviene.
«In politica sì, il tradimento paga. Parliamo di personaggi in cerca di autore e di collocazione, tradendo e cambiando casacca intanto galleggiano, e poi magari, se in quel momento il loro voto è decisivo, ottengono quello che cercano, una poltrona, una nomina, una ricandidatura... Per questo la seconda Repubblica è piena di trasformisti».
Berlusconi ne ha fatto una collezione.
«Lui ha creato dal nulla molti personaggi che si sono convinti di essere degli statisti. Uno come Schifani, o come Angelino Alfano, che già nel 2011 lavoravano al dopo Berlusconi, tessendo la tela con Casini, con Enrico Letta, e poi, in tandem con Lupi, col Vaticano, in particolare con l'arcivescovo Rino Fisichella, per costruire una nuova alleanza dei moderati con Monti...».
Poi Monti è finito maluccio, e il progetto di Alfano si chiama Ncd.
«L'unica salvezza di Alfano è che Renzi resti in sella. Infatti ognuno del Ncd cerca di convincere qualcuno a passare con la maggioranza, per durare il più possibile».
Non sarà impossibile, visto che ora sono tutti renziani.
«Anche gente insospettabile, e come sempre quelli dello spettacolo, come fu con Craxi. La Vanoni e la Wertmüller pendevano dalle labbra di Bettino e poi da un giorno all'altro se ne dimenticarono. E anche i manager, sempre pronti a fare armi e bagagli. Mario Moretti nasce sindacalista, poi entra nell'orbita di Gianni Letta e ora va in Finmeccanica con Renzi. O Bernabè, anche lui un ex del giro Psi, che adesso sta con Renzi, grazie al legame con Carrai».
John R Phillips ambasciatore USA in Italia
E Renzi sembra faccia salire tutti sul carro.
«Lui li ingloba tutti, anche perché quelli del suo partito sono terrorizzati dal non essere più ricandidati. Ma anche Renzi deve stare attento, e D'Alema, che è il più intelligente da quelle parti, gli ha subito ricordato che senza il partito non avrebbe vinto così. Va detto che Renzi ha avuto anche altri aiuti. Non ha avuto opposizione, con Mediaset che è stata neutrale e Berlusconi che ha fatto passare il messaggio che lui non è un nemico. E poi aiuti esterni».
Da dove?
«L'ambasciata Usa in queste elezioni ha giocato diverse partite: una contro Berlusconi, una a favore di Grillo perchè agli Usa non dispiace un euro debole, e poi una per Renzi grazie al legame con il nuovo ambasciatore John Phillips, che è amico personale di Renzi. Serve anche la fortuna... Ma finora nella gestione del potere Renzi si sta rivelando diabolico, quasi arrogante».
Altro che Berlusconi, che - cito lei - «non sa comandare, non usa il potere», fa decidere ad altri.
«C'è una differenza fondamentale tra i due, e si vede benissimo nel metodo usato nelle nomine delle società pubbliche. Berlusconi, da premier, mediava e finiva per accettare nomi che non erano ascrivibili direttamente a lui, ma magari ad An o ad altri partiti della sua maggioranza. Renzi invece no, mette persone sue, al massimo accetta le condizioni di veto di un partito, com'è successo con Forza Italia che ha messo il veto sulla Mondardini e Mangoni, due manager legati a De Benedetti.
Ma quando deve decidere chi nominare poi Renzi si consulta solo con se stesso. Rompendo gli schemi, come in Enel. Se c'è stato manager pubblico che lo aveva sdoganato è stato Fulvio Conti. E Renzi non solo non l'ha premiato ma al suo posto ha messo Starace, un suo nemico. La verità è che finge di usare un metodo».
Finge come?
«Dice: dobbiamo nominare un terzo di donne. Ma è solo per mettere le persone che ha già in mente lui. Tutta gente che gravita attorno a Firenze, addirittura ad una cerchia comunale ristrettissima. Anche con la Rai sta facendo un lavoro di grande astuzia. Renzi è l'unico che è riuscito a ricompattare tutti, sindacati e dirigenti, contro il taglio dei 150 milioni di euro alla Rai. Ma perché? Perché così li porterà all'esasperazione per poi arrivare alla rottura e mettere un commissario».
Così si prende pure la Rai. Ci aspetta un ventennio renziano?
«Intanto sono sicuro che Renzi non andrà alle elezioni. Lui vede Ncd, Scelta civica e M5s in disfatta, e quindi allargherà la maggioranza. Poi deve passare da Peter Pan a Harry Potter, mettersi a studiare. Come? Prendendo il controllo dell'amministrazione pubblica, dei burocrati che gli stanno già mettendo i bastoni tra le ruote. Ma è un metodo che non appartiene a Renzi, non lo conosce. E quindi farà una fatica bestiale».