BLACK BLOC SAMBA - QUANTI GUAI, DILMA: I BLACK BLOC HANNO PRESO IN MANO IL MOVIMENTO DI PROTESTA: GUERRIGLIA A SAN PAOLO - E MARINA SILVA, ICONA DELL’AMBIENTALISMO MILITANTE, SI CANDIDA

1-BRASILE, FURIA BLACK BLOC - NOTTE DI GUERRIGLIA A RIO
Paolo Manzo per "La Stampa"

Black bloc, un termine semi-sconosciuto in Brasile. Almeno sino all'altroieri sera quando sono stati proprio loro i protagonisti di due manifestazioni di protesta che hanno messo a ferro e fuoco Rio e San Paolo.

Esprimere solidarietà ai professori che chiedono salari più degni era l'obiettivo dei 15mila manifestanti pacifici scesi in strada a Rio. Tra questi, purtroppo, si sono infiltrati almeno 200 black bloc che hanno dichiarato guerra allo splendido palazzo Pedro Ernesto, uno dei più importanti complessi architettonici di Rio, oggi simbolo del potere legislativo.

Prima i vandali hanno lanciato pietre, rompendo i vetri del palazzo poi, vedendo la scarsa reazione della Polizia Militare schierata a pochi metri da loro, hanno cominciato a scagliare bombe molotov sul lato dell'edificio che si affaccia sulla centralissima Rua Evaristo da Veiga.

Una, due, almeno venti gli ordigni incendiari fatti esplodere dai black bloc carioca. Ad un certo punto si sono addirittura sentiti alcuni colpi di mortaio e i delinquenti sono riusciti a svuotare alcune taniche di benzina attraverso le finestre del piano terra della Camera municipale, con l'intento di trasformarlo in un'enorme pira.

Per fortuna non ci sono riusciti, grazie all'intervento dei pompieri, ma la sala delle cerimonie, una delle più belle del palazzo Pedro Ernesto, è stata danneggiata dalle fiamme e dal fumo. Imbrattate tutte le pareti esterne. È stato però solo quando i black bloc hanno iniziato a lanciare pietre contro la polizia militare che quest'ultima è intervenuta.
La notte di guerra di Rio non è finita purtroppo lì.

A quel punto gruppetti di black-bloc si sono spostati poco più in là e hanno cominciato a prendere d'assalto tutti gli sportelli bancari del quartiere Cinelandia, saccheggiando negozi, spaccando vetrine, bruciando cassonetti e appiccando fuoco ad almeno un autobus. Scene da guerra metropolitana che sono andate avanti fino a notte inoltrata, con gli allarmi delle banche che hanno continuato a suonare in modo assordante sino ad almeno l'una di notte e con una Rio che ieri mattina si è svegliata «come una città violentata» hanno scritto i media locali.

Decine gli arresti e altrettanti i feriti della «battaglia» di Rio, ma nessuno grave come, invece, è accaduto a San Paolo, dove un veicolo alimentato a gas è esploso per le bombe incendiarie: nella deflagrazione è stato colpito un bambino di undici anni, ancora in prognosi riservata.

Nella capitale paulista, dove almeno dieci agenzie bancarie sono state semi-distrutte, alcuni media hanno parlato di anarquistas invece che di black bloc. Nulla di più fuorviante perché quelli visti operare lunedì sera sono individui bene organizzati.

«I black bloc saranno i protagonisti delle prossime manifestazioni di protesta». Era la fine di giugno quando un avvocato, profondo conoscitore del sottobosco social-criminale brasiliano, rivelava questo dato inquietante.

Essendo stato il legale che a suo tempo difese anche un ex terrorista italiano di destra e numerosi membri del Primeiro Comando da Capital, la principale organizzazione criminale che opera in Brasile, quanto accaduto l'altroieri sera è preoccupante, soprattutto in vista dei Mondiali di calcio del prossimo anno.

2-I BLACK BLOC A RIO E LA GURU DELL'AMAZZONIA. QUANTI GUAI, DILMA
Da "Il Foglio"

I black bloc hanno preso in mano il movimento di protesta a Rio de Janeiro. Alla causa degli insegnanti brasiliani, in sciopero da due mesi con richieste di aumenti salariali, tornano tutto sommato utili le immagini della centralissima Avenida Rio Branco messa a ferro e fuoco dai riot che si susseguono puntuali ogni settimana da luglio, ricordando al mondo che non tutto il Brasile è entusiasta dello "stato del benessere" messo in piedi dal Partito dei lavoratori (Pt) da dieci anni al potere. Obiettivo diretto delle proteste di questi giorni non è il governo centrale, ma il governatore dello stato di Rio, Sérgio Cabral.

Lui e il sindaco della città, Eduardo Paes, di Dilma Rousseff sono però alleati stretti. Prendere le distanze da loro due, leader locali del Psdb, costola del governo, è per la presidentessa del Brasile impossibile. Impraticabile sembra al momento anche il vecchio metodo della cooptazione dei leader della protesta, arte in cui il Pt è maestro. I gruppetti vestiti di nero e armati di molotov, ma anche di granate, si formano per strada rispondendo a convocazioni online di cui è difficile individuare la provenienza. Anche la composizione dei gruppi cambia ogni volta.

A sfidare la polizia, di fianco e non necessariamente insieme agli attivisti di buona famiglia, stanno scendendo ragazzi quindicenni dalle favelas. Conoscono la logica della guerriglia urbana e non si spaventano davanti alla repressione militare. I riot di Rio piacciono anche ai giovani di lusso di Ipanema e di Leblon, ma pescano soprattutto nell'ex esercito di adolescenti che è stato la riserva pressoché infinita delle bande di narcos nelle favelas vicine ai quartieri ricchi, bonificate con le mitraglie delle Truppe di élite della polizia.

Non è polvere che si può facilmente nascondere sotto il tappeto quella che sta incendiando la capitale mediatica del Brasile. E così la sempre meno sorridente Dilma Rousseff è costretta a guardare la costosissima scenografia di pace sociale allestita per la Mundial Cup disfarsi lentamente. Le mancava solo che spuntasse la madonnina del radicalismo ecologista come sua sfidante alle elezioni.

Marina Silva, icona dell'ambientalismo militante, si candida alle presidenziali del prossimo anno con il Partito socialista (Psb), tradizionale avversario del Pt. Marina è molto famosa, popolare e pericolosissima per Dilma in un momento di contestazioni di piazza. Ha un'immagine di integerrima attivista, nemica dei compromessi. Rischia di catalizzare su di sé l'astensionismo di protesta, oltre che i voti della sinistra interna al Pt. Marina ha una storia che si confonde nella mitologia dell'immaginario pop.

Viene dallo stato di Acre, Amazzonia profonda, al confine con la Bolivia. Era una adolescente analfabeta quando entrò in contatto con il movimento degli estrattori di caucciù, guidati da Chico Mendes, il Gesù Cristo dei movimenti di base in Brasile. Lui fu ucciso nel 1988.

Marina prese il suo posto. Lula fece di tutto per averla con sé nel 2003. Il Partito dei lavoratori per la prima volta alla presidenza aveva bisogno della faccia pulita di Marina Silva. Lei avrebbe dovuto essere la garanzia della veridicità dei programmi di governo del Pt. Incluse le promesse sulla difesa della foresta amazzonica e sul freno all'espansione delle piantagioni ogm. Poi, però, i programmi sono cambiati.

La deforestazione è cominciata a crescere allo stesso ritmo dei prezzi della soia. Marina ha gridato, pianto, denunciato in conferenze internazionali la potenza di corruzione dell'agrobusiness. Infine si è dimessa. Ed è diventata la croce di Lula. Con oltre venti milioni di seguaci, raccolti in buona parte tra i fedeli della chiesa evangelica di cui fa parte, ha provato a fondare un suo gruppo politico, escluso dalle elezioni. Da lì, la scelta di candidarsi con la vecchia opposizione del Psb. Un guaio serio per Dilma ritrovarsela contro.

 

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