LA BOLDRINOVA SI RISCOPRE ALL’OPPOSIZIONE DI RENZI - “UN UOMO SOLO AL COMANDO NON MI PIACE” - SERRACCHIANI: “LA PRESIDENTE DOVREBBE AVERE UN RUOLO TERZO”
Mariolina Iossa per il “Corriere della Sera”
Boldrini accusa il premier. È scontro Jobs act nel mirino. La presidente della Camera: no all’uomo solo al comando, credo nei sindacati Serracchiani replica: spiace che non ci sia terzietà. Ma anche la minoranza è critica: deriva plebiscitaria ROMA
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Non se l’aspettava proprio, Matteo Renzi, a inizio weekend e dopo la giornata per lui «storica» dell’approvazione del Jobs act, la critica senza ammortizzatori della presidente della Camera Laura Boldrini. E invece è arrivata, tanto inattesa quanto severa. «Io credo nei ruoli intermedi, associazioni, sindacati. L’idea di avere un uomo solo al potere contro tutti e in barba a tutto a me non piace, non rispetta l’idea di democrazia», ha detto la Boldrini a un convegno ad Ancona di Agrinsieme.
La presidente della Camera ha anche sottolineato quanto sia stato inopportuno aver ignorato alcuni pareri «non favorevoli» delle commissioni di Camera e Senato, nel percorso del Jobs act. Sarebbe stato meglio, ha detto perché fosse chiaro, tenere quei pareri «nel dovuto conto».
Con le critiche arrivate dall’assemblea nazionale di Sinistradem («da Renzi schiaffi alla minoranza Pd, rischio di deriva plebiscitaria»), il premier sapeva già di dover fare i conti. Ma la mazzata della Boldrini non era prevista. E allora replica il governo, lo fa attraverso le parole di Debora Serracchiani, che è vicesegretario del Pd. E sono parole condivise da premier, governo e maggioranza pd. La Boldrini avrebbe «travalicato» il suo ruolo.
«Spiace che la presidente della Camera, che ricopre un ruolo terzo, di garanzia, si pronunci in questo modo sulle riforme del governo, sapendo bene che il parere delle Commissioni non è vincolante — ha detto la Serracchiani —. Quanto all’uomo solo al comando, ricordo sommessamente che il Pd è una squadra di donne e di uomini, che portano avanti un lavoro di gruppo, uno sforzo comune, un’idea di futuro insieme».
La Boldrini non deve averlo visto questo «gruppo». Come non l’hanno visto i dem. Gianni Cuperlo: «Non è stata affatto una giornata storica. Non lo è stata se guardi le cose con gli occhi dei lavoratori che sentono di aver perso qualcosa, della loro storia e dignità».
Stefano Fassina: «Siamo tornati agli anni Cinquanta. La propaganda di Renzi prende in giro i precari e procura un danno ai lavoratori», anzi per dirla meglio, quella del governo è stata una «straordinaria operazione propagandistica».
Perché? «Rimangono sostanzialmente invariati i contratti precari, la sbandierata rottamazione del co.co.co. è avvenuta da anni mentre i co.co.pro. di fatto restano. Ammortizzatori sociali e indennità di maternità non vengono estese, insomma, il vero scopo di questa riforma era cancellare la possibilità di reintegro per i licenziamenti senza motivo». La conclusione di Fassina è amarissima: «Sono preoccupato per la democrazia del nostro Paese e per il nostro partito».
Quanto al decreto Poletti, interviene Pippo Civati, il contratto a tempo determinato «libero e a gogò, gode di buona salute e non viene toccato neanche un po’» dalla riforma. In più, «il decreto sulle liberalizzazioni — dice Civati — è un “minibersani”, un tovagliolo al posto di una lenzuolata, quanto al Jobs act è il provvedimento che la destra aspettava da anni. Meno di Bersani, più di Berlusconi. Infatti la destra oggi festeggia».
Ci va giù pesante anche Alfredo D’Attorre: «Eravamo partiti con un Jobs act che doveva introdurre un unico contratto d’ingresso con il quale dopo alcuni anni il lavoratore avrebbe ottenuto tutela piena. Siamo arrivati alla cancellazione della tutela piena prevista dall’articolo 18 e ci siamo tenuti la stragrande maggioranza di tutte le forme di precariato».
Così la Cgil, su Twitter: «La precarietà aumenta, non diminuisce. #soloAmmuina #noncambiaverso ».