boris johnson

BORIS O MAI PIÙ: IL PARLAMENTO CHIEDE UN RINVIO DELLA BREXIT E METTE IL PREMIER IN MINORANZA. LUI CHIEDE ELEZIONI ANTICIPATE PER ''PURGARE'' I RIBELLI, CHE HA GIÀ CACCIATO DAL PARTITO E NON SARANNO RICANDIDATI. L'OBIETTIVO È RICOSTRUIRE I TORY A SUA IMMAGINE E SOMIGLIANZA, CON TUTTI PRONTI ALLA HARD BREXIT - DELIRIO A WESTMINSTER COL CAPOGRUPPO TORY JACOB REES MOGG CHE SI STENDE MENTRE PARLA LA DEPUTATA VERDE (VIDEO)

 

 

 

1. BREXIT: MEDIA, 21 RIBELLI TORY ESPULSI DAL GRUPPO

 (ANSA) - I 21 ribelli conservatori che in serata hanno votato contro la linea del governo di Boris Johnson nella mozione sulla calendarizzazione domani della proposta di legge trasversale, sostenuta assieme alle opposizioni, favorevole a un nuovo rinvio della Brexit, saranno privati della cosiddetta whip (letteralmente frusta): ossia espulsi ipso facto dal gruppo parlamentare Tory. Lo anticipano i media. La linea dura, che sfarina ulteriormente l'ex maggioranza, è destinata ad abbattersi anche su alcuni pezzi da 90 del partito.

JACOB REES MOGG

 

Il provvedimento era stato preannunciato personalmente a ciascun dissidente dal capogruppo Tory (Chief Whip) alla Camera dei Comuni, Mark Spencer. Fra i 12 spiccano i nomi dell'ex ministro e veterano Ken Clarke (79 anni, Father of the House per il suo record attuale di anzianità parlamentare), d'altri ex ministri di primissimo piano dei governi di David Cameron e di Theresa May come Philip Hammond, Dominic Grieve o Justine Greening e anche di Nicholas Soames, 71enne nipote di Winston Churchill.

 

Fuori dovrebbe finire pure Rory Stewart, effimero astro nascente dei Tories più eurofili e già titolare del dicastero della Cooperazione Internazionale nel governo May, candidatosi nei mesi scorsi senza successo contro lo stesso Boris Johnson nella corsa per la leadership del partito. L'esclusione dai ranghi del gruppo parlamentare Tory coincide, sempre secondo i media, con quella dalle candidature per le prossime elezioni. Candidature a cui peraltro alcuni dei reprobi - come Clarke, la Greening e Soames - avevano già spontaneamente rinunciato.

 

 

2. NELL' ARENA WESTMINSTER JOHNSON PERDE SULLA BREXIT "ORA ELEZIONI ANTICIPATE"

JACOB REES MOGG

Antonello Guerrera per ''la Repubblica''

 

Westminster, ore 15.40.

Un deputato conservatore si alza dai suoi banchi verdi. Attraversa l' aula e si siede tra i liberal-democratici, il suo nuovo partito. «Lo ha comunicato al premier solo pochi secondi dopo», commentano irritati da Downing Street. La rivolta dei deputati tory europeisti contro Boris Johnson inizia così, con la passeggiata plateale e rivoluzionaria di Phillip Lee, tory di 48 anni, ex medico, rugbista e da sempre pro Ue. Il governo Johnson, che aveva soltanto un seggio di vantaggio, è ora ufficialmente minoranza.

 

«Quando l' altro giorno ho sentito Jacob Rees-Mogg», uno dei brexiter più estremisti, «offendere in radio un medico che gli contestava la sua faciloneria sul No Deal», cioè la pericolosa uscita senza accordo di Londra dall' Ue fissata al 31 ottobre, «non ci ho visto più. Dopo 27 anni tra i conservatori», commenta affranto Lee, «dico basta».

BORIS JOHNSON

 

Lee è solo il primo. A nulla sono servite le minacce di purga politica di Johnson, di esclusione dei "traditori" dal partito conservatore. Ieri sera oltre venti deputati tory, dall' ex ministro delle Finanze Hammond fino al nipote di Churchill Sir Nicholas Soames, si sono clamorosamente ribellati contro il governo Johnson e il tremendo sospetto che i «progressi con l' Ue per un accordo Brexit» siano solo una farsa, come ha scritto ieri il Telegraph . In serata Sky News rincara: Johnson ha decimato il team di negoziatori britannici in Ue al lavoro per risolvere l' annosa questione del confine irlandese post Brexit.

phillip lee lascia i tory per i libdem

 

Così, i congiurati tory si sono uniti al "demonio marxista" Corbyn, ai suoi laburisti e i lib-dem, e hanno strappato a Boris, 328 a 301 voti, il controllo del Parlamento per approvare, tra oggi e domani, una legge che obbligherebbe il premier a chiedere all' Ue l' ennesimo rinvio della Brexit fino al 31 gennaio 2020 - se non avesse un accordo entro il 19 ottobre - e così schivare, ancora una volta, il No Deal. Decisivo John Bercow, lo speaker della Camera e caro nemico di Johnson, che ha permesso una legislazione di emergenza.

phillip lee

È una pesante sconfitta per il premier. «Così ci mozzate le gambe! Ci costringerete a elemosinare! Ci arrenderemo ai diktat dell' Europa! Volete bloccare la Brexit! Ma il 31 ottobre si esce comunque!», sbraita Johnson in aula con un lessico bellico.

 

«Finiscila», gli risponde il laburista Corbyn, «non hai mandato, né morale e ora non hai neanche una maggioranza!», sotto gli occhi gelidi di Theresa May, per ore con le mani composte e incrociate sulle gambe, come una scolaretta retrocessa al terzo banco dei conservatori insieme ai suoi (ex) ministri. In prima linea, ora, c' è un esecutivo di ultrà brexiter. Ci sono tutti, ora comandano loro e la settimana prossima il Parlamento richiuderà a causa della contestatissima - ma forse inutile - sospensione di cinque settimane decisa da Johnson.

jacob rees mogg

 

Dopo la disfatta di ieri a Westminster circondata dai dimostranti che hanno occupato le strade, oggi Johnson chiederà nuove elezioni: si dovrebbero tenere il 14 ottobre, se i 2/3 della Camera dei Comuni approveranno. «Sono l' unica soluzione», ha detto. Boris è all' angolo. Ma mai sottovalutarlo. Il premier ha poteri elevati oltremanica e ieri dietro le quinte del Parlamento si aggirava il suo "Bannon" Dominic Cummings, eccezionalmente uscito dalla sua reclusione. È lui il Rasputin della svolta estremista di Johnson. Signor Cummings, che ci fa qui? «Niente, osservo». E scappa via, nella sua camicia sempre sdrucita. Forse Boris un altro colpo in canna ce l' ha.

 

david gauke e philip hammondboris johnson alla camera dei comuni 1

 

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