BRACCIA STRAPPATE ALL’AGRICOLTURA - MAURIZIO MARTINA SI DIMETTE DA MINISTRO PER TRAGHETTARE IL PD - NEL PARTITO E' INIZIATA LA CONTE DELLE CORRENTI PER CAPIRE CHI HA POSSIBILITA' DI DIVENTARE CAPOGRUPPO - POSSIBILE TANDEM: GUERINI ALLA CAMERA, RICHETTI AL SENATO - MENTRE MARIA "ETRURIA" BOSCHI E' FAUTRICE DELLA LINEA DURA CON LA MINORANZA DEM: CHIEDE LA RICONFERMA DI ROSATO
Laura Cesaretti per il Giornale
Nel Pd ancora frastornato dalla batosta del 4 marzo, il «reggente» Maurizio Martina avvia la ricognizione interna. E annuncia le sue dimissioni da ministro, (l' interim dell' Agricoltura lo ha preso Gentiloni) perché «penso sia giusto distinguere le due funzioni», quella di governo e quella di partito.
carlo calenda maurizio martina paolo gentiloni
Le incertezze sul percorso sono molte, a cominciare dalla sostituzione di Matteo Renzi: sarà l' Assemblea nazionale a nominare un nuovo segretario (con Martina in campo) o si andrà ad un congresso con relative primarie, con tempi assai più lunghi e col rischio di sovrapporsi ad eventuali nuove elezioni? Peraltro anche l' assemblea, convocata a inizio aprile, potrebbe slittare per non coincidere con l' inizio delle consultazioni per il governo.
I possibili candidati segretari intanto si sfilano: smentisce di voler correre Carlo Calenda, smentisce Graziano Delrio.
Ma ci sono scadenze ben più ravvicinate sulle quali si misureranno le forze interne, a cominciare dalla nomina dei capigruppo. Secondo prassi, la scelta avverrà subito dopo l' elezione dei presidenti delle Camere, primo atto costitutivo della legislatura: il nuovo Parlamento è convocato per il 23 marzo, a Palazzo Madama se la sbrigheranno presto visto che dopo la terza votazione si va al ballottaggio tra i primi due classificati, alla Camera si voterà a oltranza fino a soluzione.
Nei gruppi parlamentari Dem è iniziata la conta delle correnti, per capire chi ha più chance per farcela. Il voto dei capigruppo avviene a scrutinio segreto, quindi le insidie sono molteplici. La variabile principale con cui fare i conti, dal punto di vista interno, è quella costituita da Renzi medesimo: il segretario si è ormai dimesso, ma nei gruppi parlamentari ancora controlla truppe preziose a qualunque maggioranza, nonostante siano già in pieno corso i riposizionamenti.
I primi calcoli all' ingrosso (ma solo più avanti in settimana ci saranno le riunioni decisive per capire chi sta con chi) dicono che al Senato i renziani sono più di una ventina (su 57), alla Camera una trentina (su 112). Ma la novità è che gli stessi renziani sono divisi: le voci interne accreditano Luca Lotti come capofila della linea dialogante, colui che tenta di tenere i rapporti con le altre anime dem e di ricucire gli strappi causati dalle esternazioni dell' ex segretario (che è tornato ad attaccare tutti, da Gentiloni a Franceschini), e di concordare con loro i futuri assetti, senza scontri e «dita negli occhi».
Le ipotesi che vengono fatte: il renziano soft Guerini alla Camera, e il delriano Richetti al Senato; oppure il renziano soft Marcucci al Senato e un franceschiniano o gentiloniano alla Camera. Mentre Maria Elena Boschi viene indicata come fautrice della linea dura, e sospettata di essere la sponsor della riconferma a capogruppo di Ettore Rosato. Una riconferma che, dice Andrea Orlando, farebbe «fallire» il mandato di pacificazione di Martina.