sergio mattarella giorgia meloni

“UN ESECUTIVO POLITICO COME QUESTO NON HA BISOGNO DI TUTELE DA PARTE DEL QUIRINALE” – MARZIO BREDA: “NON C'È BISOGNO DI INIZIATIVE COME QUELLA PRESA DA SCALFARO AL VARO DEL PRIMO ESECUTIVO BERLUSCONI, NEL 1994, (CON I POST-FASCISTI E LA LEGA SECESSIONISTA). FU QUANDO IL COLLE INDIRIZZÒ UN MEMORANDUM AL CAVALIERE, IN CUI LO VINCOLAVA A ‘GARANTIRE L'UNITÀ NAZIONALE, SOLIDARIETÀ SOCIALE E FEDELTÀ ALLE ALLEANZE INTERNAZIONALI’. LO PROVA ANCHE IL DIALOGO TRA MATTARELLA E MELONI. CON IL PRESIDENTE CHE LEGGEVA LA LISTA E DICEVA SÌ, SENZA BOCCIATURE. E LEI HA FATTO TESORO DI QUEI CRITERI, RISPETTANDOLI CON LO SPOSTAMENTO DI QUALCHE NOME TRA QUELLI PREVISTI DAGLI STESSI ALLEATI…”

Marzio Breda per il “Corriere della Sera”

 

sergio mattarella dopo l'incarico a giorgia meloni

Sono stati dieci minuti di imbarazzo e disagio. Dominati dal timore che Silvio Berlusconi non riuscisse a trattenere recriminazioni e autodifese per la polemica sugli audio rubati. Un suo sfogo avrebbe potuto imprimere al confronto tra centrodestra e capo dello Stato una brutta piega. Tale da guastare lo sbandierato clima di euforia e perfino imporre un rallentamento alla nascita del governo, riaprendo magari altri negoziati. Di questa incognita si aveva paura, ieri mattina, fra quanti sedevano al tavolo del Quirinale con il presidente della Repubblica.

 

sergio mattarella giorgia meloni

Ci ha pensato Sergio Mattarella a tagliare corto, dando un ritmo serrato al colloquio e limitandolo a un paio di domande. Siete uniti, nel vostro progetto di governo? E quale nome indicate per Palazzo Chigi? Incassate le risposte positive, la partita era chiusa.

Una laconicità di gruppo continuata anche nella Loggia alla Vetrata, dove il Cavaliere ha taciuto, senza ripetere lo show del 2018, quando si era cucito la bocca davanti alle telecamere, ma eloquentemente mimava i passaggi del discorso di Matteo Salvini. Per far capire chi fosse il dominus.

 

sergio mattarella giorgia meloni

Da quell'assenso silenzioso tutto marcia a passo di carica, come volevano Giorgia Meloni e lo stesso Quirinale. Tanto che la premier in pectore riceve l'incarico alle 16.30 e un'ora e mezza dopo legge già la lista dei ministri. Un record al quale il capo dello Stato tiene. Infatti, sottolinea che stavolta il tempo per varare un esecutivo «è stato breve, meno di un mese dal voto», spiegando che «l'esito è stato possibile per la chiarezza dell'esito elettorale». E aggiunge: «È stato necessario procedere velocemente anche in considerazione delle condizioni interne e internazionali, che esigono un governo nella pienezza dei suoi compiti».

 

giorgia meloni da sergio mattarella

Proprio questo è un punto cruciale del faccia a faccia con Meloni, sul quale si misurerà presto il loro rapporto. Collaborazione che il capo dello Stato evoca ringraziando Mario Draghi, il cui governo «ha fatto fronte alle esigenze di guida del Paese fino al Consiglio d'Europa».

 

E qui non si deve confondere tra collaborazione e tutela, perché un esecutivo politico come questo non ha bisogno di tutele così come non c'è bisogno di iniziative analoghe a quella - senza precedenti - presa da Scalfaro al varo del primo esecutivo Berlusconi, nel 1994, (con i post-fascisti e la Lega secessionista). Fu quando il Colle indirizzò un memorandum al Cavaliere, in cui lo vincolava a «garantire l'unità nazionale, solidarietà sociale e fedeltà alle alleanze internazionali».

sergio mattarella giorgia meloni

 

Ora si giudica che, dopo un decennio al governo, quelle indicazioni siano un dato acquisito pienamente dal centrodestra. Lo prova anche il dialogo aperto di ieri sera tra Mattarella e Meloni. Con il presidente che, dopo aver indicato giorni fa alla candidata premier i criteri per la scelta dei ministri, leggeva la lista e diceva sì, senza bocciature. E con lei che ha fatto tesoro di quei criteri, rispettandoli con lo spostamento di qualche nome tra quelli previsti dagli stessi alleati.

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