C’E’ POSTO PER ME? CALENDA S’INSERISCE NELLA CORSA A PALAZZO CHIGI TRA IL DUCETTO ED IL “MOVIOLA”. E PUNTA SULLE LARGHE INTESE PRIMA, DOPO E DURANTE LE ELEZIONI IN CHIAVE ANTI M5S – NESSUNO, PERO’, GLI DA’ RETTA. E DOPO AVER PRESO LE DISTANZE DA RENZI, ORA STA PER FARLO ANCHE CON GENTILONI
1. UNA POLTRONA PER TRE
Marcello Sorgi per la Stampa
Ma chi glielo fa fare al ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda di entrare nella turbolenta arena precongressuale del Pd, con un suo programma politico e una linea che punta chiaramente a riproporre le larghe intese con il centrodestra?
Calenda, per il quale nel passato recente s' è vociferato di un interessamento politico di Berlusconi (ma si sa che l' ex-Cavaliere è piuttosto volubile in fatto di designazione di delfini che non arrivano mai all' obiettivo di sostituirlo), ieri con una nuova intervista al Foglio ha reagito alle limitazioni impostegli dal leader uscente (e quasi certamente rientrante) del Pd, tramite presidente del consiglio, sulla legge sulla concorrenza e alle accuse maliziose che dicevano come questa legge contenesse una captatio benevolentiae verso Mediaset e famiglia, riproponendo in nome di Renzi e del programma del suo ex-governo un programma riformista e anti 5 stelle che per passare non potrebbe fare a meno dei voti della destra, tutta o in parte.
Lo ha fatto nella fase cruciale della campagna per le primarie che si concluderanno il 30 aprile, cioè nel momento in cui Renzi, per conquistare voti della parte più di sinistra dell' elettorato Pd e confermare anche nei gazebo la percentuale bulgara di oltre il 65 per cento conquistata nel voto degli iscritti, è costretto a mettere in ombra tatticamente una parte del suo patrimonio politico e a cercare di apparire meno renziano del solito.
E dato che non era la prima volta che Calenda - ministro tecnico e orgogliosamente non tesserato Pd, ancorché allevato in una famiglia di sinistra cinematografica -, si faceva avanti, l' occasione scelta per rifarlo va a conferma del suo coraggio, seppure non altrettanto del suo intuito politico.
Ma al di là di questioni caratteriali e sostanziali (le politiche economiche del governo, si vedano anche le reazioni di Padoan, sono quelle che stanno soccombendo di più alle ragioni propagandistiche del Pd), ci può essere un' altra spiegazione della nuova uscita di Calenda, incoraggiata dal Foglio che si batte per un ritorno al più presto possibile alle larghe intese: il ministro potrebbe aver capito, o gli potrebbe esser stato ventilato, che con il ritorno al proporzionale, con cui si voterà la prossima volta, si sono riaperte le iscrizioni alla gara per aspiranti premier del prossimo governo.
E pur essendo adesso Gentiloni il candidato più probabile a succedere a se stesso, in una corsa che in epoca precedente assumeva spesso le caratteristiche del sorteggio, Calenda, come altri, ha tutte le carte in regola per concorrere.
2. L’AGENDA RIFORMISTA DEL MINISTRO
Roberto Scafuri per il Giornale
Prim' ancora di chiedersi per quale squadra giochi il 44enne Carlo Calenda, ministro dello Sviluppo economico, sarebbe corretto interrogarsi su quante panzer-division abbia da mettere in campo. E qui, per il presunto candidato alternativo a Renzi per Palazzo Chigi o a Berlusconi per il centrodestra (come piacerebbe moltissimo a Renzi), i conti sono presto fatti e assai poco promettenti.
Uomo ben radicato in Confindustria, già assistente personale di Montezemolo, salito sul carro tecnico di Monti con le fanfare e saltato su quello di Renzi tre mesi dopo avere (sper)giurato il contrario, Calenda sembrerebbe giocare una partita personale che lo accredita come «uomo forte» dei cosiddetti «poteri forti». Con un titolo di merito che riassume praticamente l' intera sua strategia politica, da tempi insospettabili: un' alleanza politica stabile tra Renzi e Berlusconi, rilanciata con l' aiuto del Foglio come unico antidoto all' avanzata del populismo.
«Il governo Gentiloni è il luogo dove trovare convergenze con il centrodestra», predica Calenda smentendo, come fa ormai da settimane, «ambizioni in proprio» e permanenze in politica: sia perché «non fa per me, conosco i miei limiti», sia in quanto «la stagione dei governi tecnici è finita». Pochi giorni addietro era stato più solenne e meno ambiguo: «Non mi candiderò alle prossime elezioni, e con il centrodestra non c' entro nulla, il mio lavoro al governo finisce qui, con questa esperienza... Io però vengo dal privato e torno al privato. Ho una bellissima vita fuori dalla politica». Un atteggiamento che, sia pure con le prudenze nel credito verso i politici cui siamo abituati, dovrebbe tagliare la testa a qualsiasi velleità futura.
CARLO CALENDA A CAPALBIO - foto Enzo Russo
Anche perché Calenda, dalle parti del centrodestra non è affatto amato (Meloni, Salvini e Gasparri uber alles) e nei confronti di Berlusconi ha sempre voluto rimarcare non una distanza politica, bensì antropologica: «Scelta civica nacque proprio in totale alternativa a Forza Italia». Con Renzi, che presto s' inchioderà rinfrancato sul suo scranno pidino, i rapporti sono all' insegna di una sana competizione tra simili: «Non sono un pericoloso nemico, visto che condivido il novanta per cento di quello che ha fatto il suo governo», confida al Foglio.
L' agenda proposta da Calenda, perciò, tolta la speranza nelle larghe intese post-voto (miraggio di Palazzo Chigi?), tende a ricordare tutto ciò che l' agguerrito sostituto della Guidi ricomprende in un «riformismo forte» da Renzi prima maniera. Che Matteo dovrebbe riproporre, eliminando soltanto l' ingrediente migliore, l' ottimismo, perché «con l' ottimismo non ci fai niente».
carlo calenda nel film cuore del nonno luigi comencini
Occorre realismo, piuttosto: «Risposte lunghe e complesse, fuori dal Truman show della spettacolarizzazione... dalla banalizzazione dei problemi che è il modello fondativo del populismo da battere». Per questo Calenda pensa alla competitività di lungo periodo, invece che a un abbassamento delle tasse («tagli generalizzati che non possiamo permetterci»). Vuole incentivi fiscali per le aziende che sanno investire nella tecnologia e nell' internazionalizzazione, un piano per l' energia, liberalizzazioni, privatizzazioni e concorrenza, contrattazione decentrata per migliorare la produttività.
In definitiva, a prescindere dalla validità di ciascuna pietanza, la ricetta offre il corredo tipico di ogni sistema liberista. Però in un mondo che sta marciando nella direzione opposta. Alla sua (personale?) battaglia, Calenda chiama alle armi Forza Italia come ascaro e il Pd come guida, a patto che faccia sentire una maggiore vicinanza al governo.
Non lo è abbastanza, evidentemente. A uno come Calenda, nipote del regista Comencini e di un ambasciatore nelle Indie, essere relegato a «figlio di NN» proprio non va.