matteo renzi carlo calenda azione italia viva

“UNA RACCOLTA FIRME PER AZIONE? SONO ESENTATO PER LEGGE” - CARLO CALENDA: “IERI IL PARLAMENTO EUROPEO HA MANDATO AL VIMINALE LA CERTIFICAZIONE CHE IO SONO STATO ELETTO IN UNA LISTA COMPOSITA, QUINDI NON È UN PROBLEMA L'ESENZIONE CHE È A PIENA NORMA DI LEGGE" - RENZI: “CARLO E I SUOI DEVONO DECIDERE SE FARE O NO L'ACCORDO CON NOI, SE FARE UNA LISTA UNICA. NOI SIAMO DISPONIBILI A STARE IN SQUADRA PERCHÈ IL TERZO POLO SAREBBE LA GRANDE SORPRESA DELLE ELEZIONI”  

ELEZIONI: CALENDA, RACCOLTA FIRME PER AZIONE? ESENTATO PER LEGGE

renzi calenda

 (ANSA) - La questione della raccolta firme "pesa zero". Lo torna a ribadire il leader di Azione, Carlo Calenda che a Morning News su Canale 5 ha spiegato: "ieri il Parlamento europeo ha mandato al Viminale la certificazione che io sono stato eletto in una lista composita, quindi non è un problema l'esenzione che è a piena norma di legge".

 

RENZI, È CALENDA CHE DEVE DECIDERE SU TERZO POLO CON NOI

(ANSA) - "Carlo Calenda e i suoi devono decidere se fare o no l'accordo con noi, se fare una lista unica. Noi siamo disponibili a stare in squadra perchè il Terzo polo sarebbe la grande sorpresa delle elezioni e solo con un terzo Polo forte si potrà chiedere a Draghi di rimanere a Palazzo Chigi". Lo afferma Matteo Renzi parlando a Omnibus.

renzi calenda

 

GLI ETERNI NEMICI CAMPIONI DI VANITÀ COSTRETTI ALL'INTESA PER EVITARE LA RACCOLTA FIRME

Felice Manti per “il Giornale”

 

«Matteo Renzi e Carlo Calenda somigliano a quelle calamite che giocano ad attrarsi e a respingersi». La metafora di uno dei tanti sherpa che sta lavorando dietro le quinte all'accordo elettorale tra i due ex Pd spiega meglio di altre immagini la complessità di costruire un progetto politico con due personalità così profondamente pronunciate. «Non c'è una stanza abbastanza grande da contenere contemporaneamente l'ego di entrambi», ci dice la fonte, ma alla fine alle prossime Politiche la loro sarà una coppia di fatto. «Lo chiede la legge elettorale, che per una coalizione chiede una soglia improponibile al momento, il 10%. Soprattutto se confrontata con la soglia minima per avere diritto di tribuna in Parlamento, che per una lista scende al 3%», spiega l'esperto.

 

I due dicono di essere amici ma sono due pescatori che si contendono lo stesso stagno centrista, con le stesse esche elettorali, tra colpi di testa e colpi di tweet. Nel 2013 Renzi plaudì alla sua nomina a viceministro dello Sviluppo economico. «Abbiamo bisogno di persone che facciano politica bene come Calenda sicuramente sta facendo e farà per il futuro», disse da sindaco di Firenze nel 2013. Sarà Renzi da neo premier - dopo lo sfregio a Enrico Letta - a offrire a Calenda la stessa prestigiosa poltrona al ministero, che scalerà dopo l'addio di Federica Guidi.

calenda renzi

 

Quando Renzi venne sfrattato da Palazzo Chigi dopo il flop al referendum Calenda restò allo Sviluppo ma fu uno dei primi a offrirgli una mano: «Credo che possa cambiare e lo farà, ha delle caratteristiche di leadership non comuni e noi ne abbiamo bisogna ma prima deve passare dall'io al noi».

 

Amici sì, fedeli no: «Con Renzi ho avuto sempre un rapporto molto franco e diretto. E penso che questa sia la base per un rapporto di lealtà. Altra cosa è la fedeltà, ma quella si giura da ministro ai cittadini e alla Costituzione». A Renzi Calenda ha sempre rimproverato il limite del suo «caminettino con Luca Lotti e Maria Elena Boschi», e insieme intuirono che la stagione del Pd riformista che Renzi voleva era al capolinea. «Se il Pd continua con il cupio dissolvi, farò altro», disse Calenda nel 2018 quando Renzi fece capire che al Nazareno si sentiva un estraneo.

 

renzi calenda

Il loro addio al Pd fu simile, anche se Calenda rimproverò a Renzi «l'indebolimento del governo», salvo poi definirlo uno dei tanti «riformisti rammolliti», che sta con M5s, ne vota i provvedimenti e poi dice che si è sbagliato. È più retorico di Giuseppe Conte, meno coerente di Clemente Mastella. Come un ottimo presidente del Consiglio si possa ridurre a questo non lo capirò mai...», disse all'indomani della mancata sfiducia di Iv all'allora Guardasigilli Alfonso Bonafede, escludendo «totalmente» un suo riavvicinamento al leader di Iv considerato «incomprensibile, scorretto, né lineare né trasparente», beccandosi da Renzi l'accusa di essere «vittima della sindrome del beneficiario rancoroso».

 

Poi, complice la corsa di Calenda al Campidoglio, fu Renzi a fornire un endorsement molto gradito dal leader di Azione, che incassò un discreto successo: «Secondo me sarà la grande sorpresa, e sarà un bene per la Capitale». E così per mesi, fino a qualche giorno fa. Su tweet le accuse, su whatsapp gli smile e i complimenti, animati dall'idea comune di «abbandonare gli egoismi e costruire una casa comune che vada in doppia cifra».

CARLO CALENDA MATTEO RENZI

Ma per quella c'è tempo, ora basta il 3%. Anche la querelle sulle firme è l'ennesima boutade elettorale di questa campagna degna di Zelig.

 

«D'altronde, il tempo ci sarebbe. La legge prevede che se ne raccolgano 375 alla Camera e altrettante al Senato in ognuno dei collegi proporzionali. Firme perfettamente sovrapponibili per entrambi i rami del Parlamento, ora che il limite dell'elettorato attivo è sceso a 18 anni anche per Palazzo Madama. In più, siccome sono elezioni anticipate di più di sei mesi rispetto alla scadenza naturale, bastano meno di 200 firme a collegio. Non un'impresa titanica».

 

Ci sarebbe anche il problemino della lista elettorale collegata. «Già, in teoria le firme sostengono una lista di persone, il Viminale fa spallucce. E comunque siccome Renzi è in Parlamento il problema non si pone». Il matrimonio s' ha da fare, mancano solo le pubblicazioni e la lista (di nozze).

Ultimi Dagoreport

donald trump ursula von der leyen giorgia meloni

DAGOREPORT - UN FACCIA A FACCIA INFORMALE TRA URSULA VON DER LEYEN E DONALD TRUMP, AI FUNERALI DI PAPA FRANCESCO, AFFONDEREBBE IL SUPER SUMMIT SOGNATO DA GIORGIA MELONI - LA PREMIER IMMAGINAVA DI TRONEGGIARE COME MATRONA ROMANA, TRA MAGGIO E GIUGNO, AL TAVOLO DEI NEGOZIATI USA-UE CELEBRATA DAI MEDIA DI TUTTO IL MONDO. SE COSÌ NON FOSSE, IL SUO RUOLO INTERNAZIONALE DI “GRANDE TESSITRICE” FINIREBBE NEL CASSETTO, SVELANDO IL NULLA COSMICO DIETRO AL VIAGGIO ALLA CASA BIANCA DELLA SCORSA SETTIMANA (L'UNICO "RISULTATO" È STATA LA PROMESSA DI TRUMP DI UN VERTICE CON URSULA, SENZA DATA) - MACRON-MERZ-TUSK-SANCHEZ NON VOGLIONO ASSOLUTAMENTE LA MELONI NEL RUOLO DI MEDIATRICE, PERCHÉ NON CONSIDERANO ASSOLUTAMENTE EQUIDISTANTE "LA FANTASTICA LEADER CHE HA ASSALTATO L'EUROPA" (COPY TRUMP)...

pasquale striano dossier top secret

FLASH – COM’È STRANO IL CASO STRIANO: È AVVOLTO DA UNA GRANDE PAURA COLLETTIVA. C’È IL TIMORE, NEI PALAZZI E NELLE PROCURE, CHE IL TENENTE DELLA GUARDIA DI FINANZA, AL CENTRO DEL CASO DOSSIER ALLA DIREZIONE NAZIONALE ANTIMAFIA (MAI SOSPESO E ANCORA IN SERVIZIO), POSSA INIZIARE A “CANTARE” – LA PAURA SERPEGGIA E SEMBRA AVER "CONGELATO" LA PROCURA DI ROMA DIRETTA DA FRANCESCO LO VOI, IL COPASIR E PERSINO LE STESSE FIAMME GIALLE. L’UNICA COSA CERTA È CHE FINCHÉ STRIANO TACE, C’È SPERANZA…

andrea orcel francesco milleri giuseppe castagna gaetano caltagirone giancarlo giorgetti matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT - IL RISIKONE È IN ARRIVO: DOMANI MATTINA INIZIERÀ L’ASSALTO DI CALTA-MILLERI-GOVERNO AL FORZIERE DELLE GENERALI. MA I TRE PARTITI DI GOVERNO NON VIAGGIANO SULLO STESSO BINARIO. L’INTENTO DI SALVINI & GIORGETTI È UNO SOLO: SALVARE LA “LORO” BPM DALLE UNGHIE DI UNICREDIT. E LA VOLONTÀ DEL MEF DI MANTENERE L’11% DI MPS, È UNA SPIA DEL RAPPORTO SALDO DELLA LEGA CON IL CEO LUIGI LOVAGLIO - DIFATTI IL VIOLENTISSIMO GOLDEN POWER DEL GOVERNO SULL’OPERAZIONE DI UNICREDIT SU BPM, NON CONVENIVA CERTO AL DUO CALTA-FAZZO, BENSÌ SOLO ALLA LEGA DI GIORGETTI E SALVINI PER LEGNARE ORCEL – I DUE GRANDI VECCHI DELLA FINANZA MENEGHINA, GUZZETTI E BAZOLI, HANNO PRESO MALISSIMO L’INVASIONE DEI CALTAGIRONESI ALLA FIAMMA E HANNO SUBITO IMPARTITO UNA “MORAL SUASION” A COLUI CHE HANNO POSTO AL VERTICE DI INTESA, CARLO MESSINA: "ROMA DELENDA EST"…

bergoglio papa francesco salma

DAGOREPORT - QUANDO È MORTO DAVVERO PAPA FRANCESCO? ALL’ALBA DI LUNEDÌ, COME DA VERSIONE UFFICIALE, O NEL POMERIGGIO DI DOMENICA? - NELLA FOTO DELLA SALMA, SI NOTA SUL VOLTO UNA MACCHIA SCURA CHE POTREBBE ESSERE UNA RACCOLTA DI SANGUE IPOSTATICA, COME ACCADE NELLE PERSONE MORTE GIÀ DA ALCUNE ORE - I VERTICI DELLA CHIESA POTREBBERO AVER DECISO DI “POSTICIPARE” LA DATA DELLA MORTE DEL SANTO PADRE, PER EVITARE DI CONNOTARE LA PASQUA, CHE CELEBRA IL PASSAGGIO DA MORTE A VITA DI GESÙ, CON UN EVENTO LUTTUOSO - UN PICCOLO SLITTAMENTO TEMPORALE CHE NULLA TOGLIE ALLA FORZA DEL MAGISTERO DI FRANCESCO, TERMINATO COME LUI VOLEVA: RIABBRACCIANDO NEL GIORNO DELLA RESURREZIONE PASQUALE IL SUO GREGGE IN PIAZZA SAN PIETRO. A QUEL PUNTO, LA MISSIONE DEL “PASTORE VENUTO DALLA FINE DEL MONDO” ERA GIUNTA AL TERMINE...