UN PARTITO FITTO-FITTO DI DIVISIONI - “FARSA ITALIA” È ALLO SBANDO CON IL BANANA CONTRO RAFFAELE FITTO E CHI CHIEDE PRIMARIE: “MA DOVE VANNO? SONO TRADITORI COME ALFANO, VOGLIONO FARMI FUORI MA NON HANNO I NUMERI”

Carmelo Lopapa per "la Repubblica"

Fallisce ogni tentativo di far rientrare la fronda di Fitto, e di tutti quelli che con lui invocano primarie. Silvio Berlusconi dopo l'ufficio di presidenza ad alta tensione di mercoledì tiene a rapporto la cerchia più stretta dei fedelissimi e prima di rientrare a Milano si abbandona allo sfogo più amaro. L'eurodeputato pugliese da 284 mila voti finisce sotto accusa. «Lui e gli altri non hanno avuto alcun rispetto per la mia storia, per il mio ruolo » è una delle considerazioni affidate ai suoi ospiti, Maria Rosaria Rossi e la Pascale, Giovanni Toti e Mariastella Gelmini, Paolo Romani e Renato Brunetta.

Quella magra figura davanti a decine di coordinatori regionali, oltre ai dirigenti e ai parlamentari riuniti nella direzione di San Lorenzo in Lucina, l'ex Cavaliere
se la sarebbe volentieri risparmiata. E ora medita vendetta. «Quella di Fitto è stata una vera e propria aggressione. Lui e gli altri si sono comportati come squali pronti a colpire la preda nel momento di maggiore debolezza».

E quando dice gli altri, il leader forzista si riferisce a chi si è schierato con Fitto e ora lo segue, dalla Polverini alla Carfagna, da Capezzone a Saverio Romano a Galati. L'accusa è di lesa maestà. «Si stanno comportando come Angelino Alfano e gli altri traditori, ma dove pensano di andare? Sono minoranza, non hanno i numeri».

La proposta di primarie è destinata a questo punto a naufragare. E il ragionamento fatto da Berlusconi ieri incontrando i dirigenti più vicini è proiettato, come sempre, alla difesa della sua leadership: «Vogliono introdurre primarie per decidere tutte le cariche. A quel punto cosa faccio io? Ratifico? La verità è che mi vogliono esautorare nella maniera più subdola». È panico da ghigliottina per il "sovrano" che ha ormai perso ogni potere, in declino e abbandonato dai sudditi.

L'ex premier è un fiume in piena, schiumante rabbia dopo la sconfitta elettorale e lo scontro interno. Con un partito-polveriera sul quale si ritrova seduto e che non promette nulla di buono per le prossime settimane. Si dice in ogni caso certo che gli oppositori non avranno i numeri per imporsi. Verdini, i capigruppo, Toti, le "erinni" di Arcore, Rossi-Pascale, stanno tutti sull'altra sponda del fiume, propongono la convocazione di congressi, anziché primarie. Un escamotage, hanno spiegato al capo, per mettere anche una pezza alla disastrosa situazione finanziaria, dato che i tesserati porterebbero quote per l'iscrizione.

«Ben poca cosa» ribattono gli altri. Di primarie e congressi si tornerà a parlare nel prossimo ufficio di presidenza tra due settimane, meglio rinviare a dopo i ballottaggi, è stato deciso due giorni fa. Sebbene Laura Ravetto sia stata incaricata pubblicamente da Berlusconi di redigere il regolamento delle primarie. Lei l'ha presa sul serio e già annuncia: «Tra due settimane, il presidente avrà sul suo tavolo il mio testo, una cosa chiara e sintetica, quattro paginette, ci ispireremo al modello Usa.

I congressi locali li vuole Verdini, ma sono stati la morte dell'ultima Dc». Giovanni Toti in serata a Matrix conferma al contrario la linea sua e del capo: «Primarie di coalizione quando ci sarà una coalizione e quando si andrà a votare». La frattura insomma resta verticale. Il leader lascia così Roma in preda allo sconforto e rientra a Milano prima di sera, come prescrive l'ordinanza dei giudici: questa mattina lo attende la quarta puntata al centro sociale di Cesano Boscone.

Ma sa di sfida proprio a Raffaele Fitto quanto avvenuto ieri pomeriggio. Berlusconi invia proprio il braccio destro Toti, assieme ai capigruppo Romani e Brunetta, alla conferenza stampa tenuta nel pomeriggio a Montecitorio con il leader leghista Matteo Salvini. C'è da siglare l'accordo per sostenere almeno due dei sei referendum del Carroccio (ripristino del reato di immigrazione clandestina e abrogazione della riforma Fornero).

Ma soprattutto, c'è da abbozzare una riedizione dell'alleanza elettorale. All'ex Cavaliere premono i ballottaggi nelle città del Nord, da Cremona a Pavia a Padova, anche quelli pericolosamente in bilico per il centrodestra. Berlusconi in persona aveva promesso di firmare quei referendum. E invece ieri il dietrofront. Tutt'altro che casuale. Raccontano che siano stati l'ex commissario Ue Antonio Tajani, Mariastella Gelmini e l'eurodeputato Toti a suggerirgli di non esporsi in prima persona al fianco di Salvini nella solenne sala Aldo Moro di Montecitorio.

Soprattutto, all'indomani della photo opportunity scattata mercoledì a Bruxelles dallo stesso leghista al fianco di Marine Le Pen, neo alleata. La triangolazione con il Fronte nazionale francese sarebbe deleteria per Forza Italia, in grado di peggiorare i rapporti già precari con Merkel e gli altri leader Ppe. Berlusconi chiama di persona Salvini, si scusa, spiega. La conferenza stampa fila liscia.

Ma Toti stesso frena sull'intesa col Carroccio: «Con loro condividiamo alleanze sui territori e diagnosi su molti mali dell'Europa, ma sulle cure abbiamo opinioni diverse ». Il fatto è che in Forza Italia in parecchi hanno mal digerito la svolta a destra. Ma anche questo secondo abbraccio con la Lega. Piace poco ancora una volta a Fitto e agli altri big meridionali, convinti che sono più i voti che si perderebbero a Sud che quelli conquistati a Nord. Per Angelino Alfano tutta questa storia è un invito a nozze: «Una Forza Italia lepenista ci apre praterie».

 

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