1. CERTO, CI VUOLE UN OPTALIDON PER DISTRICARSI TRA “AVRÒ DETTO CAVOLATE”, “STAVO INVENTANDO”, “ERA UNA BATTUTA”, “MI VANTAVO”, “OSTENTAVO”, “TUTTE PANZANATE”, “BALLE”, “SCHERZAVO”, SPARATE DA RUBY: MA TRA LE “CAVOLATE” C’E’ LA CONFERMA DI QUELL’“INTERROGATORIO PAZZESCO” CUI È SOTTOPOSTA RUBY: PERÒ NON DAI PM MA DA “UN EMISSARIO DI LUI” E PROPRIO SULLE “SCENE HARD CON IL PR... CON LA PERSONA” 2. PROPRIO DA ALTRE RISPOSTE DI RUBY DI FRONTE ALLE INTERCETTAZIONI EMERGE ANCHE, PER LA PRIMA VOLTA, LA CERTEZZA CHE L'ENTOURAGE BERLUSCONIANO, BEN PRIMA DELLO SCOOP DEL “FATTO” IL 26 OTTOBRE 2010, ERA IN ALLARME PER CONOSCERE CHE COSA LA RAGAZZA AVESSE DETTO AI PM NEGLI INTERROGATORI DI LUGLIO-AGOSTO 3. ‘’LE COSE NON VERE’’ COME ‘’SU CARFAGNA E GELMINI’’, DETTE AI PM NEI VERBALI ESTIVI

Luigi Ferrarella per il Corriere della Sera

«Avrò detto cavolate», «stavo inventando», «era una battuta senza sapere di essere intercettata», «mi vantavo», «ostentavo», «tutte panzanate», «balle», «scherzavo»: è proprio quando Ruby per la ventesima volta si rifugia in simili risposte pur di negare la propria voce nelle telefonate elencatele dal controesame del pm Antonio Sangermano, è proprio allora che risalta quanto prezioso sia il processo come metodo e azzeccata sia la scelta delle giudici Gatto-Pendino-Cannavale di convocare Ruby benché la Procura di Ilda Boccassini e gli imputati (Fede-Mora-Minetti come Berlusconi) convergessero, per opposte tattiche processuali, sull'acquisirne solo i verbali del 2010 ai pm.

Certo, ci vuole il lanternino per districarsi nella sua mentalità plasmata dalla vita randagia di una scappata di casa fin dai 12 anni. La vita di chi ragiona in modo che «magari non sembra normale, ma io non ho mai avuto una vita normale per poter avere ragionamenti normali»: la vita di chi una notte è letteralmente in mezzo alla strada con la valigia, e poche notti dopo si ritrova non sa come a casa del premier, eppure ha fretta di «correre via a portare un grande cuore di San Valentino» a un uomo di cui era innamorata: «ma la consegna del regalo non si svolse come immaginavo, lo trovai in compagnia di un'altra».

Il rovescio di quando dice che «per fortuna nelle menzogne che racconto c'è sempre una menzogna che dimostra che siano cavolate», è in fondo il fatto che per fortuna nelle tante «cavolate» che racconta c'è anche qualche «verità» che dimostra come non siano (tutte) «cavolate». E' il caso dei rapporti con l'entourage berlusconiano dopo la notte in Questura del 27 maggio 2010 ma prima dell'emergere pubblico delle indagini con lo scoop de Il Fatto il 26 ottobre 2010.

Nella sfilza di intercettazioni che Ruby rinnega come «cavolate» spacciate ad amici, fidanzato e persino papà e mamma, e nelle quali parlava di montagne di soldi («3 milioni o 4,5 o 5 o 6», o «20mila euro a settimana») promessile da Berlusconi «tre minuti fa» se avesse «fatto la pazza» e gli avesse «parato il culo» tacendo che «lui sapeva che ero minorenne», si trae la conferma (peraltro già dai tabulati) che queste telefonate con Berlusconi non esistono, come pure allo stato è assente traccia di quei milioni.

Mentre esiste, eccome, l'altro non poco denaro che Berlusconi ha sicuramente dato alla minorenne nel 2010: e cioè 2.000/3.000 euro per ciascuna delle «5-6-7 volte in cui sono stata ad Arcore», «l'aiuto per il mio sogno di un centro estetico con 30.000 euro» (57.000 invece per l'ex premier), e i «5.000 euro datimi dal ragionier Spinelli» (tesoriere del Cavaliere) nel settembre 2010.

Ma proprio da altre risposte di Ruby di fronte alle intercettazioni emerge anche, per la prima volta, la certezza che l'entourage berlusconiano, ben prima della pubblicità delle indagini, era in allarme per conoscere che cosa la ragazza avesse detto ai pm negli interrogatori di luglio-agosto.

Centrale è la sera del 6 ottobre 2010 in cui (secondo quanto intuito già dall'intercettazione degli sms del suo allora amante Luca Risso alla fidanzata di costui all'epoca) Ruby è sottoposta a «un interrogatorio pazzesco»: però non dai pm ma da «un emissario di Lui» e proprio sulle «scene hard con il pr... con la persona».

Ieri la teste nega che ci fosse «un emissario di Berlusconi» e sostiene che anche Risso inventava con la fidanzata, ma ammette che nello studio dell'avvocato Luca Giuliante (già membro della segreteria regionale Pdl, tesoriere del partito milanese, ex consigliere provinciale di Forza Italia, e uno dei legali di Formigoni nei processi per le firme false) era presente Lele Mora, oggi coindagato di Berlusconi, e che l'incontro era «per sapere cosa avessi detto ai pm».

Per Ruby, l'avvocato Giuliante, allora difensore di Mora nella bancarotta e legale della minorenne nella richiesta di suo affidamento a Mora, voleva solo capire se esistessero profili «di incompatibilità nell'essere legale di entrambi». Ma intanto Ruby - che peraltro attribuisce «a Mora l'aiuto per il mio primo lavoro in discoteca dopo il caso» e «per l'intervista a Kalispera» di Signorini su Canale 5 -, afferma di aver «il 2 ottobre appuntato i miei ricordi» sui verbali ai pm «in una mail poi non inviata a Giuliante», e il 6 ottobre di aver «insistito a raccontargli quello che avevo detto ai pm»: presente Risso, che «ascoltò anche le cose non vere» come «su Carfagna e Gelmini», davvero dette ai pm nei verbali estivi.

Novità, passibili di riverberarsi anche sul processo a Berlusconi per concussione, si colgono in Ruby pure sulla notte del suo fermo in Questura. «Non avevo con me il cellulare», afferma diversamente da quanto testimoniato dalla funzionaria di polizia Iafrate. E soprattutto dice di essere uscita alle 2 di notte dalla Questura «senza capire se ero affidata alla Minetti» (come disposto in teoria dai poliziotti) «o alla Michelle», la prostituta brasiliana a casa della quale finisce di nuovo e che si era subito precipitata in Questura ad avvisare Berlusconi a Parigi. E rivela che costei sarebbe stata «tutto il tempo accanto a me nella stanza in Questura, dicendomi: "Stai tranquilla, faremo di tutto per farti tornare a casa e non andare in comunità"».

 

 

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