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CINQUANTENNI: A VOLTE RITORNANO! - ALTRO CHE ''SEGMENTO DEBOLE'' DEL MERCATO DEL LAVORO: MENTRE I 35-40ENNI RESTANO DISOCCUPATI, SONO I (NON) ESODATI A CONQUISTARE POSTI E A TENERSI STRETTI QUELLI CHE AVEVANO. LE AZIENDE PREMIANO AFFIDABILITÀ E ANZIANITÀ E SNOBBANO SGRAVI FISCALI E STIPENDI PIÙ BASSI PER I NUOVI ENTRANTI

tabella Eurostat su disoccupazionetabella Eurostat su disoccupazione

Dario Di Vico per il Corriere della Sera

 

C' era una volta... il segmento debole del mercato italiano rappresentato dagli over 50. A quel tempo era convinzione comune che le aziende ne avrebbero fatto letteralmente polpette buttandoli fuori dalla produzione alla prima occasione di ristrutturazione degli organici. Le cose però non sono andate così e i dati di ieri sull' occupazione in Italia diffusi dall' Istat lo confermano clamorosamente.

 

Nel periodo che va da novembre '15 allo stesso mese del '16 gli occupati con 50 anni e più sono cresciuti di 453 mila unità ovvero del 6%. Va ricordato come nello stesso periodo gli occupati di tutti gli altri segmenti anagrafici al contrario siano scesi: di sole 5 mila unità nella fascia tra 15-24 anni, di 88 mila posti in quella 25-34 e di ben 160 mila nella fascia 35-49 anni.

DisoccupatoDisoccupato

 

Ce n' è abbastanza quindi per trarne la conseguenza che nel mercato del lavoro abbiamo assistito in questi anni a un silenzioso ribaltone: si è rafforzata la posizione degli over 50 mentre «la pancia depressa» è identificabile a questo punto con i 35-40enni, che evidentemente stanno pagando il prezzo di quelle ristrutturazioni di cui si paventava.

Restano sullo sfondo i giovani sotto i 35 anni che, nonostante gli incentivi alla stabilizzazione, hanno visto calare il numero degli occupati. Costano di meno ma non vengono assunti.

 

Come si spiega tutto ciò? Innanzitutto, sostengono gli addetti ai lavori, con l' effetto statistico legato all' aumento dell' età pensionabile previsto dalla legge Fornero. Per calcolare quanti dei 453 mila posti in più siano legati alle novità normative introdotte dal governo Monti un esperto come Carlo Dell' Aringa consiglia di consultare il tasso di occupazione dei 50-64enni, che segna un +2,1%. Si può quindi ipotizzare che almeno un terzo dell' incremento degli occupati (grosso modo 150 mila unità) sia dovuto a persone che sono state obbligate a procrastinare l' uscita verso la pensione.

 

DISOCCUPAZIONE GIOVANILE DISOCCUPAZIONE GIOVANILE

Ma non è il solo effetto statistico che contrassegna e in qualche modo spiega il ribaltone dei cinquantenni. Per un normale effetto demografico nelle classi degli over 50 sono precipitati via via moltissimi quarantenni già occupati che però hanno fatto salire la quota dell' ultimo segmento (che ha ricevuto occupati nuovi e non ha scaricato pensionati).

 

È forse questa la componente quantitativamente più ampia di quei benedetti 453 mila nuovi occupati. Viene stimata poco consistente, invece, la quota di quanti - sempre tra gli over 50 - sono passati direttamente dalla disoccupazione al posto di lavoro. In questa fascia d' età è infatti più probabile che si apra un' attività autonoma piuttosto che si venga chiamati da un' azienda.

 

CARLO DELLARINGA CARLO DELLARINGA

«Al netto di tutte queste considerazioni - chiosa Dell' Aringa - si può constatare come le aziende siano state ben contente di mantenere nei propri ranghi i 50enni giudicandoli evidentemente affidabili per cultura del lavoro e competenze. Non era affatto scontato che fosse così, anzi. È un fenomeno sociale che andrebbe indagato con maggiore attenzione. In definitiva nel segmento dei seniores è aumentata sia l' offerta che la domanda di lavoro, al contrario di quanto purtroppo è capitato tra i giovani».

 

Si può aggiungere anche che tutto ciò è avvenuto nonostante la «linea retta dei salari», come la definisce l' ex ministro Maurizio Sacconi, che in Italia vede salire le paghe con l' età anche a 60 anni. Ma per il combinato disposto delle dinamiche di cui abbiamo parlato c' è il rischio che l' aumento dell' età pensionabile diventi un ostacolo strutturale all' ingresso dei giovani nel mercato del lavoro? «Può esser capitato che nell' immediato la rigidità nell' uscita si sia scaricata sui trentenni ma i mercati del lavoro aperti sul medio periodo funzionano per entrambi i segmenti, invece i mercati contratti come quello italiano alla fine non funzionano per nessuno» risponde lo stesso Sacconi.

maurizio sacconimaurizio sacconi

 

 

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